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  • Giovedì 24 ottobre 2013

Cosa c’è nell’autobiografia di Morrissey

Il libro sta avendo un successo notevole, racconta molte cose sugli Smiths dalla loro formazione alla fine del gruppo, battaglie legali comprese

LOS ANGELES – APRIL 23: Singer Morrissey performs April 23, 2004 at the Wiltern LG in Los Angeles, California. The former Smiths frontman sold out five consecutive nights in Los Angeles. (Photo by Karl Walter/Getty Images)

LOS ANGELES – APRIL 23: Singer Morrissey performs April 23, 2004 at the Wiltern LG in Los Angeles, California. The former Smiths frontman sold out five consecutive nights in Los Angeles. (Photo by Karl Walter/Getty Images)

L’autobiografia di Steven Patrick Morrissey, 54 anni, ex cantante degli Smiths e poi solista noto come Morrissey, si intitola Autobiography ed è uscita il 17 ottobre nel Regno Unito: da allora ha venduto più di 34 mila copie, diventando la più venduta autobiografia di un musicista nella prima settimana dall’uscita. Parte del successo, secondo alcuni, è che il libro – per scelta dello stesso Morrissey – è stato pubblicato in un formato economico dall’editrice Penguin (costa 8,99 sterline, circa 10,5 euro), senza che prima fosse diffusa l’edizione in brossura. Il libro, inoltre, è stato pubblicato nella collana Classici Moderni (quella dove sono pubblicati scrittori moderni e contemporanei già affermati), cosa che secondo l’Independent significa che «Penguin ha svenduto il marchio [editoriale] più importante di Londra».

Jessica Winter ha scritto su Slate che il libro «sembra non aver avuto una revisione editoriale»: non è diviso in capitoli e manca un indice dei paragrafi (il primo dei quali è lungo quattro pagine e mezzo). È inoltre cronologicamente lineare, ma contiene lunghissime digressioni.

Se ne è parlato molto, nella maniera in cui si parla dei libri delle/sulle rock-star: circolano aneddoti leggendari, frasi estrapolate dal contesto, provocazioni e tutto il resto. Il libro in generale ha comunque ricevuto buone recensioni.

Chi è Morrissey
È nato in un quartiere operaio di Manchester il 22 maggio del 1959: a 18 anni era il presidente del fan club inglese dei New York Dolls, un gruppo rock americano che faceva punk prima che esistesse “il punk” come genere riconosciuto. Per anni, dopo la scuola superiore, scrisse recensioni di dischi e concerti che propose a riviste musicali come NME e Melody Maker, senza grande successo: nel frattempo cantò in molte band minori, fino al 1982 quando conobbe il chitarrista Johnny Marr. Assieme formarono gli Smiths: suonavano un rock raffinato e vicino al pop, reso particolare dalla voce lamentosa e dall’originale presenza sul palco di Morrissey (era solito fare cose come lanciare fiori sul pubblico, e cantare da sdraiato, sul palco). Fecero un successo pazzesco, durarono 5 anni (e 4 dischi) e poi si sciolsero: da allora Morrissey ha avuto un’ottima carriera solista, alimentando in parallelo un efficace culto della propria persona.

Ha spesso preso posizioni piuttosto nette riguardo la situazione politica inglese  – prendendosela in particolare con Margaret Thatcher, ai tempi – e in generale contro la monarchia britannica («il suo pieno significato è, come la regina stessa, un mistero per molte persone»), o, ancora, elogiando pubblicamente i benefici del vegetarianesimo; ha inoltre definito il concerto per beneficenza del Live Aid organizzato da Bob Geldof nel 1985 «la cosa più ipocrita mai fatta nella storia della musica pop». Si è sempre rifiutato di chiarire il suo orientamento sessuale, nonostante le parecchie voci a riguardo – spesso alimentate da sue frasi o atteggiamenti.

(Fermatemi, se vi sembra di averla già sentita) di Luca Sofri

Non ha comunque mai smesso di fare dischi: da quando gli Smiths si sono sciolti ne ha fatti nove, quasi tutti di buon successo. L’ultimo è del 2009, e si chiama Years of Refusal. Ha detto di aver finito di scrivere la propria autobiografia nel 2011.

Di cosa parla il libro
Morrissey scrive nel libro che negli anni Novanta ebbe una relazione con un uomo, e che durò per due anni: ricorda che «fu la prima volta nella mia vita in cui tutto ciò che riguardava “me” divenne un “noi”». Rispondendo a una domanda riguardo questa relazione durante una presentazione del libro, ha però dichiarato (come altre volte in passato) di non considerarsi omosessuale: «tecnicamente sono un umanosessuale. Sono attratto dagli esseri umani. Certo, non da tutti».

La sua adolescenza e la storia degli Smiths occupano circa un terzo del libro; Morrissey parla estesamente delle band che li hanno influenzati, delle circostanze in cui sono state scritte alcune canzoni, dei frequenti litigi con la loro casa discografica: per lui, il migliore disco mai scritto dagli Smiths è il quarto, Strangeways, Here We Come, uscito nel 1987.

Pitchfork racconta inoltre che nel libro ci sono frequenti riferimenti all’antipatia di Morrissey per la rivista musicale NME, che accusa di aver provato più volte a distruggere la sua carriera: in un passaggio scrive che sarebbe molto contento di partecipare al funerale di Julie Burchill, ex redattrice della rivista, e che potrebbe persino «saltare dentro la sua tomba».

I momenti “come quella volta che” sono frequenti, ma vaghi: Morrissey ricorda una volta in cui a una certa cena convinse David Bowie a non mangiare affettati, o l’effetto che gli fece sapere che Liz Taylor sarebbe venuta a un suo concerto al Madison Square Garden: «non è che mi ha confuso con qualcun altro?», si chiese all’epoca.

Cosa se ne dice
Il libro ha ricevuto generalmente buone recensioni: il Guardian lo ha descritto come «molto, molto più vitale, poetico e lirico di quanto potessimo aspettarci dalla biografia di una pop-star», e che i primi paragrafi richiamano Ritratto dell’artista da giovane dello scrittore irlandese James Joyce. Anche secondo i critici del New York Times e del Telegraph la parte migliore del libro sono le prime pagine, riguardo il racconto della sua adolescenza e la formazione degli Smiths.

Ben Ratliff, sul New York Times, aggiunge che il libro mantiene però la tipica struttura dell’autobiografia di una pop-star: «interessante fino al punto in cui il protagonista guadagna una quantità sufficiente di soldi e potere perché voglia proteggerli: e a quel punto il libro diventa noioso e – in alcuni punti – meschino». Ratliff porta come esempio le quasi cinquanta pagine dedicate alla battaglia legale di Morrissey contro il batterista degli Smiths, Mike Joyce, che aveva chiesto una percentuale superiore rispetto ai diritti per le canzoni della band.

Per il momento non è prevista l’uscita italiana del libro.