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  • Domenica 2 settembre 2012

Indagata l’azienda fondata da Romney

Cos'è la "rinuncia alla commissione", discussa pratica finanziaria indagata dal procuratore di New York, e come entra nella campagna elettorale

Oggi il New York Times, citando una fonte anonima, scrive che il procuratore di New York Eric T. Schneiderman, avrebbe citato in giudizio molte società finanziarie tra cui la Bain Capital, l’azienda fondata da Mitt Romney, con l’accusa di aver abusato di una strategia fiscale chimata “rinuncia alla commissione” con lo scopo di evadere centinaia di milioni di dollari di tasse.

Romney non fa più parte del management di Bain Capital ed ora è socio dell’azienda: rapporto che era stata al centro di molte polemiche per il rifiuto di Romney di rivelare le sue dichiarazioni dei redditi passate e per l’accusa di aver contribuito a esportare posti di lavoro sottraendoli agli americani. Le sue quote ora sono in mano a un blind trust, cioè a un gruppo di amministratori che le gestisce senza informare Romney delle sue scelte: in ossequio alle norme sul conflitto di interessi. Il suo staff ha scritto in un comunicato che, in ogni caso, il candidato alla presidenza repubblicano non ha ottenuto guadagni dalla pratica della “rinuncia alla commissione”. Uno degli avvocati che gestiscono i fondi di Romney ha definito la “rinuncia alla commissione” una pratica perfettamente legale e accettata, anche se mai praticata da Romney o dal blind trust.

Alcuni dirigenti delle aziende colpite dalle indagini di Schneiderman, che è un democratico che lavora in alcune commissioni dell’amministrazione Obama, ritengono che il procuratore stia cercando di mettere in imbarazzo l’industria finanziaria e in particolare Bain Capital con lo scopo di colpire Romney. L’indagine di Schneiderman è certamente in linea con la campagna condotta finora dai democratici che hanno cercato di dipingere Romney come un finanziere senza scrupoli che smantellava compagnie e licenziava lavoratori mentre ammassava una fortuna personale, stimata in circa 250 milioni di dollari.

Quali che siano le motivazioni, al momento l’obiettivo di Schneidermann è scoprire dei documenti che possano provare la “rinuncia alla commissione”. Questa strategia, applicata da società che gestiscono fondi di investimento, consiste nel convertire le commissioni per la gestione dei fondi in capitale investito, che viene tassato molto meno delle commissioni. In particolare il caso di Bain Capital riguarda 1 miliardo di dollari in commissioni, pagate all’azienda dai suoi clienti per aver gestito i loro fondi, che avrebbero dovuto essere tassate al 35% in quanto “guadagno ordinario”. Questo miliardo di dollari sarebbe stato convertito sui libri contabili dell’azienda in investimenti che producono ritorni sul capitale, che invece sono tassati al 15%. Questo ha significato per l’azienda un risparmio sulle tasse federali di circa 200 milioni di dollari.

Tra gli esperti di tassazione non c’è accordo sulla definizione di questa strategia. Secondo alcuni è una tattica legittima, mentre secondo altri tocca l’illegalità. Questa strategia viene di solito applicata dai fondi di investimento e dai fondi di private equity il cui lavoro è raccogliere capitali dai clienti e investirli. Se gli investimenti hanno successo i clienti ricevono dei dividendi. La società che gestisce il fondo, però, in ogni caso riceve una commissione per aver gestito il fondo (sia che questo vada male o vada bene). Questa commissione però rappresenta soltanto una frazione di tutti gli introiti, perché anche la società che gestisce il fondo riceve una quota dei dividendi se gli investimenti hanno successo.

Alcuni avvocati fiscalisti hanno giustificato la pratica del trasformare le commissioni in ulteriori investimenti sostenendo che così facendo la società che gestisce il fondo rinuncia a un guadagno certo trasformandolo in un investimento che potrebbe perdere parte o tutto il suo valore se il fondo andasse male. La tassazione minore sarebbe quindi giustificata dal rischio che si prende la società.

Alcune società, ad esempio, rinunciano alle commissioni già alla creazione del fondo e per tutta la durata della sua vita, che in genere è di una decina di anni. In quel caso tutte le commissioni vengono automaticamente trasformate in ulteriori investimenti nel fondo, sia che le cose stiano andando bene sia che stiano andando male. Altre società invece utilizzano un approccio più aggressivo e decidono annualmente o addirittura ogni trimestre se intascare le commissioni oppure trasformarle in investimenti. In questo modo possono applicare la rinuncia solo quando il loro fondo è in un periodo in cui si sta apprezzando, riducendo in modo sostanziale il rischio. Secondo alcuni documenti segreti pubblicati su internet, Bain Capital apparteneva a questa seconda categoria e decideva ogni anno oppure ogni trimestre se incassare le commissioni o trasformarle in capitale investito.

Un professore di legge e finanza intervistato dal New York Times ha spiegato che probabilmente Bain Capital ha rinunciato alle commissioni tanto spesso e in maniera tanto discreta da aver quasi completamente annullato ogni rischio. C’è una tensione, ha spiegato, tra il rischio di perdere il capitale e il rischio di pagare le tasse che dovrebbe essere inversamente proporzionale. La maniera in cui Bain Capital ha convertito quel denaro in capitale, senza praticamente correre rischi, sostiene il professore, non può giustificare le tasse basse che effettivamente la società ha pagato.

Foto: Joe Raedle/Getty Images