• TV
  • Venerdì 8 novembre 2013

I talk show sono in crisi?

Sono il 50 per cento in più dell'anno scorso ma gli ascolti faticano, e l'età media degli spettatori è 61 anni

Francesco Siliato ha commentato su Europa il grande aumento dei talk show politici che c’è stato nei palinsesti delle reti televisive italiane negli ultimi mesi. Sono trasmissioni che costano poco e che sembrano venire incontro a un desiderio di informazione causato dalla crisi economica, ma «nessuno dei nuovi programmi raggiunge un ascolto paragonabile a quello prodotto dai vecchi e nessuna delle nuove proposte serve a migliorare la quota d’ascolto media della rete che le trasmette». L’età media di chi li segue, poi, è salita nel tempo ed è oggi a 61 anni.

Trecentoquaranta ore e trentatré minuti. A tanto ammonta l’offerta di trasmissioni dedicate alla politica da parte delle reti generaliste. Senza contare le ore di trasmissioni, domenicali e non, che pure non disdegnano di offrire spazi a partiti e politici, e il tributo quotidiano di Striscia la notizia.

A questo punto della stagione televisiva lo scorso anno le ore di talk politici furono duecentoventisei mentre duecentododici furono nel 2011. Un aumento di logos politico di oltre centodieci ore in due mesi vale un incremento del 50 per cento, un’occupazione di palinsesto inusuale. I talk show costano meno di quasi tutte le altre tipologie di programma e, in tempi di crisi, già questo è sembrato ai direttori una buon motivo per farli. La crisi economica stessa, hanno immaginato i progettisti di palinsesti, è un’altra buona ragione per spingere il pubblico a seguire le vicende della politica. Senza trascurare l’effetto indotto dalla captatio benevolentia dei potenti verso chi li ospita. Ai soliti programmi se ne sono aggiunti quindi di nuovi e le reti mettono in piazza format più o meno fantasiosi per catturare pubblici, o rispolverano formule già abbandonate pensando possano tornare utili.

Ma le cose non vanno come previsto. Nessuno dei nuovi programmi raggiunge un ascolto paragonabile a quello prodotto dai vecchi e nessuna delle nuove proposte serve a migliorare la quota d’ascolto media della rete che le trasmette.

(continua a leggere sul sito di Europa)