La “web tax” è stata modificata
L'obbligo di partita IVA italiana è stato rimosso per le aziende estere di e-commerce, mentre rimane per chi compra e vende pubblicità da mostrare online in Italia
Dopo l’invito del segretario del Partito Democratico, Matteo Renzi, per cambiare la cosiddetta “web tax”, nella notte tra martedì 17 e mercoledì 18 novembre il testo del provvedimento che fa parte della legge di stabilità è stato modificato dalla commissione Bilancio della Camera. La versione rivista mantiene l’obbligo di utilizzo di una partita IVA italiana per chi compra e mostra pubblicità online in Italia ed elimina, invece, la parte riguardante il commercio elettronico. Nei giorni scorsi i due emendamenti sulla “web tax” erano stati criticati duramente dall’opposizione e da diversi esperti del settore; Matteo Renzi in due occasioni pubbliche aveva chiesto la sua revisione.
Le modifiche alla “web tax” sono state annunciate da Francesco Boccia, deputato del PD e presidente della commissione Bilancio della Camera, tra i primi a proporre un nuovo sistema di tassazione per le società attive su Internet – indirizzato principalmente a grande aziende come Google, Facebook e Amazon – che sfruttano le leggi del mercato unico europeo per mantenere le sedi locali delle loro controllate solo dove ci sono regimi fiscali più favorevoli.
La “web tax” modificata nella notte mantiene comunque diverse norme molto contestate. Prevede che una pubblicità da mostrare su un sito dovrà essere venduta solo da imprese registrate con partita IVA in Italia, evitando in questo modo che il nostro paese sia in un certo senso scavalcato nella compravendita di pubblicità. Gli annunci pubblicitari mostrati in Italia sono spesso acquistati e venduti all’estero, con meccanismi che tagliano fuori il fisco italiano, che non può rilevare transazioni né tassarli.
È stato mantenuto l’obbligo di effettuare pagamenti tracciabili nella fase di vendita e acquisto delle pubblicità. La parte rimossa riguarda quella sul commercio elettronico: le società straniere attive in questo settore non avranno l’obbligo di aprire una partita IVA italiana.
I molti detrattori dicono che la “web tax” allontanerà gli investitori stranieri e renderà molto più complicata la gestione della pubblicità su Internet, che nell’ultimo periodo ha subito un notevole calo a causa della crisi economica nel nostro paese. Ci potrebbero essere inoltre conseguenze gravi per le società che promuovono all’estero i loro prodotti su Internet. Infine, come ha scritto anche la rivista statunitense Forbes in un duro articolo, molte delle cose previste dalla “web tax” potrebbero essere ritenute contrarie alle regole sul mercato unico dell’Unione Europea, che potrebbe intervenire bocciando il provvedimento (e comminando una multa all’Italia per non avere rispettato le regole del gioco).
Sul Sole 24 Ore di mercoledì 18 dicembre Boccia ha comunque difeso la propria proposta, che ha portato agli emendamenti discussi in questi giorni, ricordando che “le nostre aziende che operano online e che pagano regolarmente le tasse al fisco italiano si trovano di fronte soggetti, in molti casi molto robusti, cui è consentito fare profitti non tassati. È o non è, questa, concorrenza sleale?”.
Boccia ha anche respinto le accuse sull’incompatibilità del provvedimento con le leggi europee:
Non mi addentro, invece, nella polemica fuori luogo e priva di fondamento sulla compatibilità con la normativa Ue, anzi, potremmo anche valutare di mettere da parte la questione «partita Iva» sul commercio elettronico se l’Unione europea si impegna, seriamente, a trovare un accordo entro il 2014, magari proprio durante il semestre di presidenza italiano. Ma sulla parte relativa alla pubblicità o al diritto d’autore no, perché stiamo parlando di aziende straniere che operano in Italia, vendono quasi sempre servizi italiani agli italiani, fanno profitti in Italia ed è giusto che paghino le tasse in Italia, come qualsiasi altra nostra azienda. È così eretico tutto questo?
La revisione e l’integrazione del testo della legge di stabilità nella commissione Bilancio della Camera sono terminate. I provvedimenti dovranno ora essere analizzati e discussi in aula, dove potrebbe essere proposta la soppressione dei due emendamenti che portano all’istituzione della “web tax”. Potrebbero proporla Forza Italia o il Movimento 5 Stelle, tra i più critici sul provvedimento. Potrebbe anche intervenire direttamente il governo sul tema, prima di porre la fiducia sull’intero pacchetto della legge di stabilità per accelerare la sua approvazione in Parlamento.