La Grecia si ricompra il suo debito

Si chiama buyback ed è una cosa buona per (quasi) tutti: cos'è e come funziona, spiegato semplice

Venerdì sera, alle 17 ora di Londra, è scaduto il termine per presentare la propria adesione al piano di riacquisto – buyback, con un termine tecnico – dei titoli di stato del governo greco. Il conteggio delle adesioni inviate è ancora in corso, ma secondo fonti finanziarie citate dal Wall Street Journal, l’obbiettivo di 30 miliardi di euro di titoli è stato quasi raggiunto. I risultati definitivi saranno resi pubblici all’inizio della settimana prossima.

L’operazione di buyback è importante per la Grecia perché è stata una delle condizioni poste dalla cosiddetta troika – Unione Europea, BCE e Fondo Monetario Internazionale – per sbloccare i nuovi aiuti di cui il paese ha bisogno. Inoltre, se avrà il successo sperato, potrebbe aiutare ad alleviare il peso del debito sull’economia greca – anche se non moltissimo: 62 miliardi di debito sono ancora nelle mani dei privati, ma ci sono circa altri 300 miliardi di debito pubblico.

In tutto l’operazione dovrebbe costare 10 miliardi di euro che saranno forniti dall’EFSF, il meccanismo di stabilità, finanziato con il denaro dei paesi europei, che sarà presto sostituito dall’ESM. Nell’ultima settimana la Grecia ha offerto questi 10 miliardi a chi volesse vendere  titoli di debito greco nel suo portafoglio. La proposta formulata è stata di ricomprare i titoli a una cifra intorno al 30-40% del loro valore di facciata.

In altre parole la Grecia ha offerto di ricomprare tutti quei titoli che ha venduto a, ipotizziamo, 1 euro, offrendo tra i 30 e 40 centesimi. Le banche greche, che possiedono circa 15 miliardi di obbligazioni, sembra che abbiano accettato per circa 10 miliardi. Altri 5 miliardi dovrebbero arrivare dai fondi pensione greci (che in tutto conservano ancora 8 miliardi di obbligazioni). Il resto delle adesioni alle offerte arriverebbe da banche estere e hedge fund.

L’operazione rappresenta, ovviamente, una perdita per tutti coloro che decidono di aderirvi. Avendo un’obbligazione nel portafoglio con un valore di facciata di 1 euro, basta aspettare la scadenza naturale del titolo per ricevere il proprio euro intero – sempre che il paese non fallisca. Chi sottoscrive l’offerta, invece, ottiene soltanto il 30% o al massimo il 40% di quell’euro.

Perché allora in molti hanno accettato? Un primo motivo sono i timori di un fallimento o comunque di una ulteriore riduzione unilaterale del valore di facciata del debito greco (il cosiddetto haircut, ne sono già avvenuti diversi). Ottenere 40 centesimi per ogni euro è poco, ma è comunque meglio di niente.

Il secondo motivo è che i titoli greci sono profondamente illiquidi, cioè sono difficili da convertire in denaro contante. Secondo alcune stime, chi volesse vendere oggi sul mercato un titolo greco otterrebbe una media di 25 centesimi per ogni euro di valore di facciata. Rispetto a questa cifra, i 30-40 centesimi offerti dalla Grecia per ogni euro sono comunque un guadagno.

Queste motivazioni spiegano in parte il successo dell’operazione, ma soprattutto in Grecia, il governo ha agito direttamente per incentivare le adesioni al buyback. Alcune delle principali banche greche, ad esempio, sono controllate dal governo. Per convincere anche gli altri, il governo greco ha promesso venerdì che presto sarà varata una legge per proteggere da azioni legali quei manager che accetteranno di aderire all’operazione.

I direttori e gli amministratori delle banche, infatti, sottoscrivendo il buyback accettano di fatto una perdita per il loro istituto, come abbiamo spiegato. Così facendo si espongono ad un’azione legale da parte degli azionisti della banca, che in tutta questa operazione sono quasi gli unici che rischiano di perderci qualcosa. Se il governo, come ha promesso, voterà una legge per proteggerli, potranno partecipare all’operazione senza nessun timore.

Foto: PHILIPPE HUGUEN/AFP/GettyImages