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  • Giovedì 4 ottobre 2012

9 storici dibattiti politici americani

Una lista di momenti televisivi memorabili, dall'atteggiamento minaccioso di Al Gore a quello che disse «Chi sono io? Perché sono qui?»

di Francesco Costa – @francescocosta

ST. LOUIS, UNITED STATES: Republican presidential nominee George W. Bush (C) looks at Democratic presidential nominee Al Gore after they shook hands before their third debate at Washington University in St. Louis, MO, 17 October, 2000. At left is moderator Jim Lehrer. AFP PHOTO (Photo credit should read AFP/AFP/Getty Images)

ST. LOUIS, UNITED STATES: Republican presidential nominee George W. Bush (C) looks at Democratic presidential nominee Al Gore after they shook hands before their third debate at Washington University in St. Louis, MO, 17 October, 2000. At left is moderator Jim Lehrer. AFP PHOTO (Photo credit should read AFP/AFP/Getty Images)

Negli ultimi vent’anni, in Italia, ogni elezione politica è stata preceduta da discussioni e polemiche sull’opportunità che i due principali candidati alla presidenza del Consiglio si sfidassero o no in un confronto televisivo, e per due volte quello dato in vantaggio – Berlusconi, nel 2001 e nel 2008 – non ha voluto affrontare il suo avversario, nel timore di avvantaggiarlo. Negli Stati Uniti invece c’è una consolidata tradizione di dibattiti televisivi tra avversari politici, che avvengono ormai a tutti i livelli e sono molto attesi e potenzialmente influenti. Anche se da tempo il livello di abilità raggiunto da candidati, consulenti ed esperti è tale da rendere complicati i colpi da ko, questi in passato ci sono stati, insieme ad altri momenti non determinanti ma comunque spettacolari e memorabili. Questi sono 9 di questi, particolarmente famosi.

1960, John Fitzgerald Kennedy e Richard Nixon
Fu il primo dibattito televisivo tra due candidati alla presidenza di partiti diversi, ormai leggendario e raccontato fino alla nausea. Nixon era reduce da un ricovero in ospedale per un’infezione, era dimagrito e non si fece truccare. Kennedy era in forma, bello e sorridente. Nixon sudava vistosamente, il colletto della camicia gli stava largo, e si asciugava spesso la fronte. Gli spettatori del dibattito attribuirono a grandissima maggioranza la vittoria a Kennedy. Per quelli che avevano ascoltato il dibattito alla radio, invece, il confronto era stato pari. Il mezzo si mostrò così potente che passarono 16 anni e tre elezioni presidenziali prima che due candidati si trovarono di nuovo d’accordo sul fare un confronto televisivo.

1976, Gerald Ford e Jimmy Carter
Furono i primi dibattiti dopo Kennedy e Nixon, e anche stavolta ebbero un grande impatto. Ford era presidente uscente, era dato in vantaggio nei sondaggi e aveva vinto il primo dibattito, sulla politica interna. Nel secondo confronto, sulla politica estera, Ford disse una frase ricordata tutt’ora come uno dei più grossi svarioni di un politico.

«Non c’è nessun dominio sovietico dell’Europa dell’est e mai ci sarà sotto l’amministrazione Ford»

Il giornalista sbalordito gli chiese se intendeva dire davvero quello che aveva detto, e Ford ribadì il concetto, facendo gli esempi della Romania e della Polonia. L’ascesa di Ford nei sondaggi si fermò, e alla fine Carter vinse di poco le elezioni.

1980, Ronald Reagan contro Jimmy Carter
I dibattiti di quell’anno sono famosi soprattutto per la frase «There you go again», pronunciata da Reagan per irridere l’ennesimo lungo e serioso attacco di Carter. Ma la frase che segnò la storia di quei confronti e di molti di quelli a venire fu un’altra. Alla fine dell’ultimo dibattito, Reagan si rivolse agli elettori dicendo loro di pensare a una cosa in particolare, quando sarebbero andati a votare.

«Chiedetevi: state meglio di come stavate quattro anni fa? È più facile per voi fare la spesa rispetto a quattro anni fa? C’è più o meno disoccupazione rispetto a quattro anni fa? L’America è rispettata nel mondo come era quattro anni fa? Vi sentite sicuri, pensiate che siamo forti come quattro anni fa? Se la vostra risposta a queste domande è sì, beh, penso che sia scontato quale dovrebbe essere la vostra scelta. Se non siete d’accordo, se pensate che la strada intrapresa negli ultimi quattro anni non sia quella su cui stare nei prossimi quattro anni, potrei suggerirvi un’alternativa»

La frase “Are you better off than you were four years ago?” è entrata nella storia della politica statunitense, ripetuta da lì in poi in moltissimi articoli e dibattiti.

1984, Ronald Reagan e Walter Mondale
Reagan era alla ricerca del suo secondo mandato ed era già allora il più anziano presidente nella storia degli Stati Uniti. Il moderatore gli chiese se fosse certo di essere ancora in grado di sopportare gli stress della presidenza, tipo restare sveglio per molti giorni consecutivi (come Kennedy durante la crisi di Cuba). Reagan rispose con grande abilità ed eleganza.

«Mi impegno a non fare dell’età anagrafica un tema di questa campagna. Non ho intenzione di sfruttare politicamente a mio vantaggio la gioventù e l’inesperienza del mio avversario»

Grandi sorrisi da parte di tutti, e una domanda pericolosa si trasformò in una bella dimostrazione di sicurezza di sé.

1988, Lloyd Bentsen e Dan Quayle
Dan Quayle, repubblicano, era il candidato vicepresidente di Bush, Lloyd Bentsen era il candidato vicepresidente di Michael Dukakis, democratico. Quayle era stato criticato da parte della stampa per la sua giovane età, avendo 41 anni, e per la sua inesperienza politica. Durante il dibattito si difese sostenendo di avere più o meno la stessa esperienza di John Fitzgerald Kennedy quando diventò presidente. Bentsen gli disse, con fermezza, di darsi una calmata coi paragoni.

«Senatore, io ho prestato servizio con Jack Kennedy. Conoscevo Jack Kennedy. Jack Kennedy era un mio amico. Senatore, lei non è Jack Kennedy»

1992, Bill Clinton e George W. Bush
Dibattito modello town hall, cioè coi candidati al centro, in piedi, a rispondere alle domande dal pubblico. Una donna chiese a Bush in che modo lui fosse toccato personalmente dalle dimensioni del debito pubblico, e come potesse fare il presidente e capire le esigenze della gente qualcuno che non fosse toccato in prima persona dalle conseguenze di quel problema. Bush combinò un disastro dietro l’altro: guardò l’orologio prima di rispondere alla domanda, mostrando nervosismo, poi si fece ripetere la domanda dicendo di non averla capita, poi si arrabattò dimostrando che in realtà non aveva una risposta. Poi parlò Bill Clinton, che in tre minuti tre gli mostrò magistralmente come avrebbe dovuto fare.

1992, Al Gore, Dan Quayle, James Stockdale
Dibattito tra candidati alla vicepresidenza, e stavolta fra tre. Quell’anno ci furono tre candidati principali: il presidente uscente, il repubblicano George Bush, il democratico Bill Clinton e l’indipendente Ross Perot. Il vice di Ross Perot era James Stockdale, ex militare ed eroe di guerra. Quando toccò a lui presentarsi, per ironizzare sulla sua inesperienza politica e sul suo essere sconosciuto, esordì dicendo: «Chi sono io? Perché sono qui?». Fece ridere tutti, ma secondo molti osservatori in pochi da quel momento in poi lo presero sul serio.

2000, Al Gore e George W. Bush
Altro dibattito modello town hall, con i candidati in un’arena in mezzo alle persone. A un certo punto, mentre Bush risponde a una domanda, Al Gore gli si avvicina minaccioso. Bush si ferma, fa come per salutarlo e poi procede. Non si capisce che cosa volesse fare Gore – i consulenti gli avevano detto di puntare al body language, probabilmente – ma risultò più goffo che minaccioso.

2008, Hillary Clinton e Barack Obama
A un certo punto delle primarie democratiche del 2008, Hillary Clinton era nervosa e spazientita per il trattamento riservato dalla stampa a Barack Obama, al suo dire troppo complice e benevolo. Sosteneva, tra l’altro, che durante i dibattiti non venissero mai fatte a Obama delle domande delicate e che lei ricevesse sempre la prima domanda, quella per rompere il ghiaccio. Poi una volta si sfogò e, citando una battuta del Saturday Night Live, disse al moderatore: «Vogliamo chiedere a Barack se è comodo? Se ha bisogno di un altro cuscino?».

foto: AFP/AFP/Getty Images