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  • Sabato 18 ottobre 2014

I complotti su ebola in Liberia

Il giornale più diffuso del paese ha un approccio cialtrone ma redditizio: pubblica articoli che accusano l'ONU e gli Stati Uniti di aver diffuso l'epidemia

di Terrence McCoy – Washington Post @terrence_mccoy

A street newspaper seller hawks his papers on September 8,2014 Monrovia. The Ebola virus has killed over 1,500 people in four west African countries since the start of the year, spreading through contact with infected bodily fluids.
 AFP PHOTO / DOMINIQUE FAGET (Photo credit should read DOMINIQUE FAGET/AFP/Getty Images)
A street newspaper seller hawks his papers on September 8,2014 Monrovia. The Ebola virus has killed over 1,500 people in four west African countries since the start of the year, spreading through contact with infected bodily fluids. AFP PHOTO / DOMINIQUE FAGET (Photo credit should read DOMINIQUE FAGET/AFP/Getty Images)

Uno dei primi giorni di agosto il Daily Observer, considerato il quotidiano più diffuso della Liberia, aveva quella che definiva una breaking news. Il giornale, la cui redazione lavora a Monrovia, la capitale del paese, riportava che un uomo di cui non veniva specificato il nome aveva provato a versare una bottiglia di formaldeide nelle riserve d’acqua di un paese vicino a Monrovia, per causare «sintomi simili a quelli di ebola» che avrebbero «di conseguenza ucciso delle persone». L’uomo, scrive l’Observer, aveva detto agli abitanti del posto che diversi «agenti» come lui stavano operando in altri paesi. «Siamo tanti», gli attribuisce l’Observer in un virgolettato.

Prosegue l’articolo: «l’Observer ha precedentemente riportato che persone vestite come infermieri si erano presentati in alcune comunità portando un “vaccino contro ebola”. Una volta iniettato, il vaccino sembra produrre sintomi simili a quelli di ebola, e indurre al coma. Poco dopo, la persona che l’ha assunto muore». Il giornale aggiunge che alcuni abitanti sono riusciti a cacciare questi «diffusori del vaccino» dopo che i loro «composti di formaldeide e acqua» avevano ucciso dieci bambini. L’articolo conclude dicendo che «alcune famiglie sospettano che un business di traffico di organi stia sfruttando l’epidemia di ebola in Liberia».

In un momento storico nel quale i liberiani hanno bisogno di informazioni affidabili per prendere decisioni che possono avere ripercussioni globali, l’articolo sulla formaldeide – sulla cui vicenda il Washington Post non ha trovato riscontro – è uno dei più popolari sul sito del giornale. E non è l’unica notizia fondata solo su alcune voci che si può trovare sull’Observer, che nel tempo è diventato incubatore di assurde teorie complottiste.

Alcuni articoli pubblicati di recente hanno speculato sul fatto che il dipartimento della Difesa degli Stati Uniti abbia «prodotto» l’epidemia di ebola, e hanno proposto la teoria che l’ONU abbia «introdotto deliberatamente» il virus. Il giornale si è inoltre agitato per via dell’incombente afflusso di stranieri nel paese: un articolo in particolare spiegava che «molte città liberiane oggi sono “piene” di stranieri, che non favoriscono per nulla la nostra crescita e il nostro sviluppo».

A riprova del potere delle notizie non verificate in tempi di panico generale, tutti questi articoli sono andati benissimo in termini di traffico. Tutti e tre gli articoli più in vista del sito contengono l’indiscrezione che alcuni medici hanno infettato i liberiani con ebola. Un lettore, commenta sul sito a proposito della storia della formaldeide: «anche mia nonna mi ha raccontato storie del genere: dice che medici bianchi hanno spruzzato una polvere gialla dalla cima di una montagna, e che il giorno dopo tutto il villaggio era ammalato».

Bai S.G. Best, il direttore del reparto commerciale del Daily Observer, ha rifiutato di commentare gli articoli. In un messaggio inviato al Washington Post ha scritto che «c’è stato un solo» articolo che conteneva teorie complottiste. Dopo che gli sono stati inviati i link ad altri articoli sul tema, ha risposto: «temo che questa conversazione non possa avvenire in maniera così affrettata… È un argomento molto delicato… La mia domanda è: sei per caso stato in Liberia negli ultimi tre mesi?»

La scorsa settimana, la presidente liberiana Ellen Johnson Sirleaf ha proposto un controllo più severo sulla circolazione di notizie false. In una lettera al parlamento, ha scritto: «poiché la circolazione di notizie false e negative sullo stato dell’epidemia può rendere inutili gli sforzi nazionali per combatterla, è importante che questa venga scoraggiata e prevenuta. Il governo limiterà la diffusione di opinioni che confonderanno i cittadini e i residenti, incluse quelle che solleveranno falsi allarmi».

La proposta, poi rifiutata dalla Camera bassa liberiana, ha allarmato alcuni osservatori esterni. Il magazine online Mother Jones si è lamentato spiegando che «il governo liberiano sta strumentalizzando ebola per intervenire pesantemente sui media del paese», e inquadrando la vicenda in una storia più estesa che riguarda la censura governativa su alcuni media.

In effetti, sollevare una questione intorno alla libertà di informazione dei media liberiani non è una cosa così infondata. In passato il governo ha trattato con durezza alcuni giornalisti. L’anno scorso Rodney Sieh, famoso giornalista liberiano e direttore di FrontPage Africa, è stato imprigionato per essersi rifiutato di pagare 1,5 milioni di dollari dopo essere stato condannato per diffamazione. Ma ci sono anche dei precedenti che dimostrano l’inaffidabilità della stampa liberiana. Nel 2012, quattro famosi giornali liberiani pubblicarono alcuni articoli accusando un diplomatico francese di avere avuto rapporti sessuali con prostitute e con “schiave sessuali”. Le fotografie che accompagnavano gli articoli ritraevano studentesse senza alcun collegamento con la vicenda, che in seguito hanno detto di essere state convinte a posare per le foto con l’inganno.

Al Daily Observer, però, pare che il gusto per la notizia scabrosa sia rimasto identico anche durante l’epidemia di ebola, che nel paese ha ucciso migliaia di persone. In settembre, il giornale ha pubblicato una lettera di un professore statunitense chiamato Cyril Broderick nella quale viene ipotizzato che la diffusione di ebola sia stata generata da alcuni test medici del dipartimento della Difesa statunitense. Scrive Broderick: «alcune fonti raccontano che il dipartimento della Difesa ha finanziato la sperimentazione di ebola sugli esseri umani, cominciata solo alcune settimane prima che il virus si diffondesse in Guinea e Sierra Leone».

A questo articolo ha fatto seguito un pezzo scritto da Yoichi Shimatsu, un giornalista scientifico che vive in Thailandia. Shimatsu ha accusato l’ONU di aver condotto una «campagna per i vaccini» in Guinea, nelle prime fasi dell’epidemia: a suo parere questo «spiega in modo convincente che il ceppo ZEBOV di ebola è stato introdotto per testare segretamente un antidoto su esseri umani non consenzienti […] Il rilascio di ebola può essere stato un atto di guerra biologica nell’ambito degli sforzi post coloniali di controllare l’Africa occidentale, ricca di miniere».

Ma non tutti i lettori credono a queste cose. Un abitante di Monrovia scrive: «l’ignoranza presente in questo sito mi stupisce. A questo punto, smettetela di chiedere documenti per emigrare nelle stesse nazioni che asserite vogliano uccidervi».

nella foto, un venditore di giornali a Monrovia, in Liberia (DOMINIQUE FAGET/AFP/Getty Images)

©Washington Post 2014

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