5 miti sul cancro al seno
La pillola fa aumentare il rischio? Chi ha un seno più grande deve preoccuparsi di più? L'autopalpazione serve davvero?
Nel fine settimana Beppe Grillo, il leader del Movimento 5 Stelle, ha detto che in Italia si fanno troppe mammografie per la prevenzione contro il cancro al seno: «Dicono che bisogna fare una mammografia ogni due anni e le donne la fanno perché si informano male: del resto la differenza di mortalità tra chi la fa e chi non si sottopone alla mammografia ogni due anni è di due su mille». Grillo è stato molto criticato dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che lo ha accusato di fare «pericolosissima disinformazione». A oggi la mammografia continua a essere uno strumento fondamentale per la diagnosi precoce, ma il tema dei programmi di controllo è comunque dibattuto nella comunità scientifica e si sta cercando di capire quale sia la frequenza più appropriata per eseguire i test; di recente il Washington Post ha messo insieme cinque miti da sfatare sul cancro al seno, che aiutano a sgombrare il campo da qualche incomprensione.
1. Il cancro al seno è legato soprattutto alla propria storia familiare?
Si è parlato molto di Angelina Jolie e della sua decisione di sottoporsi a una doppia mastectomia due anni fa. Jolie ha deciso per l’asportazione del seno dopo che aveva scoperto di avere una mutazione nel gene BRCA1, un rischio collegato al fatto di avere perso madre, nonna e zia a causa del cancro al seno.
Alcune mutazioni genetiche fanno aumentare notevolmente il rischio di avere il cancro al seno: le donne con anormalità nei geni BRCA1 o BRCA2, per esempio, hanno tra il 40 e l’85 per cento di probabilità di sviluppare la malattia, rispetto al resto della popolazione che ha una probabilità del 12 per cento. Ma buona parte delle persone che si ammalano di cancro al seno non hanno una storia familiare legata alla malattia. Solo il 5-10 per cento dei tumori al seno sono considerati ereditari, e solo il 13 per cento delle pazienti hanno una madre o una sorella che lo ha avuto.
2. Le pillole contraccettive aumentano il rischio di sviluppare il tumore al seno?
Molte donne pensano che l’assunzione della pillola possa fare aumentare il rischio di cancro al seno, una tesi sostenuta da molti studi e spesso sfruttata da chi si oppone all’uso di metodi contraccettivi. Ma ciò che è meno noto è che non tutte le pillole anticoncezionali fanno aumentare il rischio: solo quelle con alti livelli di estrogeni.
Lo scorso anno, alcuni ricercatori del Fred Hutchinson Cancer Research Center (Seattle, Washington) hanno scoperto che per le donne che avevano assunto pillole con alti livelli di estrogeni il rischio di avere il cancro al seno era 2,7 volte più grande. Il dato passava a 1,6 per chi aveva assunto pillole con dosi più contenute di estrogeni. Ma i ricercatori non hanno invece rilevato un aumento significativo del rischio tra chi assume la pillola con basse dosi di estrogeni. E si tratta di una distinzione importante: molte donne che assumono la pillola ai giorni nostri usano farmaci con dosaggi bassi o moderati. Tra le partecipanti alla ricerca, meno dell’1 per cento assumeva alte dosi di estrogeni, senza contare che la maggior parte delle pillole dei giorni nostri contiene circa un quinto della quantità di estrogeni rispetto alle loro prime versioni commercializzate negli anni Sessanta.
Bisogna inoltre ricordare che la maggior parte delle donne che assumono la pillola sono ventenni e trentenni, fascia di età dove è meno probabile che si sviluppi la malattia, e il rischio lievemente più alto si riduce entro quattro anni dal momento in cui si smette di assumere la pillola. Il semplice fatto di invecchiare comporta molti più rischi di sviluppare il tumore al seno rispetto a quelli dovuti alla pillola.
3. Un seno più grande significa maggiori rischi?
Spesso si leggono titoli sul fatto che le donne con il seno grande siano più a rischio, anche a causa di uno studio pubblicato nel 2012 dall’azienda 23andMe che si occupa di genetica. Ma una correlazione di questo tipo non è stata ancora provata. La ricerca prese in considerazione solo alcune variazioni genetiche che hanno effetto sia sulla dimensione del seno sia sul tumore, e gli stessi ricercatori hanno ammesso la necessità di ulteriori studi per scoprire l’esistenza concreta di un nesso.
Studi realizzati in precedenza hanno portato a risultati contraddittori. Due studi hanno rilevato per esempio che un seno grande fa aumentare il rischio nelle donne magre e non in quelle più prosperose. Ma un’altra ricerca ha messo in evidenza l’opposto, sostenendo che le donne con il seno più piccolo potrebbero essere più a rischio a causa della diversa densità dei tessuti, ma se ne è parlato meno forse perché fa meno effetto come titolo sui media.
4. Tutte le donne dovrebbero fare l’autopalpazione una volta al mese?
Per anni il test dell’autopalpazione è stato considerato il Santo Graal della prevenzione contro il tumore. Le televisioni hanno trasmesso programmi in cui si mostrava come farlo, i medici insistevano – e spesso lo fanno ancora – sul fatto che fosse eseguito con regolarità. Furono persino ideati dei fogli impermeabili con le istruzioni da seguire per fare il test sotto la doccia.
Ma le ricerche dimostrano che l’autopalpazione non fa aumentare il tasso di sopravvivenza al tumore. Studiando gruppi di donne in Russia e in Cina per una decina di anni, si è scoperto che il numero di morti per tumore al seno era praticamente identico tra i gruppi di volontarie che eseguivano regolarmente i test e quelle che non lo facevano. L’autopalpazione può anche portare a un numero maggiore di mammografie, a falsi positivi e a biopsie con risultati negativi. E quando con l’autopalpazione si scopre un nodulo, significa che il cancro si stava già sviluppando da qualche anno.
Test di questo tipo non sono necessariamente controproducenti, dicono gli esperti, ma è più importante che le donne siano consapevoli delle condizioni del loro seno come lo sono per il resto del loro corpo, invece di fare un controllo in un modo particolare ogni mese.
5. La ricerca per il tumore al seno necessita di più risorse?
In molti paesi la ricerca su questa malattia è finanziata molto bene. Rispetto ad altri tipi di tumore, negli Stati Uniti la ricerca sul tumore al seno riceve per esempio 8 volte i finanziamenti che sono destinati al cancro del polmone, che uccide ogni anno molte più donne. Nel complesso, la ricerca sul tumore al seno riceve quasi il doppio dei fondi federali statunitensi rispetto ad altri tipi di cancro.
I numerosi finanziamenti sono anche dovuti al fatto che il tumore al seno ha un tasso di mortalità relativamente basso. Circa il 12 per cento delle donne cui viene diagnosticata la malattia muore entro 5 anni, un tasso molto più basso rispetto a quello del cancro ai polmoni o al pancreas. Ci sono quindi molte persone che sopravvivono a questo tipo di tumore e che si impegnano nelle campagne per la diagnosi precoce, e naturalmente nella raccolta fondi per finanziare la ricerca. Inoltre, il seno riceve così attenzione perché, beh, sempre di seno si tratta. Ci sono alcuni gruppi che hanno puntato proprio su questo aspetto per mantenere alta l’attenzione della società.
©2015 The Washington Post