La “cedolare secca” è stata un fallimento?

Repubblica spiega che finora si è ottenuto molto meno del previsto dall'imposta unica sugli affitti, introdotta un anno fa

A partire dal 2011 è stata introdotta una nuova imposta sugli affitti che doveva riunire diverse imposte precedenti in una sola, la cosiddetta “cedolare secca”. La nuova imposta era facoltativa, ovvero si poteva scegliere in alternativa alla tassazione ordinaria, e aveva come primo obbiettivo quello di far emergere gli affitti in nero, recuperando risorse per lo Stato. Agnese Ananasso spiega oggi su Repubblica che a un anno dall’introduzione si è ottenuto molto meno di quanto sperato e prova a capire perché.

Doveva servire soprattutto a far emergere gli affitti in nero ma non ha funzionato, almeno per ora. È la cedolare secca, la tassa al 19 o al 21%, rispettivamente per gli affitti concordati o quelli di mercato, che da poco più di un anno sostituisce la denuncia Irpef. Un’opzione vantaggiosa per chi ha un’aliquota Irpef superiore al 23%. E già questo ha fatto vacillare le stime del governo: la cedolare secca doveva far entrare oltre 2,6 miliardi di euro nelle casse dello Stato, ma stando agli acconti versati nel 2011, pari a 675 milioni (corrispondenti a circa 800 milioni a saldo), e a quanto versato nel 2012 (4 milioni), i conti si fermano ad un livello lontanissimo dagli obiettivi. Per i numeri definitivi bisognerà attendere il pagamento Irpef di giugno e novembre, ma è difficile prevedere inversioni di tendenza. Resta dunque un risultato opaco dovuto anche alla paura. La paura di fare emergere gli affitti in nero che, secondo le stime dell’Unione inquilini, nel nostro Paese sono circa un milione e mezzo.

Fino al 9 giugno del 2011 i proprietari potevano “ravvedersi” registrando il contratto all’Agenzia delle Entrate. Dopo quella data, l’operazione poteva essere eseguita dall’inquilino. Col vantaggio di un canone ribassato anche del 70% rispetto alla somma pagata fino a quel momento. Un bell’appeal ma con uno scotto da pagare: il deterioramento del rapporto con il proprietario che si vede l’introito più che dimezzato.

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Il 21 giugno Repubblica ha pubblicato una lettera di Alessandra Egidi dell’ufficio stampa di Confedilizia che critica le conclusioni di Agnese Ananasso sulla fine della cedolare secca.

L’articolo “Affitti, flop della cedolare secca, fallisce l’emersione dal nero”, del 16 giugno a firma Agnese Ananasso, riporta dati ineccepibili in merito al gettito della “cedolare secca sugli affitti”, ma che a nostro parere non provano che la cedolare è fallita. Tutt’altro. Come riportato, la cedolare ha generato nel 2011 entrate per 675 milioni di euro. Ed essendo verosimilmente stata applicata per lo più per i nuovi contratti deve ragionevolmente ritenersi quindi un gettito superiore al gettito da “emersione” ipotizzato nella relazione governativa. I dati, dunque, non consentono di sostenere che la cedolare non abbia fatto emergere sommerso o comunque favorito l’immissione sul mercato della locazione di nuovi immobili. Permettono, anzi, di avanzare l’ipotesi opposta.

Agnese Ananasso ha risposto alla lettera.

Nell’articolo sottolineo che è presto per dare numeri definitivi, perché occorre aspettare i dati dell’Irpef. Il nodo, testimoniato anche dal virgolettato dell’Unione Inquilini, è stata la cattiva informazione e anche lapauradiritorsionifiscali.