La legge elettorale spiegata da Renzi

La direzione PD ha approvato l'accordo trovato col centrodestra: proporzionale con eventuale premio di maggioranza e doppio turno; collegi piccoli e liste bloccate corte

Foto Andreoli Emilio - LaPresse15 12 2013 - Milano (Italia)PoliticaAssemblea Nazionale PD Partito Democratico presso MICO Milano CongressiNella foto: Matteo Renzi
Foto Andreoli Emilio - LaPresse15 12 2013 - Milano (Italia)PoliticaAssemblea Nazionale PD Partito Democratico presso MICO Milano CongressiNella foto: Matteo Renzi

La direzione del Partito Democratico ha approvato – con 111 favorevoli, 34 astenuti e nessun contrario – la relazione del segretario Matteo Renzi sull’accordo politico trovato sulla legge elettorale, la riforma del Titolo V della Costituzione e la riforma del Senato, dopo una serie di colloqui con gli altri partiti politici (su tutti, quello di sabato con Silvio Berlusconi). Renzi ha specificato che l’accordo politico è complessivo – «non è una riforma à la carte», ha detto – e quindi se il Parlamento decidesse di cambiare anche solo una delle sue parti fondamentali questo farebbe cadere l’intero accordo. Dopo la relazione di Renzi parte della minoranza del partito, Cuperlo su tutti, hanno criticato la proposta.

Legge elettorale
La legge elettorale su cui è stato trovato l’accordo è un sistema proporzionale in cui i seggi si attribuiscono su base nazionale (Renzi ha detto che il PD e Forza Italia avrebbero preferito attribuirli su base di collegio, ma hanno deciso di venire incontro alle richieste di NCD). I candidati eletti vengono scelti sulla base di circa 120 collegi – Renzi li ha chiamati «collegi plurinominali» – all’interno del quale ogni partito o coalizione presenterà una breve lista di candidati. Il sistema elettorale, come in Spagna, non prevede le preferenze. Renzi si è impegnato, finché sarà segretario del PD, a scegliere i candidati e il loro ordine in lista con le primarie, e a mantenere un «vincolo assoluto sulla rappresentanza di genere».

La legge prevede inoltre un premio di maggioranza ma solo per chi – coalizione o partito non coalizzato – ottiene almeno il 35 per cento dei voti, così da rispettare le indicazioni della Corte Costituzionale. Il premio di maggioranza porterebbe chi supera la soglia almeno al 53 per cento e al massimo al 55 per cento dei seggi. In ogni caso il premio non potrà portare a chi supera la soglia più del 18 per cento rispetto alla percentuale di voti ottenuta. Se nessuna coalizione o partito non coalizzato arriva al 35 per cento dei voti, si fa un doppio turno: ballottaggio secco, senza apparentamenti, non tra due candidati premier – la Costituzione non lo permette – bensì tra le due coalizioni o partiti non coalizzati che hanno ottenuto la maggior percentuale di voti su base nazionale. Chi vince il ballottaggio ottiene il 53 per cento dei seggi, la restante parte si distribuisce proporzionalmente tra chi ha superato la soglia di sbarramento: il 5 per cento per i partiti coalizzati, l’8 per cento per i partiti non coalizzati, il 12 per cento per le coalizioni.

 

Titolo V
Sarà eliminata la categoria “materia di competenza concorrente” tra Stato e regioni (ma la questione è più ampia di così, e riguarda anche i meccanismi di spesa delle regioni).

Riforma del Senato
Superamento del bicameralismo perfetto: i senatori saranno nominati, non riceveranno stipendio, non voteranno la fiducia al governo. «Da 945 si passa a 630 parlamentari», ha detto Renzi, che ha spiegato anche che la segreteria del PD chiuderà la riforma entro il 15 febbraio e che si augura venga approvata in prima lettura entro le elezioni europee.

foto: Andreoli Emilio – LaPresse