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  • Martedì 10 dicembre 2013

Il futuro capitano della Roma

Non Daniele De Rossi, quello ancora dopo: la storia fin qui di Alessandro Florenzi

AS Roma midfielder Alessandro Florenzi (L) and Dutch forward Kevin Strootman celebrate after teammate Marco Borrielo scored against Chievo during their Serie A football match in Rome's Olympic Stadium on October 31, 2013. AFP PHOTO /Filippo MONTEFORTE (Photo credit should read FILIPPO MONTEFORTE/AFP/Getty Images)
AS Roma midfielder Alessandro Florenzi (L) and Dutch forward Kevin Strootman celebrate after teammate Marco Borrielo scored against Chievo during their Serie A football match in Rome's Olympic Stadium on October 31, 2013. AFP PHOTO /Filippo MONTEFORTE (Photo credit should read FILIPPO MONTEFORTE/AFP/Getty Images)

Fabrizio Gabrielli sulla rivista online Ultimo Uomo ha raccontato la storia di Alessandro Florenzi, 22enne calciatore della Roma capace di giocare in più ruoli – terzino, mediano, mezzala, attaccante – che da promettente calciatore romano e romanista è finito a giocare titolare e a esordire in Nazionale, con discreti risultati (circa un mese fa ha segnato il suo primo gol contro l’Armenia, e in campionato e ne ha già fatti quattro). Più o meno lo stesso percorso che negli anni hanno fatto anche Francesco Totti e Daniele De Rossi, dei quali oggi è il più accreditato successore.

A cavallo tra Vitinia e Acilia, propaggini d’agro Romano, terra di fraschette e vino buono. È qui che è cresciuto Alessandro Florenzi: dentro il centro sportivo San Giorgio, dove i genitori, mamma Luciana e papà Luigi – un passato da bomber sui campi dell’Eccellenza laziale – gestivano il bar-pizzeria e lui ha iniziato a tirare i primi calci al pallone. Il calcio, a casa Florenzi, è una questione di pane quotidiano. Anche il fratello gioca, è (o almeno era) molto bravo: si chiama Emiliano, l’ultima notizia che son riuscito a trovare su di lui lo annovera nel Dragona, in Prima Categoria. I Florenzi tifano tutti per la Roma. La prima volta allo stadio di Alessandro è nella stagione 1995-1996, l’ultima con Mazzone sulla panchina e il “Principe” Giannini con la 10. È anche la stagione in cui Francesco Totti viene convocato per la prima volta in Nazionale. Nel San Giorgio Acilia rimane cinque o sei anni. Le sue giornate sono la fotocopia di quelle di centinaia di migliaia di ragazzini italiani: la mamma lo passa a prendere all’uscita da scuola e vanno al centro sportivo. Lei lavora. Lui si barcamena tra divisioni in colonna e analisi grammaticali; poi, finiti i compiti, dribbling ostinati sulla fascia.

Uno dei migliori amici d’infanzia di Alessandro Florenzi è Emanuele Propizio, che oggi fa l’attore (è apparso sul grande schermo in Grande, Grosso e…Verdone e Mio fratello è figlio unico, oltre a due stagioni de I liceali). «Giocavamo insieme da piccoli, anche a pallone; siamo dello stesso anno e della stessa zona. Io abito a Casal Palocco, lui è di Vitinia», dice in un’intervista al Romanista (e non si capisce se venga intervistato in quanto celebrità, amico di un calciatore ormai famoso o entrambe le cose). Entrambi sognavano di diventare forti come Francesco Totti. «Quando parliamo di una persona, che è il Capitano, puoi vedere che ci brillano gli occhi, a tutti e due. Senza nulla togliere agli altri, però per i ragazzi della nostra età è come se fosse una figura mitologica. Noi siamo nati con lui, non abbiamo mai visto la Roma senza di lui. È una figura che va oltre.»

A nove anni Florenzi si trasferisce alla Lodigiani (come Totti), a conti fatti è la terza squadra di Roma. Ci rimane due anni, poi siccome è in gamba Lazio e Roma se lo contendono. Alessandro non ha il minimo dubbio su chi scegliere: «Sono venuto a Trigoria, ho parlato con Bruno Conti, nel suo ufficio: immaginate l’emozione… In quindici minuti avevo già deciso, ma ne sono serviti anche meno». Si allena al Tre Fontane, all’Eur, neppure troppo distante da casa. Contende un posto da titolare al suo amico Bertolacci. Non sempre vince lui. Solo a partire dagli Allievi Nazionali comincia a frequentare il centro sportivo Fulvio Bernardini a Trigoria. E ad allenarsi a qualche passo di distanza dai grandi campioni della prima squadra, e Alessandro ci crede ancora mica tanto. La domenica, qualche volta, è a bordo campo durante le gare casalinghe per fare il raccattapalle. Il padre gli dice, scherzando ma non troppo: «Alessa’, pensa se un giorno dovessi dare palla a Totti con i piedi, invece che con le mani…». Altre volte è più severo. Lo chiama “somaro”. Poi sorride sotto i baffi.

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