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  • Lunedì 30 settembre 2013

Continuano le proteste in Sudan

Domenica il governo ha detto che non abbasserà il prezzo del carburante, nonostante le proteste che vanno avanti da una settimana

Sudanese anti-government protesters chant slogans during a demonstration in Khartoum, Sudan, Sunday, Sept. 29, 2013. Thousands of Sudanese protesters took to the streets in night march in the capital Khartoum late Sunday. (AP Photo/Khalil Hamra)
Sudanese anti-government protesters chant slogans during a demonstration in Khartoum, Sudan, Sunday, Sept. 29, 2013. Thousands of Sudanese protesters took to the streets in night march in the capital Khartoum late Sunday. (AP Photo/Khalil Hamra)

Domenica migliaia di persone sono tornate a protestare a Khartum, la capitale del Sudan, per il settimo giorno consecutivo. Come nella settimana precedente hanno chiesto le dimissioni del presidente Omar al-Bashir, a causa delle politiche economiche di austerità che il governo sta adottando dal 2011 per evitare il collasso dell’economia nazionale. In particolare le proteste si sono dirette contro il taglio ai sussidi al carburante compiuti dal governo lunedì 23 settembre, che hanno provocato l’aumento di circa il doppio del prezzo di benzina e diesel.

Secondo il governo, negli scontri che ne sono seguiti tra manifestanti e forze di sicurezza sono morte 33 persone; secondo diversi attivisti e gruppi internazionali per i diritti umani, invece, le persone uccise sarebbero almeno 50, per lo più a Khartum. Le proteste, scrive al Jazeera, sono le più gravi nei 24 anni di storia del regime di al-Bashir.

Domenica il ministro dell’Informazione, Ahmed Bilal Osman, ha detto che il governo non ritirerà la decisione relativa al carburante, nonostante le grandi proteste e qualche disaccordo interno al partito al governo. Le dichiarazioni del ministro sono state una replica alle richieste dei leader religiosi islamici e dei dirigenti più riformisti del partito al governo a mettere fine all’aumento del prezzo del carburante. Numerose critiche sono arrivate anche per la reazione decisa che il governo ha avuto nei confronti di alcuni organi di informazione del paese: il quotidiano più grande del Sudan, Al-Intibaha, ha scritto sul suo sito web di essere stato costretto dal governo a sospendere la stampa. Altre riviste hanno interrotto le pubblicazioni, e le sedi in Sudan delle reti al Arabiya e Sky News Arabia sono state chiuse.

L’agenzia di stato ufficiale SUNA News ha riferito domenica che il ministro della Solidarietà Sociale, Mashair al-Dawlab, ha elaborato un piano di aiuti per circa un milione e mezzo di famiglie sudanesi, che prevede dai primi giorni di ottobre la concessione di 21 dollari circa a nucleo famigliare. Inoltre, citando il vice-ministro delle Finanze, al-Dawlab ha detto che il governo ha pronto un piano per un aumento dei salari nel settore pubblico.

Il governo sudanese aveva già ridotto parte dei sussidi al carburante nel luglio 2012, provocando parecchie proteste e scontri che erano andati avanti per diverse settimane. La situazione economica del Sudan è peggiorata dal luglio 2011, quando il Sud Sudan, prevalentemente cristiano, ha ottenuto l’indipendenza dal Sudan: in Sud Sudan è concentrato il 75 per cento delle riserve di greggio che prima erano gestite dal governo di Khartum. Perdere il territorio sud sudanese ha significato perdere anche molti dei benefici economici che la vendita di petrolio – principale fonte di reddito nazionale – garantiva al Sudan.