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  • Giovedì 19 settembre 2013

Gli scontri nelle Filippine continuano

Più di 100.000 sfollati, 107 morti: perché si combatte e le foto degli ultimi giorni

Residents affected by the stand-off between government forces and Muslim rebels wash at an evacuation center inside n sports complex in Zamboanga, on the southern island of Mindanao on September 18, 2013. Dozens of people trapped in a deadly urban battle between Muslim rebels and Philippine troops rushed to safety on September 17, as the guerrillas lost ground in more heavy fighting, authorities said and nearly 70,000 other civilians have fled the fighting. AFP PHOTO/TED ALJIBE (Photo credit should read TED ALJIBE/AFP/Getty Images)
Residents affected by the stand-off between government forces and Muslim rebels wash at an evacuation center inside n sports complex in Zamboanga, on the southern island of Mindanao on September 18, 2013. Dozens of people trapped in a deadly urban battle between Muslim rebels and Philippine troops rushed to safety on September 17, as the guerrillas lost ground in more heavy fighting, authorities said and nearly 70,000 other civilians have fled the fighting. AFP PHOTO/TED ALJIBE (Photo credit should read TED ALJIBE/AFP/Getty Images)

Nell’area circostante Zamboanga, città dell’isola di Mindanao nel sud delle Filippine, i ribelli islamici del Fronte Moro di liberazione nazionale (MNLF) combattono contro l’esercito di Manila da ormai 11 giorni. Gli scontri hanno causato la morte di 107 persone tra ribelli, soldati e civili e almeno 109 mila sfollati che hanno dovuto lasciare le loro case, rifugiarsi nello stadio della città dove è stato stabilito il coprifuoco dalle 8 di sera alle 5 del mattino, nascondersi nelle barche armeggiate nel porto o lasciare l’isola.

Secondo fonti dell’esercito i combattimenti si avviano però alla conclusione: i soldati hanno infatti recuperato circa l’80 per cento del territorio occupato dai ribelli che attualmente sono stati confinati in alcuni quartieri sulla costa. La maggior parte degli ostaggi, tutti civili usati come scudi umani dai guerriglieri, sono stati liberati: secondo le autorità nelle mani dei ribelli restano ancora 21 persone in due diversi villaggi. La situazione a Zamboanga – città di circa un milione di abitanti – rimane comunque molto problematica. Tutti i servizi sono ancora bloccati: i traghetti e le attività del porto sono ferme, i voli sono stati cancellati, le scuole e gli uffici pubblici rimangono chiusi, centinaia di case, edifici e negozi sono stati completamente distrutti.

Lo scorso 9 settembre un gruppo di 200 guerriglieri dell’MNLF aveva tentato di entrare a Zamboanga per issare una bandiera sul municipio e dichiarare l’indipendenza dal governo nazionale. Dopo giorni di rappresaglie i ribelli erano riusciti a occupare alcune delle zone a sud della città. Venerdì 13 settembre il governo del presidente Benigno Aquino jr aveva disposto la controffensiva militare dell’esercito con elicotteri e attacchi aerei, nonostante le oltre 50 Organizzazioni non governative che lavorano nel paese per la convivenza di gruppi differenti per etnia e religione (nelle Filippine del sud vive una minoranza islamica di 6 milioni di abitanti) avessero chiesto di trovare una via diplomatica di comunicazione con i ribelli e l’avvio di un accordo di pace che includesse tutti e due i principali gruppi separatisti: il Fronte Moro di liberazione nazionale (MNLF) e il Fronte di liberazione islamica (MILF).

Alla base degli ultimi scontri c’è infatti l’esclusione di uno dei due gruppi (il MILF) dai recenti negoziati di pace avviati dal governo. Il MILF  è un movimento separatista che dalla fine degli anni Sessanta reclama l’indipendenza da Manila, la capitale delle Filippine, e la creazione di un paese musulmano nell’arcipelago meridionale di Mindana. Il conflitto fra i gruppi islamici e l’esercito delle Filippine, paese a maggioranza cattolica, dura ormai da 40 anni e ha causato almeno 120 mila morti. L’MNLF ha firmato un trattato di pace con il governo nel 1996, rinunciando all’indipendenza a favore della formazione di una regione autonoma. Tuttavia le trattative non furono accettate da un ramo armato del movimento, il Fronte islamico di liberazione Moro (MILF) che si è distaccato dal MNLF nel 1984 proseguendo la lotta armata fino al 2012, anno in cui ha avviato a sua volta dei negoziati con il governo da cui però il MNLF è rimasto escluso.