Bulgaria, Romania e Lettonia sono più europee, da oggi
Dal primo gennaio i cittadini bulgari e romeni possono lavorare in tutti i paesi della UE, e in Lettonia si usa l'euro al posto del lats
Mercoledì 1 gennaio 2014 è un giorno molto importante per tre paesi dell’Unione Europea: da oggi i cittadini di Romania e Bulgaria possono vivere e lavorare liberamente all’interno dei paesi della UE senza alcuna restrizione; mentre in Lettonia l’euro sostituisce il lats come moneta nazionale. La Lettonia, che dal 2004 è membro dell’Unione Europea, è il 18esimo paese ad adottare l’euro. Per i tre paesi sono traguardi significativi, che completano un processo di integrazione iniziato diversi anni fa, ma che comportano anche molte diffidenze da parte dei “ricchi” della UE, preoccupati che le nuove misure possano indebolire la stabilità dei mercati del lavoro e sistemi di welfare nazionali.
Bulgaria e Romania sono entrate nell’Unione Europea il primo gennaio del 2007: il loro trattato di adesione prevedeva un periodo transitorio di 7 anni durante il quale sarebbero rimaste valide una serie di restrizioni alla libera circolazione delle persone finalizzata alla ricerca di un’occupazione. La misura era stata voluta da alcuni paesi europei, specie Regno Unito, Francia e Germania, che temevano grandi trasferimenti di cittadini bulgari e romeni nel loro territorio.
Il Guardian racconta come nel Regno Unito la discussione politica sul tema sia diventata molto accesa nelle ultime settimane, in vista dell’abolizione delle restrizioni del primo gennaio. Le resistenze sono arrivate da esponenti di tutti i partiti politici, specialmente dai conservatori. Martedì 31 dicembre Philippa Roe, un membro del consiglio cittadino di Westminster, suddivisione amministrativa di Londra, ha accusato i rom della capitale di essere i responsabili di atti di vandalismo e microcriminalità: con l’arrivo di altri cittadini da Romania e Bulgaria, Roe ha spiegato che potrebbe essere necessario un aumento delle tasse cittadine, a meno che il governo di Londra non assista finanziariamente le amministrazioni locali. Il quotidiano britannico Daily Telegraph ha scritto che i governi di Bulgaria e Romania starebbero concedendo da tempo passaporti bulgari e romeni a cittadini di paesi che non fanno parte dell’Ue, come Moldavia e Macedonia: in modo che con le nuove regole in vigore dal primo gennaio 2014 possano lavorare anch’essi liberamente nei paesi dell’Ue.
Nonostante il dibattito pubblico e le preoccupazioni dei diversi partiti britannici, gli esperti non prevedono per ora alcun aumento significativo dei flussi migratori da Bulgaria e Romania. Il professor John Salt, dell’unità di studio delle migrazioni dello University College di Londra, ha detto al Guardian che le prenotazioni aeree per il nuovo anno dai due paesi verso il Regno Unito sono diminuite rispetto allo scorso anno, e nessuna compagnia aerea ha finora aumentato il numero dei voli su queste tratte. Tendenze simili sono state registrate anche per gli altri paesi UE.
Anche le reazioni riguardanti l’adozione dell’euro in Lettonia sono state controverse. Alcuni lettoni, scrive BBC, hanno espresso parecchio scetticismo a causa del momento di grave difficoltà economica che sta attraversando l’Europa. Inoltre il lats, la moneta nazionale fino al primo gennaio, è stato dagli inizi degli anni Novanta uno dei simboli più importanti dell’indipendenza della Lettonia dall’Unione Sovietica, e di conseguenza anche della sovranità nazionale.
La Lettonia è recentemente riuscita a uscire dalla grave crisi che aveva colpito la sua economia dal 2008, grazie anche a un prestito da 7,5 miliardi di euro da Fondo Monetario Internazionale e Unione Europea. Negli ultimi 5 anni il governo lettone ha attuato alcune delle riforme strutturali richieste dalla UE per consentire l’adozione dell’euro e l’economia è tornata a crescere con alcuni indici migliori rispetto alla media europea. Rimangono comunque alcuni dubbi, specialmente sulla debolezza del suo settore bancario che non sembra ancora in grado di fare controlli costanti e seri sulla legalità dei fondi che transitano sui conti delle banche nazionali.