Il terremoto in Sichuan, 5 anni fa
Le foto incredibili che guardavamo in questi giorni nel 2008: morirono più di 80.000 persone, e non mancarono le accuse al governo cinese
Domenica scorsa la Cina ha commemorato il quinto anniversario del terremoto di magnitudo 7,9 che il 12 maggio del 2008 colpì la provincia di Sichuan, nel sud del paese, uccidendo più di 80 mila persone. Il Sichuan è vasto 485 mila chilometri quadrati ed è la terza provincia più popolata della Cina, con oltre 80 milioni di abitanti. Il terremoto avvenne alle 14:28 ora locale – mentre bambini e ragazzi si trovavano a scuola e anche gli impiegati erano al lavoro – a una profondità di 19 chilometri. L’epicentro fu nel quartiere di Yingxiu, nella città di Wenchuan, che venne quasi completamente distrutto: si trova a circa 80 chilometri a nord-ovest di Chengdu, una città abitata da 7,6 milioni di persone. Il terremoto fu avvertito fino a Pechino e Shanghai, rispettivamente a 1.500 e 1.700 chilometri di distanza. Nei mesi successivi si verificarono numerose scosse di assestamento, che provocarono ulteriori morti e danni.
Le persone morte o disperse per il terremoto sono più di 87 mila: i morti accertati sono circa 70 mila ma ci sono ancora 18 mila dispersi di cui non si sono mai trovate le tracce. I feriti furono oltre 370 mila. Si tratta del terremoto più letale nel paese dal 1976, quando in Tangshan morirono almeno 240 mila persone. È inoltre il 21esimo terremoto che ha provocato più morti, tra quelli di cui possediamo i dati. Il terremoto causò moltissimi danni per l’inadeguatezza delle infrastrutture, che nella maggior parte dei casi non rispettavano alcuna misura antisismica ed erano costruite con materiale scadente. Le scosse distrussero sei milioni di abitazioni, lasciando senza casa 4,8 milioni di persone che, secondo alcune stime, salirebbero a undici milioni. Il governo ha speso finora 137,5 miliardi di dollari nella ricostruzione e ha detto di aver terminato gran parte dei progetti nel 2012.
Molti degli edifici crollati furono scuole, almeno settemila, che causarono la morte di migliaia di bambini. Il numero ufficiale arrivò solo nel marzo del 2009: gli studenti morti furono 5.335, mentre 546 bambini sono rimasti disabili. A causa della politica del figlio unico vigente in Cina, molte famiglie persero il loro unico figlio: il governo annunciò che chi aveva fatto una vasectomia si sarebbe potuto rivolgere a una clinica della fertilità e ottenere gratuitamente l’operazione di reversione. La notevole quantità di scuole crollate – definite da allora “scuole-tofu” – vicino a edifici rimasti quasi intatti portò a molte polemiche sul modo in cui il governo le aveva costruite: i funzionari vennero accusati di incompetenza e corruzione ma il governo non aprì nessuna indagine. Alcuni attivisti e associazioni non governative cercarono di scoprire di più, ma furono minacciati, ostacolati e in alcuni casi arrestati dal governo.
Beichuan è una città rurale tra le più colpite del terremoto, che uccise circa la metà dei suoi 20 mila abitanti. Tra loro si pensa che almeno cinquemila furono bambini, schiacciati nel crollo delle scuole. Il governo ha trasformato la città in un museo e memoriale a cielo aperto, mantenendo intatti gli edifici crollati e le macerie, e costruendo una nuova città per accogliere i sopravvissuti, a circa 20 chilometri di distanza. Molti hanno criticato però il governo per aver celebrato esclusivamente gli sforzi dei soccorritori dimenticandosi di morti e feriti. Per esempio, davanti alle macerie di ogni casa sono segnalati i nomi dei funzionari morti nel tentativo di salvare i feriti: non c’è però alcun accenno alle persone morte, nessuno elenco con i nomi delle migliaia di feriti e niente che ricordi il luogo in cui si trovava la scuola media in cui morirono 1.300 dei 2.900 insegnanti e alunni.