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  • Domenica 27 ottobre 2013

In Georgia si vota per eleggere il presidente

E sono elezioni molto importanti: il presidente uscente appoggia un candidato, mentre il primo ministro (che ha una storia davvero particolare) ne appoggia un altro

18.00 – David Bakradze, il candidato appoggiato dal presidente uscente, ha concesso la vittoria al suo avversario Giorgi Margvelashvili.

Aggiornamento, 17.30 – Secondo gli exit polls, il candidato Giorgi Margvelashvili, sostenuto dal primo ministro Bidzina Ivanishvili, ha vinto con ampio margine le elezioni presidenziali: sarebbe intorno al 67 per cento.

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Domenica 27 ottobre in Georgia si vota per le elezioni presidenziali. I candidati sono 23 e se nessuno di loro riuscirà ad ottenere più del 50 per cento dei voti ci sarà un secondo turno tra i due candidati che ne avranno ottenuti di più. Queste elezioni, definite da molti le prime elezioni corrette e regolari della storia del paese, sono molto importanti per la Georgia e altrettanto complicate.

Ci sono due candidati principali, ciascuno appoggiato da una delle due più importanti cariche del paese. Il favorito è Giorgi Margvelashvili, stretto alleato dell’attuale primo ministro Boris “Bidzina” Ivanishvili (un personaggio molto particolare di cui parleremo tra poco). Il presidente del paese, Mikheil Saakashvili, al potere dal 2004, appoggia invece David Bakradze, che secondo i sondaggi è però staccato di molto dal suo avversario.

Breve storia di un paese complicato
La Georgia è un paese del Caucaso di 4,5 milioni di abitanti, che confina a nord con la Russia e a sud con Turchia, Armenia e Azerbaijan. Si parla il georgiano, una lingua che secondo gli studiosi non è imparentata con nessun’altra famiglia linguistica (ha anche un suo alfabeto specifico). La maggior parte degli abitanti è di religione ortodossa. Il paese – dove nel 1878 era nato Ioseb Besarionis dze Jugashvili, meglio conosciuto come Stalin – ottenne l’indipendenza dall’Unione Sovietica nel 1991 e per molti anni fu una delle più instabili repubbliche ex sovietiche. Ci furono colpi di stato, guerre civili e la Russia intervenne per appoggiare l’indipendenza di due regioni autonome del paese: l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud (per cui si combatté di nuovo nel 2008).

Nel 2003 Eduard Shevardnadze, che di fatto aveva governato come un dittatore dal 1992, venne deposto dalla “rivoluzione delle rose”. Nel 2004 venne eletto per la prima volta l’attuale presidente, Mikheil Saakashvili, definito un filo-occidentale, che alle attuali elezioni non si è potuto candidare perché ha già svolto due mandati. Saakashvili vinse le prime elezioni quando aveva 36 anni e divenne il più giovane capo di stato del mondo.

Saakashvili non è un personaggio semplice da riassumere: l’Economist ha riassunto così i dieci anni di governo di Saakashvili: «Ha guidato la Georgia attraverso una rivoluzione culturale, modernizzandola, scuotendole di dosso i residui sovietici e ridando al paese un ruolo nella politica internazionale. Ha anche combattuto e perso una guerra contro la Russia, represso l’opposizione, controllato i media, interferito con il sistema giudiziario e monopolizzato il potere».

Saakshvili ha anche migliorato il sistema fiscale del paese, un risultato ammesso anche dai suoi avversari, che però criticano come sia stato speso il denaro ottenuto: ad esempio per finanziare le campagne elettorali del partito del presidente. Ha anche combattuto la corruzione, ottenendo risultati che gli sono stati riconosciuti anche dalla Banca Mondiale.

Lo sfidante
Negli ultimi anni, il quadro politico georgiano si è complicato per l’ingresso in politica di un altro personaggio molto carismatico e molto particolare: Boris “Bidzina” Ivanishvili, 185esimo uomo più ricco del mondo, attuale primo ministro e sponsor di Margvelashvili, il favorito di queste elezioni.

Ivanishvili è diventato ricco negli anni successivi alla caduta dell’Unione Sovietica. Ha vissuto a lungo all’estero, in Russia e Francia (paese di cui è anche cittadino). Dal 2004 è tornato a vivere in Georgia dove ha condotto una vita molto diversa da quella che viene di solito associata agli oligarchi arricchitisi dopo la caduta dell’Unione Sovietica.

Dal suo ritorno in Georgia fino a quando decise di entrare in politica, nel 2011, Ivanishvili rilasciò una sola intervista. Fece anche numerose opere di beneficenza, costruendo scuole e ospedali, ma facendo anche pochissima pubblicità alle donazioni, tanto da guadagnarsi il soprannome di “Conte di Montecristo”. In Georgia si racconta che moltissimi artisti e intellettuali siano mantenuti da Ivanishvili, che possiede anche una grande collezione di opere d’arte che comprende quadri di Frida Kahlo e di Picasso.

Nel 2012 il suo partito, “Sogno georgiano”, vinse le elezioni legislative e Ivanishvili diventò primo ministro. Ma la Georgia è una repubblica presidenziale, dove la maggior parte dei poteri sono nelle mani del presidente: tra Ivanishvili e il presidente Saakshvili ci furono da subito duri contrasti e i due si scambiarono dichiarazioni e accuse (continuate anche nel corso dell’ultima campagna elettorale). Sorprendendo gran parte dei georgiani e degli osservatori internazionali, nel settembre 2013, poco più di un mese prima delle elezioni presidenziali, Ivanishvili ha annunciato con una lettera pubblica la sua intenzione di dimettersi entro la fine dell’anno.

Nella lettera Ivanishvili critica gli altri partiti georgiani per essere costruiti intorno a figure carismatiche che annullano la democrazia e il dibattito interno. Descrive il suo partito come una coalizione, dove sono rappresentati interessi diversi, e che non dipende dalla sua figura per continuare ad esistere. Ha anche annunciato quale sarà il suo prossimo impegno politico: continuare a cercare di trasformare la società civile georgiana e renderla in grado di essere il controllore dei suoi governanti.

Nei prossimi mesi, dopo le elezioni i cui risultati saranno dichiarati solo entro il 16 novembre, dovrebbero entrare in vigore una serie di emendamenti costituzionali che trasformeranno il paese in una repubblica parlamentare, aumentando quindi i poteri del primo ministro rispetto a quelli del presidente.