I costi del Parlamento

Nel 2012 sono stati di 1,5 miliardi di euro: il Sole 24 Ore scrive che anche lì c'è molto da risparmiare, oltre che sui rimborsi elettorali ai partiti

Deputies take place for a vote to adopt measures promised by Italian Prime Minister Silvio Berlusconi to the European Union on November 12, 2011 at the parliament in Rome. Prime Minister Silvio Berlusconi was set to resign later in the day after dominating Italian political life for 17 years, as lawmakers prepared to give final approval to a package of key economic reforms. AFP PHOTO / FILIPPO MONTEFORTE (Photo credit should read FILIPPO MONTEFORTE/AFP/Getty Images)
Deputies take place for a vote to adopt measures promised by Italian Prime Minister Silvio Berlusconi to the European Union on November 12, 2011 at the parliament in Rome. Prime Minister Silvio Berlusconi was set to resign later in the day after dominating Italian political life for 17 years, as lawmakers prepared to give final approval to a package of key economic reforms. AFP PHOTO / FILIPPO MONTEFORTE (Photo credit should read FILIPPO MONTEFORTE/AFP/Getty Images)

Venerdì 31 maggio il Consiglio dei ministri ha approvato un disegno di legge per diminuire – con un percorso graduale – i soldi che lo Stato dà ai movimenti e partiti politici sotto forma di rimborsi elettorali. Il Sole 24 Ore scrive oggi che questi tagli sono soltanto una parte di quello che lo Stato potrebbe risparmiare sui costi della politica, e mette insieme qualche numero sul funzionamento di Camera e Senato: nel 2012 il Parlamento è costato al bilancio dello Stato 1,5 miliardi di euro, lo 0,1 per cento del PIL.

Se per i partiti si è avviata, pur a tappe e con grande lentezza, la cura dimagrante, per i costi degli organi costituzionali siamo ancora all’anno zero. In particolare per i costi sopportati dai contribuenti per il funzionamento della Camera e del Senato.
Nel 2012 il Parlamento nel suo insieme è costato al bilancio dello Stato la bellezza di 1,5 miliardi di euro. L’0,1% del Pil se ne è andato per funzionare le due assemblee legislative.

Un costo enorme: basti pensare che a ogni tornata elettorale i partiti incassano tutti insieme sui 150 milioni di euro. Ebbene un anno di Parlamento costa dieci volte il conto dei partiti. Eppure qualcosa ora sta cambiando: i due presidenti Laura Boldrini e Pietro Grasso appena insediati si sono tagliati lo stipendio del 30 per cento. E la Camera già dall’inizio di questa legislatura è intervenuta con tagli sulle cariche interne dei deputati e sui contributi finanziari ai gruppi parlamentari per 8,5 milioni di euro. Ma quegli 8,5 milioni su un costo per lo Stato di 992 milioni sono poco meno dell’1 per cento. Una goccia nel mare.

La rivoluzione dei risparmi? Vale solo il 5 per cento.
Dal 2013, per effetto delle misure adottate in precedenza, il taglio della dotazione dello Stato alla Camera sarà consistente: per la prima volta il finanziamento che versa lo Stato scenderà da 992 milioni a 943 milioni. Un risparmio secco del 5 per cento. Basta questo per parlare di rivoluzione copernicana per i costi della politica? Assolutamente no. Le misure sono flebili, hanno quasi un valore meramente simbolico. Perché Camera e Senato continuano, a dispetto del baratro su cui è affacciato il Paese, a costare tanto, troppo e in modo ingiustificato. Più di uno studio dimostra che il nostro Parlamento costa il doppio rispetto alle assemblee dei nostri partner europei. Eppure l’efficienza del legislatore italiano non è certo migliore di quello dei francesi o inglesi.

(Continua a leggere sul sito del Sole 24 Ore)

Foto: FILIPPO MONTEFORTE/AFP/Getty Images