Due donne per la presidenza del Cile
Michelle Bachelet, di sinistra, e Evelyn Matthei, di destra, si confronteranno alle elezioni del 17 novembre, con programmi di governo molto ambiziosi
Il prossimo 17 novembre in Cile sarà giorno di elezioni: si voterà per eleggere il nuovo presidente, che andrà a sostituire il conservatore Sebastián Piñera (in carica dal gennaio 2010) e tutti i deputati e senatori del parlamento nazionale. Questa tornata elettorale è molto attesa per diverse ragioni: la più importante è la candidatura della 62enne socialista Michelle Bachelet, presidente cilena in carica dal 2006 al 2010, che competerà con altri 8 candidati. La sua principale sfidante è la 60enne Evelyn Matthei, candidata della coalizione conservatrice Alianza e prima donna della destra cilena a competere per il ruolo di presidente. Nelle ultime due settimane i candidati hanno presentato i rispettivi piani di governo, alcuni dei quali molto ambiziosi.
L’ultima in ordine di tempo ad avere diffuso il suo programma di governo, un documento lungo quasi 200 pagine, è stata Bachelet. Il suo programma, che sta già facendo molto discutere, prevede un piano di spesa di 15,1 miliardi di dollari e si basa in particolare sull’attuazione di una riforma tributaria per riformare il sistema dell’istruzione in Cile. Le possibilità di Bachelet di poter mettere in pratica questo piano sembrano molto buone: dai sondaggi pre-elettorali l’ex presidentessa è data come strafavorita, con oltre il 50 per cento dei consensi, molto avanti rispetto alla sua diretta concorrente. La sua capacità di governo dipenderà però molto anche dall’ampiezza e dalla solidità della maggioranza che uscirà dalle prossime elezioni, come lei stessa ha spiegato negli interventi pubblici di queste ultime settimane.
Michelle Bachelet è molto popolare in Cile e la sua candidatura era stata considerata una buona notizia dalla coalizione di centrosinistra di cui fa parte, Nuova Mayorìa. Nel 2010 il centrosinistra aveva subito la sua prima sconfitta dopo vent’anni ininterrotti di governo, e da allora ha avuto diversi problemi a rimanere unita. La candidatura di Matthei, al contrario, è stata un po’ rocambolesca. Il candidato del suo partito era inizialmente Pablo Longueira, vincitore delle primarie della coalizione Alianza in cui aveva partecipato anche l’esponente di Renovación Nacional (partito di riferimento di Piñera), Andrés Allamand. Longueira aveva poi rinunciato per problemi di salute, ed era subentrata Matthei, non senza qualche resistenza. Matthei ha una buona esperienza politica alle spalle: è stata eletta deputata per la prima volta nel 1989 e senatrice nel 1997. Nel gennaio 2011 è stata nominata ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale nel governo dall’attuale presidente cileno, Sebastián Piñera, incarico cui poi ha rinunciato per candidarsi ufficialmente alle presidenziali. A inizio mese anche Matthei ha presentato il suo programma di governo – un piano da oltre 16 miliardi di dollari di interventi – che prevede, tra le altre cose, un’attenzione maggiore nei confronti della lotta alla delinquenza e al narcotraffico.
Oltre a Bachelet e Matthei, alle elezioni del 17 novembre ci saranno altri 7 candidati: Franco Parisi Fernández, 46 anni, candidato indipendente; Marcel Claude Reyes, 56 anni, direttore del giornale El Rastro e candidato del Partido Humanista, forza politica di sinistra cilena (Reyes ha ottenuto l’appoggio anche di Izquierda Unida); Ricardo Israel Zipper, 63 anni, candidato del Partido Regionalista de los Independientes, di orientamento centrista e regionalista; Marco Enríquez-Ominami Gumucio, 40 anni, candidato del Partido Progresista di centrosinistra (Gumucio era già candidato nelle elezioni presidenziali del 2009, dove ottenne il 20 per cento dei voti); Roxana Miranda Meneses, 46 anni, candidata di un altro partito di sinistra, il Partido Igualdad; Alfredo Sfeir Younis, 66 anni, candidato del Partido Ecologista Verde; e Tomás Jocelyn-Holt Letelier, 50 anni, altro candidato indipendente.
La favorita delle elezioni, Michelle Bachelet, è un’ex pediatra con una storia personale di vittima della dittatura del generale Pinochet (conclusa alla fine degli anni Ottanta), che arrestò e torturò il padre, un generale dell’aviazione che era stato anche funzionario del governo Allende, abbattuto dal colpo di stato militare nel 1973. Michelle Bachelet lasciò il paese nel 1975 e ritornò quattro anni più tardi, dedicandosi alla medicina e riavvicinandosi al Partito Socialista (allora fuorilegge). Dopo il ritorno alla democrazia rimase per diversi anni sconosciuta a livello pubblico finché nel 2000 il presidente Ricardo Lagos la nominò ministro della Salute e poi della Difesa, la prima donna in tutto il Sudamerica a ricoprire quell’incarico: diventò in pochi anni uno dei politici più popolari del paese.
Bachelet è stata un leader carismatico e piuttosto inaspettato per un paese conservatore e tradizionalista come il Cile: non è credente ed è madre divorziata di tre figli. I suoi critici dicono che il suo successo è troppo personalistico e che durante il suo mandato non è stata abbastanza coraggiosa nel processo di riforma, ma quello che ha realmente nuociuto alla sua popolarità fu la risposta del governo nel ristabilire l’ordine e far partire i soccorsi dopo il devastante terremoto che colpì il paese nel febbraio del 2010 (nelle ultime settimane del suo mandato), ritenuta da alcuni troppo lenta e inefficiente. Se dovesse vincere le presidenziali del 17 novembre, sarebbe la prima a ricoprire l’incarico di presidente del Cile per due mandati dopo la fine della dittatura.
Foto: Michelle Bachelet (di spalle) saluta Evelyn Matthei durante un dibattito per le elezioni presidenziali il 25 ottobre (HECTOR RETAMAL/AFP/Getty Images)