Twitter vuole il massimo controllo

E per farlo ha cambiato le regole per l'accesso ai suoi servizi da parte dei siti e delle applicazioni non ufficiali, che rischiano di scomparire

Dopo aver ridotto le possibilità di accesso ai propri servizi a siti come LinkedIn e ad applicazioni come Instagram, Twitter ha presentato una nuova serie di regole ulteriormente restrittive per chi vorrà inserire le funzionalità del social network nei propri siti e nelle proprie app. Twitter vuole avere il massimo controllo sul modo in cui sono utilizzati i suoi servizi e su come appaiono, con una logica che ricorda molto quella adottata da Facebook. Il motivo non è solamente legato alla necessità di gestire meglio le funzionalità del social network, ma anche alla possibilità di generare più profitti incentivando l’utilizzo dei servizi ufficiali di Twitter (il sito, le applicazioni mobili, ecc) dove la società mostra direttamente gli annunci pubblicitari.

Le nuove regole non impediranno naturalmente di continuare a inviare i propri tweet, ma potranno cambiare i modi in cui è possibile farlo. Chi scrive i messaggi attraverso Twitter.com – la maggior parte degli iscritti – non noterà probabilmente alcuna differenza, così come chi usa le app ufficiali del social network per gli smartphone o TweetDeck, il programma per gestire in modo avanzato i propri tweet. Le cose potranno invece cambiare per chi usa siti e applicazioni non ufficiali, come TweetBot, che funzionano grazie a una serie di strumenti forniti da Twitter (API) offrendo soluzioni spesso non disponibili sui servizi ufficiali del social network.

Uno dei passaggi delle nuove regole che sta facendo molto discutere e sta inquietando diverse società che gestiscono applicazioni esterne riguarda il numero massimo di iscritti ai servizi:

Se la vostra applicazione ha più di 100mila utenti, sarete in grado di mantenere il numero di iscritti alla vostra applicazione e di raggiungere il 200 per cento nel conteggio degli utenti (rispetto a quanti sono oggi), a patto che rispettiate le nostre Regole di servizio. Quando avrete raggiunto il 200 per cento, potrete mantenere l’applicazione per dare i servizi ai vostri iscritti, ma non potrete avere altri utenti senza il nostro permesso.

La nuova regola preoccupa molto chi realizza applicazioni perché in sostanza dice: non potrai avere più di 100mila utenti che la utilizzano. E un simile limite può fare la differenza, specie per le società con applicazioni promettenti come TweetBot che hanno già superato i 100mila utilizzatori e che non potranno andare oltre i 200mila senza un esplicito permesso da parte di Twitter. La società vuole chiaramente mantenere il controllo ed evitare che i produttori di applicazioni terze, su cui non vengono sempre mostrati i tweet sponsorizzati (che portano guadagni per Twitter), ottengano un numero eccessivo di utenti che utilizzerebbero con meno frequenza i siti e le applicazioni ufficiali, più redditizie.

Le regole prevedono anche l’introduzione di nuovi requisiti (non più semplici linee guida) per il modo in cui devono funzionare le applicazioni e i siti che mostrano i tweet. I link riferiti ai nomi degli utenti, come @ilpost, devono rimandare alla pagina profilo originale dell’iscritto e non a una versione modificata da terze parti dello stesso. Le nuove regole impongono anche che le classiche azioni legate ai tweet (retweet, risposte e preferiti) siano eseguite e mostrate chiaramente come avviene sul sito di Twitter. Chi non rispetterà le regole rischierà il ritiro della chiave di accesso per usare le API fornite dal social network.

I nuovi requisiti potrebbero essere un serio problema per quei siti che aggregano i tweet, mostrandoli in particolari classifiche o suddivisi per argomento, o ancora per provenienza geografica. Molti di questi dovranno probabilmente cambiare, sostituendo il modo in cui mostrano i tweet utilizzando per esempio la funzione di embed dei messaggi, che viene gestita e controllata direttamente da Twitter. Oltre a essere un problema tecnico non banale da risolvere, il nuovo sistema non piace agli sviluppatori esterni perché consentirà a Twitter di rimuovere i permessi per le proprie API con più facilità, con il rischio di veder fallire la propria impresa basata sui messaggi che circolano sul social network.

Il problema potrebbe essere ancora più serio per i siti e le applicazioni che accedono a Twitter per aggregare contenuti sulla base delle preferenze degli utenti che si seguono, come Flipboard. L’applicazione si basa sui dati ottenuti da Twitter per proporre link e articoli basati sui propri gusti e su quelli dei propri amici. Le nuove regole potrebbero impedire a queste applicazioni di accedere alle liste di persone che si seguono (come è avvenuto con Instagram), elemento fondamentale per aggregare i contenuti. Servizi di questo tipo, molto graditi dagli utenti, hanno il difetto per Twitter di dirottare traffico dal suo sito dove vengono mostrati con più facilità gli annunci pubblicitari. Di recente Twitter ha modificato la sezione “Scopri” del proprio sito, iniziando ad aggregare contenuti sulla base delle persone che si seguono sul social network. Impedendo ad altre applicazioni di fare altrettanto, la società potrebbe ottenere maggiore traffico.

Grazie ai numerosi investimenti ottenuti negli ultimi anni, Twitter ha notevoli disponibilità finanziarie ma ha anche la necessità di iniziare a produrre più profitti, per dimostrare di essere in grado di cavarsela autonomamente. Come fece in passato Facebook, la società si è resa conto di dover puntare su un modello “tutti insieme”, dove gli utenti sono raccolti per la maggior parte sui suoi siti e servizi. Secondo gli analisti e gli stessi dirigenti di Twitter, questa soluzione permetterà al servizio di sopravvivere da solo, iniziando a generare fino a un miliardo di dollari in ricavi dalla pubblicità a partire dal 2013. È un obiettivo ambizioso, ma necessario per mantenere la società autonoma e non essere costretta a diventare una divisione di qualche azienda più grande, come Yahoo o Microsoft, che potrebbero ottenere in un solo colpo centinaia di milioni di utenti. L’obiettivo, almeno per ora, è sopravvivere a costo di sacrificare qualche applicazione esterna e – in parte – l’immagine costruita negli anni di servizio più aperto e amichevole di Facebook.