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  • Venerdì 14 dicembre 2012

Il caso Susan Rice

La prima scelta di Obama per la successione a Hillary Clinton ha rinunciato, dopo settimane di accuse dai repubblicani: ora c'è un solo nome in campo

NEW YORK, NY – NOVEMBER 29: U.N. Ambassador Susan Rice leaves following a General Assembly vote granting Palestinians non-member observer status on November 29, 2012 in New York City. The resolution was approved by the 193-member body by a vote of 138-9, with 41 abstentions. The United States, Israel, Canada and a handful of others voted against Thursday’s historic UN resolution. (Photo by Spencer Platt/Getty Images)

NEW YORK, NY – NOVEMBER 29: U.N. Ambassador Susan Rice leaves following a General Assembly vote granting Palestinians non-member observer status on November 29, 2012 in New York City. The resolution was approved by the 193-member body by a vote of 138-9, with 41 abstentions. The United States, Israel, Canada and a handful of others voted against Thursday’s historic UN resolution. (Photo by Spencer Platt/Getty Images)

Susan Rice, ambasciatore degli Stati Uniti alle Nazioni Unite, 48 anni, ha detto ieri di volersi tirar fuori dalla questione della successione a Hillary Clinton nell’incarico ruolo di segretario di Stato, allo scopo di salvaguardare la Casa Bianca dalle polemiche politiche che da settimane vedevano al centro la sua eventuale nomina, considerata fin qui molto probabile. Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha detto di aver accettato la sua decisione, ha criticato gli «ingiusti e pretestuosi» attacchi ricevuti da Rice e ha detto che la sua decisione dimostra «la forza del suo carattere e un ammirevole impegno a mettere l’interesse nazionale prima della politica».

Rice era considerata la prima scelta di Obama per rimpiazzare Hillary Clinton alla guida del Dipartimento di Stato ma nelle ultime settimane si era trovata al centro di una serie di feroci polemiche da parte dei repubblicani del Congresso. Dato che tutti i membri del governo americano per insediarsi devono ottenere un voto favorevole dal Congresso, una specie di voto di fiducia, queste feroci polemiche preludevano a quanto sarebbe accaduto in caso di sua nomina: una lunghissima battaglia politica che avrebbe tenuto a lungo in sospeso l’incarico più importante e delicato tra quelli che Obama si troverà ad assegnare o confermare con l’inizio del suo secondo mandato, il prossimo 20 gennaio.

Gli attacchi contro Susan Rice sono iniziati dopo l’11 settembre 2012, quando un attacco al consolato statunitense di Bengasi portò alla morte di quattro persone, tra cui l’ambasciatore Chris Stevens. La domenica dopo gli attentati Susan Rice partecipò a cinque programmi televisivi statunitensi e disse che gli attacchi erano frutto di una protesta spontanea diventata violenta e non di un attentato terroristico organizzato (come poi disse la Casa Bianca e lo stesso presidente Obama). Questo le attirò molte critiche dai repubblicani, che divennero sempre più intense mentre si avvicinava la sua possibile nomina a segretario di Stato. Negli ultimi giorni Susan Rice, che era si era occupata di diplomazia in Africa durante l’amministrazione Clinton, ha ricevuto critiche persino per la mancata protezione delle ambasciate americane in Kenya e in Tanzania colpite da attentati nel 1998. Accuse “prive di fondamento e pretestuose”, scrive il New York Times, ma che danno l’idea del livello di intransigenza e di estremismo dei repubblicani.

Susan Rice in questi quattro anni è stata una delle persone più influenti nella definizione della politica estera statunitense, soprattutto relativamente all’intervento della NATO in Libia durante la guerra civile. Dopo il suo passo indietro, il candidato favorito alla successione a Hillary Clinton torna a essere John Kerry, senatore di lungo corso, capo della commissione Esteri del Senato e già candidato alla presidenza degli Stati Uniti (fu sconfitto da George W. Bush nel 2004). Molti repubblicani critici con Rice hanno detto in queste settimane di essere invece disposti a votare favorevolmente alla nomina di Kerry.

foto: Spencer Platt/Getty Images