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  • Mercoledì 18 dicembre 2013

Gli scontri in Sud Sudan

La situazione peggiora: negli ultimi giorni sono morte 400 persone e si teme l'inizio di una guerra civile

In this handout image from the United Nations Mission in South Sudan, taken on Tuesday, Dec. 17, 2013, Civilians arrive at UNMISS compound adjacent to Juba International Airport to take refuge. Sporadic gunfire rang out in the capital, Juba, overnight as the military "cleared out remnants" of a faction of soldiers accused of mounting a coup attempt, the country's foreign minister said Tuesday amid an ongoing hunt for the former deputy president who is accused of leading the failed plot. (AP Photo/UNMISS/Rolla Hinedi)
In this handout image from the United Nations Mission in South Sudan, taken on Tuesday, Dec. 17, 2013, Civilians arrive at UNMISS compound adjacent to Juba International Airport to take refuge. Sporadic gunfire rang out in the capital, Juba, overnight as the military "cleared out remnants" of a faction of soldiers accused of mounting a coup attempt, the country's foreign minister said Tuesday amid an ongoing hunt for the former deputy president who is accused of leading the failed plot. (AP Photo/UNMISS/Rolla Hinedi)

Dopo gli scontri di domenica scorsa a Juba, la capitale del Sud Sudan, le violenze si sono intensificate: da due giorni le fazioni rivali dell’esercito del Sud Sudan combattono per le strade della città. Secondo alcune fonti locali dell’ONU ci sono già circa 400 morti e il numero dei feriti potrebbe arrivare a 800. Gerard Araud, attuale presidente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, dice che quasi 20.000 sudsudanesi si sono rifugiati nelle strutture delle Nazioni Unite e c’è il rischio che inizi una guerra civile.

In Sud Sudan – lo stato più giovane del mondo e uno dei paesi più poveri al mondo, nonostante le sue riserve petrolifere ricchissime – la popolazione si divide principalmente in due etnie: i Dinka, il gruppo dominante, e i Nuer. Il presidente Salva Kiir, che appartiene alla prima, lunedì ha denunciato un tentativo di colpo di stato da parte dei sostenitori dell’ex vice-presidente Riek Machar, che invece appartiene al gruppo dei Nuer. Machar, che ora è latitante, ha negato qualsiasi coivolgimento negli scontri di domenica notte, che avevano coinvolto le due fazioni dell’esercito e che erano cominciati probabilmente a causa di voci circa il presunto arresto di Macher. L’ex vice-presidente fu allontanato dalle posizioni di potere lo scorso luglio, assieme a tutti i ministri. Tra lunedì e martedì Kiir ha fatto arrestare dieci importanti politici, tra cui l’ex ministro dell’Economia, e la casa di Machar ieri è stata bombardata con i carri armati. Quella che però sembrava una lotta interna al partito di governo ora si sta espandendo e secondo gli analisti sta diventando un vero e proprio scontro etnico tra i Dinka e i Nuer.

L’esercito del Sud Sudan è composto da soldati appartenenti a diverse etnie che per vent’anni, prima della nascita della nazione, avevano combattuto l’una contro l’altra. Queste divisioni sono esplose negli ultimi giorni e nella capitale Juba si sono verificate sparatorie e esplosioni. In molti sono preoccupati che il conflitto possa estendersi dall’esercito all’intera popolazione. Il governo, comunque, ha negato che le cause delle tensioni siano le divisioni etniche.

Foto: Alcuni civili arrivano ad una struttura ONU vicina all’aeroporto di Juba per cercare rifugio. (AP Photo/UNMISS/Rolla Hinedi)