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  • Domenica 16 novembre 2014

I guai del ristorante che fa “cucina di guerra”

Un locale di Pittsburgh serve solo piatti di paesi con cui gli Stati Uniti sono in guerra: i direttori hanno ricevuto minacce di morte per avere incluso un menu palestinese

A Pittsburgh, nello stato americano della Pennsylvania, c’è un ristorante che si chiama “Conflict kitchen” (“la cucina della guerra”), che ha la particolarità di servire cibi provenienti soltanto da cucine di paesi con cui gli Stati Uniti sono in guerra. A partire dallo scorso settembre, ha raccontato il Washington Post, “Conflict kitchen” è stato molto criticato per avere deciso di includere nei suoi menu la cucina palestinese (la Palestina non è formalmente “in guerra” con gli Stati Uniti: i rapporti tra governo di Washington e leader palestinesi non sono troppo buoni; allo stesso tempo sono molto ambigui e diversificati a seconda della fazione palestinese a cui ci si riferisce): i gestori del locale sono stati minacciati e i giornalisti hanno cominciato a frequentare il ristorante quasi più degli stessi clienti.

Gli altri menu proposti in passato non avevano mai causato una simile reazione. Nei quattro anni trascorsi dall’apertura, Conflict kitchen ha avuto menu basati sulle cucine di Afghanistan, Corea del Nord, Iran, Venezuela e Cuba. Il ristorante non si limita a offrire piatti tipici della cucina dei vari paesi, ma propone anche opuscoli con informazioni sulla storia e la cultura dei posti di cui è tipica quel tipo di cucina. I due direttori del locale, Jon Rubin e Dawn Weleski, prima di proporre un menu visitano quel paese, ci trascorrono qualche mese e ne studiano la cucina, la storia e la cultura. Brani di interviste con gli abitanti dei paesi visitati spesso finiscono stampati sugli opuscoli appesi fuori dal locale. Il ristorante ha avuto un discreto successo e fino alle ultime settimane ha servito tra i due e i trecento clienti al giorno (anche perché si trova in una posizione strategica: proprio di fronte al campus dell’università di Pittsburgh).

Rubin e Weleski, intervistati dal Washington Post, hanno detto di avere previsto qualche problema per l’inserimento della cucina palestinese nei menu del locale. Per prepararsi, nei mesi scorsi, erano stati in Israele e in Palestina, passando otto giorni in Cisgiordania. I primi problemi sono cominciati lo scorso 30 settembre, dopo un incontro sulla cultura palestinese e sull’attuale situazione politica nella regione che si è tenuto per un’ora davanti al ristorante. Secondo il portavoce di una locale organizzazione ebraica, l’incontro avrebbe mostrato soltanto il punto di vista dei palestinese. Lo stesso portavoce ha poi aggiunto che la Palestina non è in guerra con gli Stati Uniti e che quindi non dovrebbe comparire nel menu del ristorante (in realtà gli Stati Uniti non sono formalmente “in guerra” con alcun paese finito sui menu del ristorante).

A ottobre un’altra associazione ebraica, B’nai B’rith International (organizzazione internazionale fondata a metà dell’Ottocento), ha protestato per la scelta fatta dal ristorante: B’nai B’rith si è rivolta direttamente alla Heinz Endowments, una fondazione che tra gli altri finanzia proprio il ristorante Conflict kitchen. Il presidente di B’nai B’rith ha definito “anti-israeliane” alcune delle frasi stampate sull’incarto del cibo servito al ristorante (il ristorante è infatti un take-away: non ci sono tavoli dove ci si può sedere). Al di là delle critiche, Rubin e Weleski erano inizialmente soddisfatti della loro iniziativa: le polemiche avevano procurato una certa pubblicità al ristorante, ma avevano anche provocato una più grande discussione sul tema dei rapporti tra Palestina, Israele e Stati Uniti, obiettivo dichiarato dai due direttori.

Lo scorso 7 novembre, però, alla mail del ristorante è arrivata una lettera con alcune minacce di morte. Rubin e Weleski non hanno voluto diffondere ulteriori dettagli, per via di un’indagine in corso da parte della polizia. Per precauzione il ristorante è stato fatto chiudere per quattro giorni e ha riaperto soltanto mercoledì scorso. A quel punto, l’intera facciata del locale era coperta di messaggi di solidarietà attaccati dagli studenti della vicina università. La cucina palestinese, almeno fino ad oggi, è ancora compresa nel menu di Conflict kitchen.

(Foto Flickr/somenametoforget)