L’arresto di Michael Jackson

Avvenne dieci anni fa, portò a quello che fu definito prima "il processo del secolo" e poi "uno degli episodi più vergognosi nella storia del giornalismo"

Dieci anni fa, il 20 novembre del 2003, Michael Jackson si consegnò spontaneamente alla polizia di Santa Barbara, in California. Il giorno prima, il 19 novembre, il tribunale della città aveva spiccato un mandato d’arresto nei suoi confronti con l’accusa di molestie sessuali a un minore di 14 anni. Pochi mesi dopo iniziò quello che venne chiamato da alcuni “il processo del secolo”.

Le indagini
Le indagini che portarono all’arresto della più famosa popstar del mondo cominciarono nel giugno del 2003, quando uno psichiatra, Stan Katz, riferì alla polizia di Santa Barbara che alcuni minori che aveva in cura gli avevano raccontato di aver subito molestie sessuali mentre erano ospiti al Neverland Ranch, la residenza di Michael Jackson.

I nomi dei due minori vennero rivelati soltanto dopo la conclusione del processo. Si chiamavano Gavin Alvizo, che secondo l’accusa aveva subito le molestie, e Star Alvizo, il fratello di Gavin, che sempre secondo l’accusa aveva assistito per due volte alle molestie subite da Gavin.

Il modo con cui lo psicologo Katz e la polizia vennero a sapere delle presunte molestie fu piuttosto interessante e molto dibattuto dalla difesa nel corso del procedimento. Alla fine della primavera del 2003 Janet Arvizo, la madre di Gavin e Star, decise di recarsi da un avvocato per un consulto. Arvizo, una donna che aveva già avuto diversi problemi legali, diede diverse versioni sul perché aveva bisogno di un consulto legale in quel momento.

Una delle versioni che diede fu che i suoi figli le avevano parlato delle molestie subite da Jackson e desiderava consultare un avvocato per sapere come avrebbe dovuto regolarsi. La cosa curiosa, secondo la difesa di Jackson, fu che ancora prima di andare alla polizia decise di rivolgersi allo stesso dottore, Katz, e allo stesso avvocato, Larry Feldmann, che nel 1993 erano riusciti a ottenere da Jackson un accordo extra-giudiziale da 20 milioni di dollari per chiudere fuori dal tribunale un altro caso di molestie sessuali, quello di Jordan Chandler.

L’avvocato, Feldmann, portò i bambini da Katz, che li intervistò – e quando i due parlarono delle molestie sessuali subite da Michael Jackson, si rivolse alla polizia di Santa Barbara che nel luglio del 2003 interrogò i due bambini per la prima volta.

Il caso, in realtà, era nato ancora prima, quando nel febbraio del 2003 era stato mandato in onda un documentario sulla vita di Jackson, “Living with Michael Jackson”. Nel film Jackson raccontava che spesso dava un aiuto finanziario alle famiglie di bambini con gravi malattie e che le ospitava, anche per lunghi periodo, nel suo ranch.

Durante il periodo delle riprese erano ospiti a Neverland proprio gli Arvizo. Gavin era stato operato di tumore nel 2000 e Jackson aveva pagato tutte le spese mediche. Alcune scene del film lasciavano intuire un rapporto ambiguo di Jackson con i bambini. In una scena particolarmente controversa Jackson racconta di quando Gavin e Star dormirono nel suo letto, specificando che lui quella notte dormì per terra.

Jackson disse che gli era capitato altre volte di far dormire dei minorenni nella sua stanza, per esempio l’attore Macauley Culkin (quello di Mamma ho perso l’aereo). In un’altra scena Jackson e Gavin si tenevano per mano. L’autore del documentario insistette molto su questi punti, incalzando Jackson con domande sull’ambiguità di questo comportamento e aggiungendo al film diversi commenti critici verso Jackson.

L’arresto
Sulla base delle accuse dei due Arvizo, il 18 novembre 2003, 70 agenti di polizia eseguirono una perquisizione nel ranch di Neverland – l’azione fu poi criticata per il numero di agenti che aveva coinvolto. Il procuratore che seguiva il caso era Thomas Sneddon, lo stesso che aveva portato avanti il caso Chandler 10 anni prima. Il 19 novembre il tribunale mise online una pagina in cui chiedeva a tutte le vittime di abusi da parte di Michael Jackson e a tutti quelli a conoscenza di suoi comportamenti illeciti di recarsi dalla polizia.

Quando venne spiccato il mandato d’arresto, il 19, Jackson si trovava a Las Vegas per registrare un video. Immediatamente gli avvocati di Jackson iniziarono le trattative per trovare il modo di permettere a Jackson di costituirsi e nel contempo raccogliere il denaro necessario alla cauzione (qui potete leggere l’articolo originale pubblicato sul New York Times quel giorno).

Jackson arrivò all’aeroporto di Santa Barbara su un aereo noleggiato e fu prelevato dalla polizia. Quando arrivò alla prigione della contea la notizia dell’arresto si era oramai diffusa e fuori dall’auto c’erano moltissimi fan e giornalisti. Nel momento in cui usciva dalla macchina vennero scattate diverse foto di Jackson con le mani ammanettate dietro le schiena. Jackson fu rilasciato immediatamente dopo aver versato una cauzione di tre milioni di dollari.

Il processo
Nell’aprile del 2004 il gran giurì, una delle fasi del processo penale americano, decretò il rinvio a giudizio di Michael Jackson e nel gennaio 2005 cominciò quello che venne definito “il processo del secolo”. Centinaia di giornalisti da tutto il mondo arrivarono in California per seguire le varie fasi del dibattimento. In alcune occasioni fuori dal tribunale erano presenti più di 2 mila giornalisti (qui potete leggere lo speciale del Washington Post con tutta la storia del processo).

Il giudice emise un’ordinanza con cui vietava a quasi tutte le parti in causa di parlare con i giornalisti, ma ci furono comunque moltissime fughe di notizie che riempirono le prime pagine dei giornali. L’atteggiamento della stampa, e in particolare quello dei tabloid scandalistici, fu in gran parte favorevole alla famiglia Arvizo. Moltissimi commentatori descrissero il processo con toni da “lotta di classe”: una famiglia povera che cercava di avere giustizia da un uomo ricchissimo e in grado di influenzare la giustizia.

Alla denuncia della famiglia Arvizo se ne aggiunsero presto molte altre. Si trattava in particolare di ex-dipendenti di Jackson che testimoniarono di averlo visto mentre molestava altri minorenni nel corso degli anni Novanta. Alle accuse originali di molestie si aggiunsero anche quelle di aver mostrato ai due fratelli Arvizo del materiale pornografico e di avergli fatto bere alcolici.

Tutte le principali testimonianze dell’accusa vennero smontate dai contro-interrogatori della difesa. Le testimonianze dei fratelli Arvizo si rivelarono in contrasto le une con le altre e contraddicevano i primi interrogatori rilasciati alla polizia. Si scoprì che alcune prove dell’accusa erano state manipolate: per esempio si scoprì che la rivista pornografica che secondo l’accusa Jackson aveva mostrato a Gavin era stata pubblicata soltanto mesi dopo la data delle presunte molestie.

Inoltre si scoprì che le impronte digitali sulla rivista erano state lasciate da Gavin probabilmente durante l’esame della prova nel gran giurì, alcuni mesi prima. Il procuratore, invece, aveva presentato la prova imbustata, come se fosse stata trovata in quello stato durante la perquisizione al Neverland Ranch.

Gli altri accusatori si rivelarono dei testimoni deboli e poco credibili. Anche le loro dichiarazioni erano in contraddizione le une con le altre. Chi era stato indicato come una vittima delle molestie di Jackson smentì le accuse. Si scoprì che gran parte di questi nuovi accusatori erano ex-dipendenti di Jackson licenziati e poi condannati per aver rubato documenti e altro materiale e averlo venduto ai tabloid.

Nel corso del processo divenne evidente che l’accusa non disponeva di basi solide per portare avanti il caso. Le uniche prove consistevano in numerosi numeri di riviste erotiche come Playboy e Hustler, perfettamente legali, e in alcuni libri di fotografia in cui erano raffigurati giovani ragazzi poco vestiti (anche questi legali). I vari testimoni si rivelarono inaffidabili oppure le loro testimonianze vennero smontate dai contro-interrogatori della difesa. Il 13 giugno 2005 la giuria decise all’unanimità di assolvere Jackson da tutte le accuse.

Dopo il processo
Secondo molti dei commentatori che hanno ricostruito le varie fasi del processo, la stampa si comportò in modo poco equilibrato nei confronti di Michael Jackson. Le testimonianze dell’accusa ottennero spesso molta più attenzione degli elementi portati dalla difesa. I contro-interrogatori che permisero di smontare l’accusa e che portarono i giurati a decidere per l’assoluzione non ricevettero altrettanta copertura rispetto alle testimonianze degli accusatori.

A un certo punto il semplice numero di nuovi accusatori che sembravano arrivare ogni settimana dava l’impressione che Jackson fosse colpevole. L’affidabilità di questi testimoni però era estremamente bassa e solo pochi giornali diedero conto di questo fatto. Il giornalista Matt Drudge – quello che diventò poi famoso per aver fondato il Drudge Report, una specie di mega-aggregatore trash – scrisse che Jackson era stato «letteralmente crocifisso». Il giornalista dello Huffington Post Charles Thomson arrivò a definire il modo con cui la stampa aveva seguito il processo «uno degli episodi più vergognosi nella storia del giornalismo».