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  • Mercoledì 27 agosto 2014

Le elezioni in Svezia

Sono il 14 settembre: secondo gli ultimi sondaggi sono in vantaggio le opposizioni progressiste, che tornerebbero al governo dopo otto anni

TO GO WITH AFP STORY BY TOM SULLIVAN
Stefan Loefven (R), leader of the Social Democratic Party in Sweden, steps down from his party's election campaign tour bus as it arrives to an election rally in Gaevle on August 19, 2014. The general elections in Sweden will take place on September 14, 2014. AFP PHOTO / JONATHAN NACKSTRAND (Photo credit should read JONATHAN NACKSTRAND/AFP/Getty Images)
TO GO WITH AFP STORY BY TOM SULLIVAN Stefan Loefven (R), leader of the Social Democratic Party in Sweden, steps down from his party's election campaign tour bus as it arrives to an election rally in Gaevle on August 19, 2014. The general elections in Sweden will take place on September 14, 2014. AFP PHOTO / JONATHAN NACKSTRAND (Photo credit should read JONATHAN NACKSTRAND/AFP/Getty Images)

Il prossimo 14 settembre si svolgeranno in Svezia le elezioni legislative per il rinnovo del parlamento a cui seguirà la formazione di un nuovo governo. Attualmente il primo ministro è Fredrik Reinfeldt: è un conservatore e dal 2006 governa con un’alleanza di centrodestra che fu riconfermata anche alle elezioni del 2010. Dagli anni Trenta fino a oggi a guidare il paese sono stati quasi sempre i Socialdemocratici (per 65 degli ultimi 78 anni): dopo le scorse due elezioni vinte dal centrodestra, in base agli ultimi sondaggi è molto probabile che tornino a vincere i Socialdemocratici. Il calo di consensi del principale partito al governo è stato anticipato anche alle elezioni europee del maggio 2014: i conservatori di Fredrik Reinfeldt erano arrivati al terzo posto superati dai Verdi (secondi) e dai Socialdemocratici, tornati ad essere il primo partito di Svezia.

Secondo un sondaggio pubblicato il 25 agosto l’Alleanza guidata da Fredrik Reinfeldt ha guadagnato lo 0,9 per cento rispetto ai dati di fine giugno mentre i tre principali partiti di opposizione, ipoteticamente uniti nel cosiddetto blocco rosso-verde e guidati dai socialdemocratici di Stefan Löfven (che non ha però ancora chiarito con chi formerà la coalizione in caso di vittoria), hanno perso lo 0,7. Il distacco resta però significativo ed è a vantaggio delle attuali opposizioni: risulta infatti che Reinfeldt e i suoi alleati si fermino al 37,6 per cento e che le opposizioni abbiano il sostegno del 48,8 per cento degli elettori. Nel caso in cui nessuno raggiunga la maggioranza assoluta si dovrà formare un cosiddetto governo di minoranza e in quel caso saranno fondamentali i risultati dei partiti minori e le future alleanze. A questo proposito, un altro dato rilevante dei sondaggi è che i Democratici Svedesi, il partito nazionalista contro l’immigrazione, risulta al 10 per cento: nel 2010 era riuscito a superare la soglia di sbarramento ottenendo il 5,7 per cento dei voti. Insieme a Iniziativa Femminista, il partito guidato da Gudrun Schyman che alle europee ha ottenuto un ottimo 5,3 per cento, potrebbero dunque decidere il risultato delle elezioni.

Al centro della campagna elettorale dei due principali blocchi politici ci sono stati diversi temi: dalla riduzione delle imposte all’immigrazione fino alla scuola e ai diritti delle donne. Negli ultimi giorni, visti anche i risultati dei sondaggi, il primo ministro e gli altri esponenti del suo partito hanno attaccato l’opposizione accusandola di «promettere tutto a tutti» e definendo le sue politiche «una farsa»: «Non c’è posto in Svezia dove si possa trovare una seria alternativa a noi», ha dichiarato questa settimana Fredrik Reinfeldt durante un comizio. Stefan Löfven – che ha 57 anni e un passato da sindacalista – ha in effetti fatto delle proposte più positive: usare le tasse per aumentare lo stipendio degli insegnanti, finanziare la scuola, alzare le imposte alle banche e favorire l’integrazione degli immigrati.

La questione dell’immigrazione è una delle più discusse dall’opinione pubblica, soprattutto dopo il maggio del 2013 quando, per diverse notti, ci sono stati violenti scontri in alcuni quartieri periferici a nord di Stoccolma, tra la polizia e gruppi di giovani impegnati nella difesa delle minoranze. La “rivolta” – come l’aveva definita il primo ministro Fredrik Reinfeldt – era iniziata dopo che un uomo di 69 anni, armato con un coltello, era stato ucciso dalla polizia. La Svezia è considerata un paese tranquillo e piuttosto egualitario, ma le fatiche delle convivenze con gli immigrati sono cresciute in tutti i paesi scandinavi da diversi anni. Gli immigrati sono circa il 15 per cento della popolazione e arrivano principalmente da Turchia, Libano, Somalia, ma negli ultimi anni anche da Iraq, Afghanistan e Siria. In molti casi la loro integrazione all’interno della società è molto difficile, nonostante i numerosi programmi statali: ci sono corsi di lingua e di storia gratuiti e l’assistenza e le opportunità di lavoro sono equiparate a quelle degli svedesi. Tra gli immigrati, però, il tasso di disoccupazione è di dieci punti maggiore rispetto a quello di chi nasce all’interno del paese (16 per cento contro 6 per cento) e il livello di scolarizzazione è ancora molto basso.

Sui media internazionali è stata ripresa la notizia pubblicata da un settimanale svedese con il titolo “La politica nel sangue” che uno dei candidati al Parlamento per il partito del governo, Hravn Forsne, è «figlio di Mitterrand», presidente della Repubblica francese dal 1981 al 1988 e poi, per un secondo mandato, fino al 1995. Lo ha dichiarato lo stesso Hravn Forsne dicendo anche che non vuole essere giudicato per le sue origini: «Sono nato a Parigi e mi sono trasferito qui quando avevo sette anni». Nel 2012, sua madre, la giornalista Christina Forsne (per lunghi anni corrispondente da Parigi) aveva reso pubblica la sua relazione con l’ex leader socialista francese in un’intervista al quotidiano svedese Aftonbladet rifiutandosi però di rivelare se fosse il padre del figlio che aveva avuto nel 1988.

La Svezia è una monarchia costituzionale. Il Primo ministro è anche capo del governo ed esercita il potere esecutivo. Il parlamento (Riksdag) ha una sola camera ed è composto da 349 membri, eletti ogni 4 anni con sistema proporzionale. Per entrare a farne parte ogni partito deve ottenere almeno il 4 per cento dei voti.

Nella foto: Stefan Löfven (JONATHAN NACKSTRAND/AFP/Getty Images)