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  • Martedì 8 luglio 2014

Cosa ha detto Prandelli su Balotelli e Rossi

L'ex allenatore dell'Italia – nuovo allenatore del Galatasaray – ha parlato di «delusione umana» per Rossi e ha detto che Balotelli «non è un campione»

Former Italy's football manager Cesare Prandelli (L) signs his new contract with Turkish businessman and Galatasaray football club's president Unal Aysal on July 8, 2014 during the signing ceremony held at the TT Arena stadium in Istanbul. Prandelli immediately put behind him the disappointment of his country's first round ejection from the World Cup, signing a two year deal with Istanbul giants Galatasaray worth at least 2.3 million euros a year. AFP PHOTO / OZAN KOSE (Photo credit should read OZAN KOSE/AFP/Getty Images)
Former Italy's football manager Cesare Prandelli (L) signs his new contract with Turkish businessman and Galatasaray football club's president Unal Aysal on July 8, 2014 during the signing ceremony held at the TT Arena stadium in Istanbul. Prandelli immediately put behind him the disappointment of his country's first round ejection from the World Cup, signing a two year deal with Istanbul giants Galatasaray worth at least 2.3 million euros a year. AFP PHOTO / OZAN KOSE (Photo credit should read OZAN KOSE/AFP/Getty Images)

Martedì 8 luglio a Istanbul Cesare Prandelli, ex allenatore della nazionale italiana, ha tenuto una conferenza stampa in occasione della sua presentazione ufficiale come nuovo allenatore della squadra turca del Galatasaray. Prandelli tra le altre cose ha parlato dell’esperienza dei Mondiali in Brasile e ha detto alcune cose sui giocatori Mario Balotelli e Giuseppe Rossi che hanno fatto discutere molto.

«Dieci giorni fa ero al Mondiale e non ho mai pensato di poter programmare un mio futuro. Dopo il Mondiale c’è stata una telefonata e ho detto che non ero pronto mentalmente per pensare a una squadra. Poi quando ho incontrato il presidente, mi ha convinto il fatto che vuole raggiungere un risultato sportivo: e forse in questo momento io bisogno di questo, ho bisogno di confrontarmi, di guardare oltre quello che ho fatto. Mi voglio mettere in gioco. Ma io son convinto di aver fatto la scelta giusta perché l’obiettivo è vincere.»

«Superare uno choc come il Mondiale non è facile. La possibilità di iniziare subito e avere un nuovo obiettivo potrebbe aiutarmi molto. Il bilancio dei quattro anni in azzurro non devo farlo io. Ciò che abbiamo compiuto dentro e fuori dal campo sarà da rileggere. Certo, quando poi ricevi minacce, lettere nella cassetta della posta, oppure leggi certi articoli o senti certe trasmissioni, rimani spiazzato, non ti fanno star bene, ti chiedi il perché. Sei anche costretto a consolare chi fino a quel momento aveva cercato di consolare te. D’altronde ci sono i familiari, puoi perdere la testa. Che dovevo fare? Restare sul divano? Mi sono dimesso perché non sono il tipo che va a chiedere la buonuscita come si fa in Italia. Non sono venuto qui per le minacce per questo, ma se avessi ricevuto delle proposte non so se adesso avrei allenato in Italia.»

«Giuseppe Rossi? Non volevo parlarne. E’ ancora forte la delusione che ho provato dopo le sue parole. Se un giocatore conosce il proprio ruolo… L’avevo detto alla prima conferenza; non era pronto. E gliel’ho detto due volte. Questa è una delusione umana. Un giorno dirà la verità. È cominciato tutto da lì.»

«Mario non è un campione, è un giocatore che ha i colpi. Quando ci siamo salutati gliel’ho detto: se vuole diventare quello che pensa, deve essere nella realtà e non nella visione virtuale. Gli ho voluto bene e gliene voglio tuttora, ma deve percepire la realtà e non creare il proprio mondo parallelo. Gli ho detto: fai tesoro di questa esperienza perché la Nazionale ha bisogno di te. Se torni coi piedi per terra, non sarai solo un giocatore che ha i colpi e non un campione.»

Foto: OZAN KOSE/AFP/Getty Images