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  • Giovedì 7 agosto 2014

E quindi chi ha “vinto”, Israele o Hamas?

Se Israele dovesse allentare il blocco sulla Striscia di Gaza, per Hamas sarebbe una vittoria; ma perseguire il blocco potrebbe comunque spingere i palestinesi verso Hamas

di William Saletan

A Palestinian family drves past a destroyed building in the devastated neighbourhood of Shejaiya in Gaza City on August 6, 2014. Israeli Prime Minister Benjamin Netanyahu launched a vigorous defence of Israel's month-long conflict in Gaza as "justified" and "proportionate", blaming Hamas for the heavy Palestinian civilian death toll. AFP PHOTO/MARCO LONGARI (Photo credit should read MARCO LONGARI/AFP/Getty Images)
A Palestinian family drves past a destroyed building in the devastated neighbourhood of Shejaiya in Gaza City on August 6, 2014. Israeli Prime Minister Benjamin Netanyahu launched a vigorous defence of Israel's month-long conflict in Gaza as "justified" and "proportionate", blaming Hamas for the heavy Palestinian civilian death toll. AFP PHOTO/MARCO LONGARI (Photo credit should read MARCO LONGARI/AFP/Getty Images)

Nella Striscia di Gaza, da quando è iniziata la tregua umanitaria decisa da Israele e Hamas questa settimana, migliaia di sfollati palestinesi sono tornati alle loro case per verificare i danni provocati dal conflitto. A molti di loro diversi giornalisti hanno chiesto cosa pensassero della guerra: le interviste, affiancate da precedenti sondaggi, hanno fatto emergere un importante dilemma per Israele. Se la si guarda dal punto di vista della “deterrenza”, Israele ha tutte le ragioni per mantenere il blocco sulla Striscia di Gaza. Ma se si cambia prospettiva, la rabbia che alcuni palestinesi provano nei confronti dei miliziani di Hamas potrebbe essere superata dalla rabbia verso Israele e verso il blocco della Striscia (per blocco si intendono soprattutto le limitazione delle importazioni ed esportazioni, e il controllo israeliano dei confini). Nel lungo periodo, una soluzione di questo genere potrebbe portare dei benefici a Hamas.

Prima di raccontare le interviste, ritengo utile guardare a due dati rilevati tra la popolazione della Striscia di Gaza nel periodo precedente a questa guerra. Il più recente è un sondaggio di metà giugno commissionato dal centro studi statunitense Washington Institute for Near East Policy, da cui è emerso che il 70 per cento degli abitanti della Striscia pensa che Hamas «dovrebbe mantenere una tregua con Israele». L’88 per cento ha detto che l’Autorità Palestinese, il governo della Palestina che però di fatto esercita il suo potere solo in Cisgiordania, dovrebbe «mandare i suoi funzionari a Gaza e governare». Il 57 per cento ha detto che Hamas dovrebbe accettare un governo palestinese che riconosca Israele e rinunci alla violenza.

Il secondo dato, basato su uno studio del centro di ricerca Palestinian Center for Policy and Survey Research, ha mostrato che il sostegno per Hamas, che si era ridotto dal 45 al 24 per cento dopo la sua presa del potere nella Striscia di Gaza nel 2006, è aumentato di nuovo fino al 40 per cento dopo che Israele ha imposto l’embargo nel 2007. «Hamas sembra essere più forte e sembra avere un consenso più ampio nella Striscia rispetto a quello che aveva prima del blocco», hanno concluso due analisti guardando ai dati. Questo perché la popolarità di Hamas «deriva dalla rabbia palestinese verso le politiche israeliane».

Con questi dati in mente, guardiamo ai contenuti delle interviste condotte negli ultimi giorni:

1. L’attacco israeliano ha spinto diverse persone tra le braccia di Hamas.
Quando i tuoi parenti sono stati uccisi o la tua casa è stata distrutta, la cosa più facile da pensare è che chi l’ha fatto è un bastardo, e per quella persona tu sei un bastardo che lo sta combattendo. In diverse interviste è emersa questa reazione. Un uomo ha indicato la sua casa, rasa al suolo, e ha chiesto: «È Hamas ad avere gli aerei da guerra? Può essere stato un razzo a distruggere la mia casa?» Una madre che ha perso suo figlio di 11 anni ha detto: «Non ho mai sostenuto Hamas un solo giorno in tutta la mia vita. La mia famiglia ha avuto problemi con i suoi miliziani. Loro hanno ucciso mio nipote. Ma dopo quello che è successo, io li appoggerò».

2. L’attacco israeliano ha spinto alcuni giovani alla violenza.
Una donna a Rafah, città del sud della Striscia di Gaza al confine con l’Egitto, ha detto al giornale israeliano Haaretz: «Avete fatto crescere una generazione piena di rabbia e odio. Pensate che i ragazzi avranno paura dopo questa guerra? Dopo che hanno visto un missile puntare contro di loro in strada? Questa è una generazione che non sa più cosa sia la paura». Un bambino di quattro anni nel campo profughi di Jabalya, nel nord della Striscia di Gaza, ha esclamato: «Possa Dio prendere la sua vendetta contro Israele!».

3. Gli abitanti della Striscia di Gaza vedono la guerra come una sconfitta.
Hamas dice di avere vinto, ma molti civili intervistati a Gaza dicono l’opposto. «Gli israeliani ci hanno colpiti molto duramente questa volta. Ci hanno distrutti», ha detto un uomo. «La sola cosa che abbiamo ottenuto è la distruzione», ha detto una seconda persona. «Cosa si è ottenuto da tutto questo?», ha chiesto un terzo uomo. Molti residenti della Striscia hanno definito quest’ultima operazione militare israeliana la più devastante tra le guerre recenti a Gaza.

4. Qualcuno dà la colpa a Hamas.
Un uomo la cui casa è stata rasa al suolo ha detto: «Questo è quello che otteniamo, da Hamas e dagli israeliani. La tua casa sarà distrutta contro la tua volontà, contro la tua volontà tu morirai». L’uomo è arrabbiato con Hamas che non ha accettato la prima proposta di tregua presentata dall’Egitto: «Se l’avessero firmata, ci sarebbero state 1.600 o 1.700 persone morte in meno e non ci sarebbe stata una distruzione di questo tipo». Un uomo a Beith Lahia, una delle città più colpite dai bombardamenti israeliani nel nord della Striscia di Gaza, ha detto: «Se Hamas non accetta la proposta dell’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) ora, il sostegno e la solidarietà verso il gruppo scompariranno».

5. Inoltre, la rabbia verso Hamas potrebbe essere più estesa rispetto alle apparenze.
I giornalisti hanno trovato pochi abitanti della Striscia di Gaza disposti a criticare apertamente i miliziani di Hamas. Ma c’è un curioso non detto in alcune di queste interviste. «Non voglio menzionare i nomi o i paesi o i movimenti, ma ciascuno di loro è responsabile», ha detto un uomo. Un altro ha detto che i leader della resistenza sono dei buoni leader, ma la moglie ha poi aggiunto sottovoce «forse». Il Los Angeles Times ha scritto che i pochi civili che hanno criticato Hamas “lo hanno fatto con cautela”. Un uomo in una città di confine ha detto: «Nessuno deve esprimere un’opinione riguardo la guerra. Quelli ti creano problemi se dici qualcosa. Io dico la mia, ma chi dice quello che pensa viene accusato di essere un traditore, viene picchiato oppure anche ucciso».

6. Gli abitanti della Striscia di Gaza giudicheranno la guerra sulla base delle concessioni post-conflitto.
Per come stanno adesso le cose, gli abitanti della Striscia vedranno la guerra come una sconfitta – partendo dall’assunto però che il blocco della Striscia continuerà. «Tutte le industrie stanno morendo, non c’è lavoro per i giovani», dice un uomo di Gaza. «È soffocante, così non possiamo cambiare nulla, così sarà stato fatto tutto questo per niente». Un altro abitante di Gaza riprende lo stesso punto: «Forse se avessimo alcune concessioni, potremmo dire che ne è valsa la pena. Ma non abbiamo niente». Se Hamas riuscisse a ottenere un alleggerimento del blocco, i suoi sostenitori e gli abitanti di Gaza si sentiranno sollevati. «Dopo un mese di guerra e i successi della resistenza e quello che hanno fatto per noi, se Dio vuole, riusciranno ad aprire alla pesca… e a rimuovere il blocco della Striscia», ha detto un pescatore riferendosi ai miliziani di Hamas.

Prese tutte insieme, queste cose creano una sfortunata serie di situazioni. Se Israele allenta il suo blocco sui confini della Striscia di Gaza e dà alla popolazione locale l’idea che la guerra possa portare dei successi, il risultato sarà probabilmente un sostegno maggiore a favore di Hamas. Dal punto di vista della deterrenza – il principio che da sempre guida il pensiero israeliano – sarebbe un disastro. Per questo Israele ha ogni interesse a non concedere nulla. Lasciare che gli abitanti della Striscia assorbano il dolore. Magari che se la prendano con Hamas.

Se si considerano gli interessi strategici di Israele, il migliore argomento contro questa soluzione è che il costo di garantire alcune concessioni è comunque minore rispetto al costo di non garantire alcuna concessione. Sì, se i confini della Striscia di Gaza venissero aperti la popolazione festeggerebbe. Potrebbe applaudire Hamas e sostenere i suoi metodi belligeranti. Ma se i confini non venissero aperti, la popolazione potrebbe radicalizzarsi ancora di più. Questo è l’avvertimento contenuto in quei sondaggi fatti prima dell’inizio della guerra e relativi al blocco della Striscia di Gaza. Hamas e le sue ramificazioni più violente potrebbero ottenere ancora più appoggio dal blocco che dalla sua rimozione.

Se fossi un politico israeliano, guarderei con attenzione alle parole di Abu Mohammed, un mercanti di mezza età di Gaza. Lui è l’uomo che ha detto al Los Angeles Times che se la guerra non porta a una riduzione del blocco «tutto questo sarà stato fatto per niente». Se Israele mantiene il blocco, lui e molti altri potrebbero decidere che la guerra è stata fatta per niente e non dovrebbe essere mai più ripetuta. O potrebbero disperarsi e decidere di cominciare a combattere. «Nei bombardamenti si muore immediatamente», ha puntualizzato l’uomo. «Forse morire così è meglio che morire lentamente a causa di questo blocco».

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