Come si è formata la Luna?

Se ne torna a parlare grazie a due nuove ricerche che provano a ricostruire come andarono le cose 4,5 miliardi di anni fa: tutto comincia con un botto

Pochi altri corpi celesti hanno ispirato poeti, scrittori, compositori e ricercatori come la Luna. Del resto, prima dell’avvento dei telescopi di precisione e di quelli in orbita come Hubble, il nostro satellite naturale era la cosa più vicina e facilmente osservabile nel cielo notturno. La Luna è stata, e sarà ancora a lungo, una presenza costante nella vita di centinaia di generazioni in tutto il mondo, eppure nonostante i viaggi delle missioni Apollo sulla sua superficie e le ricerche più recenti, non abbiamo ancora un’idea precisa di come si sia formata e perché sia fatta in quel modo. Con la sua superficie brulla e crivellata di crateri grandi e piccoli, con vistose pianure che chiamiamo mari.

Nel corso dei secoli, uomini di scienza e astronomi hanno formulato diverse teorie per spiegare la formazione della Luna. L’ipotesi tutt’ora più accreditata è che circa 4,5 miliardi di anni fa, il corpo celeste Theia, con dimensioni simili a quelle di Marte, ebbe uno spettacolare e terrificante incidente di percorso con la Terra. Ci andò a sbattere contro producendo una quantità enorme di detriti, che iniziarono a orbitare intorno alla Terra e che pian piano si fusero tra loro, portando alla nascita della Luna. Questa teoria ha raccolto numerosi sostenitori e ha permesso di formulare stime più accurate della massa del satellite naturale, e della Terra.

Tra le varie cose, il modello teorizza che buona parte dei detriti che formarono la Luna non fossero terrestri ma di Theia, che ebbe origine in un posto remoto del sistema solare con isotopi diversi rispetto alla Terra (gli isotopi sono atomi di uno stesso elemento chimico, ma con numero diverso di neutroni). Questa parte della teoria si scontra, però, con diverse ricerche effettuate negli ultimi anni sulla composizione della Luna, che hanno rilevato la presenza di isotopi di diversi elementi con uguali caratteristiche sul satellite e sulla Terra.

Due ricerche pubblicate dalla rivista scientifica Science hanno provato a dare una risposta al dilemma chimico. A conferma di quanto ci siano ancora molte incertezze sulla teoria per spiegare la formazione della Luna, i due studi valutano in modo molto diverso le dimensioni di Theia. Uno sostiene che il corpo celeste fosse più piccolo di Marte, l’altro che fosse da quattro a cinque volte più grande.

I sostenitori delle piccole dimensioni di Theia sono i ricercatori Sarah Stewart dell’Università di Harvard (Massachusetts, Stati Uniti) e Matija Ćuk del SETI Institute (Mountain View, California). Ipotizzando che Tehia avesse una massa piccola, sostengono che i detriti che formarono la Luna derivassero in buona parte dal nostro pianeta e non dal corpo celeste che andò a sbatterci contro. A sostegno della loro tesi, ipotizzano anche che la Terra un tempo ruotasse su sé stessa al doppio della velocità attuale. Questa ipotesi era già stata formulata in passato, ma era vista con diffidenza perché non era stato possibile trovare una spiegazione convincente al successivo rallentamento della rotazione terrestre. Stewart e Ćuk dicono di averne trovata una che sta in piedi, e che riguarda particolari interazioni gravitazionali tra il Sole e la Luna (risonanza di evezione) che avrebbero gradualmente fatto rallentare la velocità di rotazione terrestre.

Anche l’autore dell’altro studio, Robin Canup del Southwest Research Institute (Boulder, Colorado), sostiene che un tempo la Terra ruotasse più velocemente di adesso. Nella sua ricerca ipotizza che Theia e il nostro pianeta avessero masse sostanzialmente uguali, e pari a circa la metà di quella della Terra dei giorni nostri. Quando due corpi con masse uguali si scontrano, dice Canup, avviene una fusione così profonda da produrre detriti con isotopi indistinguibili da quelli di entrambi i corpi celesti che si sono scontrati. Il grande impatto avrebbe anche fatto accelerare la rotazione terrestre, la cui velocità sarebbe poi diminuita nel tempo in virtù delle stesse interazioni gravitazionali di cui parlano Stewart e Ćuk nella loro ricerca.

I due studi stanno facendo discutere e portano nuovi spunti, molto stimolanti, per capire qualcosa di più sulle origini del nostro satellite naturale. Secondo gli esperti, con i loro lavori i ricercatori hanno portato argomenti convincenti per spiegare come mai la Luna abbia una composizione di isotopi come quella della Terra. I detrattori della tesi di Canup spiegano, però, che è molto improbabile che nei primi stati di formazione del nostro sistema solare due corpi con masse sostanzialmente uguali fossero entrati in collisione.

Una terza ricerca, pubblicata dalla rivista Icarus, propone un diverso approccio. Andreas Reufer dell’Università di Berna (Svizzera) e i suoi coautori hanno immaginato uno scenario in cui le cose tra Theia e la Terra andarono diversamente. Hanno elaborato un modello secondo il quale l’impatto avvenne a una maggiore velocità e con una inclinazione diversa rispetto a quanto ipotizzato fino a ora. Una specie di urto, a causa del quale Theia perse pochi pezzi e continuò poi il proprio tragitto, dopo aver indotto la produzione di una grande quantità di detriti terrestri. Intorno alla Terra si formò un anello molto caldo di detriti, che contribuì a far rallentare la velocità di rotazione del nostro pianeta aumentata in seguito allo scontro. Il tutto senza dover tirare in ballo la risonanza di evezione, spiegazione che continua a non convincere molti astronomi.

Una versione chiara e completa per rispondere alla domanda su come si formò la Luna ancora non c’è. Ma grazie alle nuove simulazioni al computer e alle analisi, sempre più approfondite, sulla composizione del nostro satellite naturale, gli astronomi confidano di trovare presto una spiegazione soddisfacente.