Cosa scrivevano nel 2007 i giornali sulla storiaccia di Rignano Flaminio

"Mostri", "orchi" e altre esagerazioni letterarie a cui siamo abituati: intanto gli imputati sono stati tutti assolti, di nuovo

La Corte d’appello di Roma ha confermato l’assoluzione per le cinque persone accusate di abusi sessuali a danno di alcuni bambini di Rignano Flaminio, alunni della scuola materna Olga Rovere. Era il 2007, fu una storia di cui si parlò moltissimo, eppure le accuse si basavano su elementi fragilissimi e i racconti confusi dei genitori di alcuni bambini. Nel 2012 gli imputati – tra cui quattro maestre – furono tutti assolti: “il fatto non sussiste”. Come raccontò Carlo Bonini su Repubblica, si era celebrato un processo “senza prove”, frutto di “un abbaglio da psicosi e contagio collettivi”.

I ventuno bimbi che si volevano abusati o comunque “esposti” a un trauma sessuale di nessuna violenza sono mai stati vittime. E la storia di una catastrofe processuale, umana, civica, arriva così al suo inevitabile compimento. Con un’assoluzione che prende atto con coraggio e limpidezza di un vuoto probatorio macroscopico. Che mette a nudo l’ostinazione di una Procura della Repubblica e di un ufficio gip che pur di non riconoscere i propri errori, di non arrendersi all’evidenza contraria del fatto che si intendeva provare, hanno trasformato questa storia in un’interminabile ordalia che ha schiantato per sempre le vite di chi ne è stato inghiottito.

[…] Non una testimonianza, non una prova documentale (che sia l’oscenità di una foto, di un diario, di un file custodito in qualche computer) o un’intercettazione telefonica. Non un’evidenza medica sui corpi dei piccoli, non una traccia biologica sugli oggetti maneggiati dagli “orchi” o nei luoghi indicati come teatro dei loro indicibili riti (peluche, automobili, abitazioni degli indagati). Per giunta, non il ricordo di un genitore che pure avrebbe dovuto accorgersi delle tracce di violenza (e che violenza) sul proprio figlio. «L’istruttoria fa una indebita confusione tra indizie prove»e «la forte pressione dei genitori sui minori» non consente di escludere «un contagio dichiarativo», scrive allora la consigliera di Cassazione Claudia Squassoni. Non un giudice qualunque, ma un’autorità in materia di diritti dei minori e tra e le autrici della “Carta di Noto” sui diritti dell’infanzia violata.

Il giornalista del Foglio Claudio Cerasa, che seguì la storia delle accuse e la raccontò in un libro, ha ricordato oggi i toni con cui all’epoca i giornali raccontarono questa storia: è una lettura istruttiva, anche perché sono gli stessi toni enfatici, letterari e privi di dubbi, le stesse formule di plastica, con cui oggi si continuano a raccontare le storie di cronaca nera e gli arresti, definendo gli accusati “mostri” e “orchi”, nonostante tutto.