Quante tasse abbiamo pagato nel 2014?
L'ISTAT dice più che nel 2013, il governo sostiene il contrario, se si conta anche il bonus da 80 euro: una breve guida
Questa settimane l’ISTAT ha pubblicato gli ultimi dati sulla pressione fiscale del 2014, dicendo che rispetto al 2013 è passata dal 43,4 per cento del PIL al 43,5 per cento. Si tratta di un aumento molto contenuto, ma che comunque è in contrasto con le previsioni del governo, che aveva stimato un calo della pressione fiscale al 43,3 per cento. Dopo la pubblicazione dei dati dell’ISTAT, il governo ha pubblicato una nota sostenendo che in realtà, tenendo conto del bonus 80 euro, la pressione fiscale nel 2014 è scesa al 43,1 per cento. In un certo senso hanno ragione sia l’ISTAT che il governo.
Il famoso bonus da 80 euro è un provvedimento annunciato dal governo Renzi nel marzo 2014, poche settimane dopo il suo insediamento. In base a questo provvedimento, i lavoratori dipendenti che guadagnano meno di 26 mila euro l’anno ricevono un bonus da 80 euro al mese (una misura prorogata anche nel 2015). Per finanziare il provvedimento degli 80 euro il governo ha alzato alcune tasse – in particolare quelle sul risparmio detenuto in forma diversa dai titoli di stato – che però ne hanno coperto soltanto una parte del costo. La parte restante è stata finanziata con un aumento della spesa pubblica.
Bilanciando il bonus degli 80 euro con l’aumento delle tasse sul risparmio c’è effettivamente un “guadagno” per i cittadini, che però non è stato conteggiato tra i tagli delle tasse: il bonus da 80 euro, come il termine “bonus” lascia intuire, è stato considerato una prestazione sociale, cioè è paragonabile a un assegno pensionistico o un sussidio di disoccupazione. Nelle statistiche nazionali le “prestazioni sociali” vengono conteggiate tra le spese aggiuntive e non tra le minori entrate (cioè tagli di tasse): per questa ragione il bonus non è stato incluso nei calcoli dell’ISTAT sulla pressione fiscale, che risulta così in aumento rispetto al 2013.
Se gli 80 euro venissero conteggiati come taglio di imposte, il governo avrebbe ragione a sostenere che la pressione fiscale nel 2014 è stata pari al 43,1 per cento, e quindi in calo rispetto al 2013. Gli 80 euro però sono una misura che riguarda una parte ridotta della popolazione, a differenza di un vero e proprio taglio delle tasse. L’analista finanziario e blogger Mario Seminerio li ha definiti una misura di spesa pubblica che «va ad aumentare selettivamente il reddito di una categoria di cittadini, i lavoratori dipendenti e assimilati, con imponibile entro i 26.000 euro lordi annui».
I conti pubblicati dall’ISTAT questa settimana riguardano il 2014 e non considerano tutte le misure approvate dalla Legge di stabilità che entreranno in vigore nel 2015, come il taglio dell’IRAP e la decontribuzione delle nuove assunzioni. Nonostante queste ulteriori misure di riduzione delle tasse, il ministero dell’Economia ha comunque stimato la pressione fiscale in leggero aumento entro i prossimi due anni: dal 43,5 per cento del 2014 dovrebbe restare stabile nel 2015 e crescere dello 0,1 per cento nell’anno successivo per poi finalmente cominciare a scendere nel 2018.