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  • Mercoledì 17 settembre 2014

Il governo francese si è salvato, per ora

Il primo ministro Manuel Valls ha ottenuto la fiducia al suo nuovo governo ma non ha la maggioranza assoluta: secondo molti questo porterà presto a una nuova crisi

French Prime minister Manuel Valls listens to a speech prior to a parliamentary confidence vote, on September 16, 2004 at the French national assembly in Paris. Prime Minister Manuel Valls will outline the government's work programme and submit it to a vote, just weeks after former economy minister Arnaud Montebourg stepped out of line and publicly criticised the direction his country was taking, sparking an emergency cabinet reshuffle. AFP PHOTO / PATRICK KOVARIK (Photo credit should read PATRICK KOVARIK/AFP/Getty Images)
French Prime minister Manuel Valls listens to a speech prior to a parliamentary confidence vote, on September 16, 2004 at the French national assembly in Paris. Prime Minister Manuel Valls will outline the government's work programme and submit it to a vote, just weeks after former economy minister Arnaud Montebourg stepped out of line and publicly criticised the direction his country was taking, sparking an emergency cabinet reshuffle. AFP PHOTO / PATRICK KOVARIK (Photo credit should read PATRICK KOVARIK/AFP/Getty Images)

VOTO FRANCIAMartedì 16 settembre il secondo governo francese presieduto da Manuel Valls ha ottenuto la fiducia con 269 voti a favore, 244 contrari e 53 astensioni. Ha perso però la mag­gio­ranza asso­luta (289) e ha perso 37 deputati rispetto al primo voto di fidu­cia dell’8 aprile scorso. Ci sono state inoltre 31 astensioni all’interno del Partito Socialista (lo stesso del primo ministro Valls e lo stesso di François Hollande). Il secondo governo Valls era nato a fine ago­sto dopo le dimis­sioni del precedente esecutivo a causa di una crisi piuttosto complessa dovuta a una divisione interna al Partito Socialista e al dissenso di alcuni ministri, Arnaud Mon­te­bourg in testa, alla linea politica del primo ministro e del presidente della Repubblica Hollande.

Nel suo discorso, Valls si è pre­sen­tato come un «riformista» che difende equità e uguaglianza ma senza alcuna «ideo­lo­gia». Ha parlato di Europa, dicendo che «la Fran­cia decide da sola cosa deve fare», ma che un «accordo con la Ger­ma­nia, che deve assumersi le sue responsabilità, è comunque indispensabile». Ha criticato le dichiarazione fatte negli ultimi tempi del Medef (la Con­fin­du­stria fran­cese) con­tro il lavoro e i diritti dei lavoratori, dicendo che avrebbe abbassato la pressione fiscale sulle famiglie e che non avrebbe toccato la legge sulle 35 ore lavorative, ma confermando allo stesso tempo il «patto di responsabilità» con le imprese per aumentare il loro grado di competitività («Sono le imprese che creano ricchezza e posti di lavoro», ha detto). Ha detto che «una sinistra moderna è una sinistra che ha il coraggio di fare le riforme», che «governare è resistere» e che non vuole «meno Stato, ma uno Stato migliore». Nel suo discorso, insomma, ha confermato gli argomenti che gli sono costati le critiche che diversi esponenti del suo partito (i cosiddetti frondeurs) gli avevano rivolto già prima della crisi.

Prima che a Valls, una situazione simile – un governo senza maggioranza assoluta in Parlamento – si era presentata a Georges Pompidou nel 1962: si tratta dunque della seconda volta dall’inizio della Quinta Repubblica. Tutti gli altri primi ministri, dal 1958 in poi, nelle loro 36 richieste di fiducia avevano ottenuto la maggioranza assoluta, compreso Valls in aprile. I principali quotidiani francesi si chiedono quindi se il voto ottenuto ieri sia una reale vittoria per Valls e se il primo ministro riuscirà ora a trovare un accordo con le varie correnti della sinistra di governo e gli altri partiti. Guillaume Roquette, direttore del quotidiano Le Figaro, ha detto per esempio che Valls «ha solo guadagnato del tempo, ma non ha vinto la partita». Di «un guadagno di tempo per cambiare le cose» avrebbe parlato anche Hollande commentando l’esito del voto di fiducia, secondo quanto riferito dal suo portavoce.

Dunque, come scrivono alcuni giornali, si ricomincia esattamente da dove si era iniziato: le difficoltà che avevano portato alle precedenti dimissioni dell’esecutivo in realtà non sembrano essere state superate. Secondo diversi analisti e cronisti parlamentari, inoltre, il gruppo dei “dissidenti” è più ampio rispetto a quello che si è manifestato in occasione del voto di fiducia: alcuni avrebbero deciso di accordare il loro voto ieri, ma potrebbero non appoggiare il governo su altre questioni: il primo test per verificare questa ipotesi sarà il voto sulla legge finanziaria per il 2015.