La manifestazione di Salvini a Roma è stata un insuccesso

Lo scrive Alessandro Leogrande su Internazionale, parlando di troppa diversità tra Lega Nord e Casa Pound

Alessandro Leogrande, direttore del mensile Lo Straniero, ha scritto per Internazionale un reportage sulla manifestazione organizzata dalla Lega Nord che si è svolta a Roma sabato 28 febbraio. Alla manifestazione, ha raccontato Leogrande, hanno partecipato persone molto diverse: dai leghisti di vecchia tradizione agli aderenti di “Noi con Salvini” (il movimento che la Lega sta cercando di lanciare al centro-sud), passando per i neofascisti di Casa Pound. Il risultato, secondo Leogrande, è stato un insuccesso e durante la manifestazione sono emerse tutte le contraddizioni di questo complicato raggruppamento.

Non erano poi tanti i leghisti e i loro compagni di strada raccolti ieri, 28 febbraio 2015, a piazza del Popolo, in un sabato romano di fine febbraio insolitamente caldo. Saranno stati venticinquemila.

Il palco è stato costruito sotto la terrazza del Pincio, ma sull’altro versante, alle spalle dell’obelisco, la piazza aveva ampie zone vuote. Insomma, l’arrivo in massa nella “Roma da incendiare”, come si poteva leggere su un cartello portato a mano, non c’è stato.

E chi ci è arrivato, in buona parte apparteneva al popolo storico della Lega. Tante bandiere della Lega nord, tantissime della Liga veneta. Gente di Gallarà, di Caronno Varesino, della valle Cerina, della provincia lombarda e veneta. Tanto che viene da pensare che il principale intento di Salvini sia stato innanzitutto quello di rinsaldare le file del suo popolo.

Quando arrivo in piazza, sono già cominciati i primi discorsi dal palco. Tutti sembrano ascoltare in silenzio.

Tra la folla, ci sono le magliette bianche “Renzi a casa”, che riproducono la stessa scritta a caratteri cubitali alle spalle del palco. E ci sono le felpe care al nuovo leader. Molte felpe verdi, rosse, azzurre, con su scritto: Romagna, Piemonte, Liguria. Non sono invece tante le bandiere di “Noi con Salvini”, il movimento che la Lega sta provando a lanciare al sud contando, come ripetono in continuazione i suoi dirigenti, sul senso dell’autonomia di siciliani, calabresi, salentini.

Ci sono sparuti gruppi di Anzio, Nettuno, Andria, Barletta, Catania (i più numerosi). Ma per lo più, da ultimi arrivati e da meno organizzati, si tengono ai bordi della piazza.

A formare una macchia nera alla destra del palco ci sono i fascisti di Casa Pound: stretti, compatti, con i loro anfibi paramilitari e i bomber neri, i cappelli di lana e gli occhiali da sole, le celtiche e i tricolori. Il blocco nero è ben riconoscibile anche perché ai suoi lati i militanti del servizio d’ordine indossano una canotta rossa con la tartaruga, simbolo del movimento.

Accanto a loro spuntano, numerose e immacolate, le bandiere di “Sovranità-Prima gli italiani”, blu con delle spighe di grano gialle. È il nuovo contenitore politico lanciato da Casa Pound per allargare la propria base e venire incontro al nuovo leghismo nazionale. Insieme alle bandiere hanno issato una foto alta due metri del fuciliere Massimiliano Latorre, uno degli eroi indiscussi della giornata.

Ma per quanto i fascisti vadano verso la Lega (riconoscendo in Salvini l’unico leader) e per quanto Salvini non batta ciglio quando Di Stefano, numero due di Casa Pound, dice alla stampa “Noi siamo forti della nostra identità, non facciamo un passo indietro. È quello che ci lega alla Repubblica sociale”, in questa piazza non gremita che sembra mettere insieme vari segmenti della destra estrema e anti-sistema le parti non si mescolano più di tanto.

Si riconoscono nel no all’immigrazione (“Non c’è più posto per nessuno”, “Ci sono vecchi che rovistano nei cassonetti e noi ancora li accogliamo”, “Con le ruspe, i campi rom si abbattono con le ruspe”), nel no all’euro (“Ci stanno affamando”), nel solito anticomunismo (“Le zecche non volevano farci manifestare”). Ma sono davvero pochi i passaggi dei discorsi fatti dal palco dallo stesso Di Stefano, da Giorgia Meloni, da Marine Le Pen (un videomessaggio contro il multiculturalismo cavallo di Troia del gruppo Stato islamico) e dal governatore Luca Zaia che riescono ad accendere interamente la piazza.

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