Le facce dietro fotografie famosissime

Tim Mantoani ha fotografato gli autori di alcune delle fotografie più iconiche di sempre, tra cui Elliott Erwitt e Steve McCurry

Il fotografo americano Tim Mantoani, che ha lavorato tra gli altri per i marchi Coca-Cola, Oakley e per le riviste Sports Illustrated e Newsweek, ha fotografato 158 fotografi mentre tengono in mano la loro fotografia più famosa, o la loro preferita, e le ha raccolte nel libro Behind Photographs: Archiving Photographic Legends. L’idea di Mantoani è quella di spiegare che le foto più iconiche della storia non sono capitate per caso, e che dietro ognuna di esse c’è una persona che ha dedicato la sua vita alla fotografia: «Sentivo che c’era questo tipo di vuoto. C’erano tutti questi fotografi anonimi là fuori a cui non era stato dato abbastanza credito». Mantoani ha realizzato i ritratti – tra gli altri di Elliott Erwitt, Steve McCurry e Neil Leifer – con una macchina fotografica Polaroid di formato 20×24, di cui esistono pochi esemplari e che ha costi molto elevati (circa 200 dollari per ogni scatto).

Tra i fotografi c’è Jeff Widener, che scattò la foto più famosa della protesta di piazza Tienanmen, nel 1989, e Steve McCurry, che realizzò nel 1984 uno dei ritratti più famosi di sempre, quello di una ragazza afgana a Peshawar, in Pakistan. In un’altra foto, Brent Stirton tiene una sua fotografia di un gorilla di montagna “Silverback” nel parco nazionale di Virunga, nella Repubblica Democratica del Congo: Stirton ha raccontato che quell’esemplare di gorilla era stato ucciso come intimidazione verso i ranger che si occupano della protezione dei gorilla, di cui esistono circa 40 esemplari al mondo. Il gorilla, di oltre 250 chili, fu poi trasportato per 5 chilometri attraverso la foresta, con l’impalcatura mostrata nella foto. Nel libro di Mantoani ci sono anche gli autori di due dei ritratti di celebrità più famosi del Novecento, quello di Marilyn Monroe tra le lenzuola di Douglas Kirkland e quello di Kurt Cobain di Mark Seliger, scattato due mesi prima che il leader dei Nirvana morisse.

Durante i cinque anni in cui è stato realizzato il progetto, alcuni fotografi sono morti, e la difficoltà di realizzare i ritratti in formato 20×24 è aumentata. In certe occasioni Mantoani ha scattato la foto definitiva al primo tentativo, in altre ne sono serviti di più, e spesso i fotografi ritratti hanno consigliato e aiutato Mantoani, che ha raccontato che a volte scattare una fotografia è stato «un piccolo workshop». Alcuni fotografi hanno anche messo in contatto Mantoani con altri colleghi che non conosceva ma che voleva ritrarre: non tutti quelli contattati da Mantoani hanno accettato. Mantoani ha spiegato: «Volevo creare questo archivio così che un giorno, quando i fotografi se ne saranno tutti andati, i miei nipoti potranno apprezzare non solo le loro foto, ma anche chi erano e che aspetto avevano».