Cosa dicono le carte sul caso Belsito

Ci sono nuovi dettagli sulle inchieste sulla Lega: le spese della famiglia Bossi, investimenti in oro e diamanti, i presunti consigli finanziari di Tremonti

Le indagini delle procure di Milano, Napoli e Reggio Calabria sulla presunta gestione illecita dei fondi elettorali della Lega Nord, da parte del suo ex tesoriere Francesco Belsito, continuano e negli ultimi giorni sono emersi nuovi dettagli e informazioni su come furono amministrati i fondi del partito. Secondo gli inquirenti, parte del denaro fu utilizzato a vario titolo per pagare le spese della famiglia di Umberto Bossi, avanzando il sospetto che lo stesso ex segretario fosse a conoscenza almeno in parte di quanto stava accadendo con le finanze del partito. Le indagini si stanno anche occupando del giro di denaro messo in piedi da Belsito con l’aiuto di alcuni imprenditori, dei fondi investiti in Tanzania e di chi ne fosse a conoscenza. Dalle carte emerge anche il nome dell’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti.

“The Family”
Durante una delle perquisizioni eseguite dagli inquirenti è stata ritrovata una cartellina, in una cassaforte intestata a Belsito, contenente alcuni documenti riconducibili alla famiglia di Umberto Bossi, come indica anche la scritta “The Family” sul plico. Stando a quando emerso fino a ora, al suo interno ci sono fatture e bonifici eseguiti dall’ex tesoriere per pagare i conti dei Bossi legati a spese sanitarie, multe per violazioni del Codice della strada e alla ristrutturazione della casa di famiglia a Gemonio. Le procure che indagano, a partire da quella di Milano, dovranno ora confrontare la documentazione con le intercettazioni telefoniche e con i movimenti bancari, per capire se i pagamenti effettuati da Belsito fossero leciti o meno.

Sul Corriere della Sera di oggi, Fiorenza Sarzanini spiega che la cartellina era custodita in una cassaforte nello studio di Belsito alla Camera dei Deputati. Oltre alla scritta “The Family”, sull’involucro compaiono anche i nomi “Umberto, Sirio, Renzo”. I soldi della Lega, dice Sarzanini, furono utilizzati per diversi pagamenti che non riguardavano strettamente le attività di partito, come il saldo del conto del dentista di Umberto Bossi tramite l’esborso di 1500 euro. Le carte dimostrerebbero inoltre che l’ex leader della Lega Nord era a conoscenza dei versamenti «perché in almeno due occasioni fu lui a firmare la distinta dei bonifici bancari destinati a sua moglie. In tutto 9.000 euro, che il Senatur dovrà adesso giustificare». Si tratta di un bonifico da 5.000 euro di aprile 2010 e di un secondo pagamento da 4.000 euro dell’ottobre dello stesso anno, entrambi senza causale. Nel fascicolo c’è anche una copia di un assegno del Banco di Napoli emesso da Belsito in proprio favore e poi girato. La data corrisponde a quella in cui, presso la stessa banca, furono saldate alcune tasse di Bossi per una cifra intorno ai 1.300 euro.

Le spese dei figli
Nella cartellina sono contenuti anche documenti che riguardano i figli Sirio e Renzo dell’ex segretario leghista. Stando alle carte, a Sirio fu pagato il ricovero per una operazione di chirurgia plastica al naso: 9.901 euro che secondo gli inquirenti furono pagati con i soldi della Lega Nord. Belsito si occupava anche del pagamento delle multe ricevute da Renzo Bossi: circa 166 euro per un divieto di circolazione non rispettato a Bologna, 165 euro per una infrazione simile a Modena e altre contestazioni per infrazioni del Codice della strada. In tutto, solo nel 2010, si parla di oltre 670 euro in multe e di un bollettino da 269 euro emesso dalla polizia locale di Vergiate (Varese).

Ristrutturazione
Tra le prime notizie emerse dall’inchiesta c’era quella della ristrutturazione della villa di famiglia dei Bossi a Gemonio. Quando si diffuse la notizia, l’ex leader della Lega Nord respinse le accuse, dicendo che avrebbe anche denunciato chi utilizzò i soldi del partito per rimettergli a posto la casa. Dalle carte emergono nuovi dettagli, che sembrano indicare un maggiore coinvolgimento della famiglia di Umberto Bossi, come spiega Sarzanini:

Il 10 dicembre 2010 la Vittoria Assicurazioni scrive direttamente alla Lega Nord per sollecitare il pagamento di 779,38 euro “relativo alla polizza dell’abitazione dei signori Marrone Manuela e Bossi Umberto”. Dodici giorni dopo parte il bonifico. L’ordinante, come è specificato nella copia, è Lega Nord.

Nella cartellina di Belsito c’è anche un fax ricevuto dalla moglie di Bossi a gennaio del 2010, contenente copia della fattura inviata da una impresa per lavori di impermeabilizzazione. Secondo gli inquirenti, il fatto che fosse Belsito a custodire il documento potrebbe indicare che lo stesso avesse provveduto al suo pagamento.

“Lo shampato”
Polytechnic Laboratory of Research (Polare) è una società riconducibile a Stefano Bonet, detto “lo shampato”, che intratteneva affari con Belsito ritenuti sospetti dagli inquirenti perché avrebbero coinvolto l’utilizzo dei fondi della Lega Nord ottenuti con i rimborsi elettorali (denaro pubblico). Walter Galbiati scrive oggi su Repubblica che «tra agosto 2011 e gennaio 2012, l’ex segretario amministrativo della Lega riceve dalla Polare tre bonifici: uno da 120mila euro (causale “vs competenze 2009-2010 compenso professionale”), un altro da 11mila euro (“saldo fattura”) e un terzo da 180mila euro (“saldo fattura numero tre”)». Bonet è sospettato di aver partecipato a uno strano giro di fatture che avrebbero consentito di trarre vantaggio dagli incentivi previsti dalla finanziaria del 2007 «per gli investimenti in attività di ricerca industriale e sviluppo di cui la Polare si occupava». Il ruolo di Belsito nella vicenda non è ancora chiaro, ma ci sono i pagamenti che indicano un suo possibile coinvolgimento, anche perché l’ex tesoriere della Lega Nord aveva uno stretto rapporto di fiducia con Bonet: gli affidò i 4,5 milioni di euro per i famosi investimenti in Tanzania.

La ‘ndrangheta
Sul conto di Belsito nel 2009 arrivarono 300mila euro derivanti da un bonifico per quella che sembra essere un’operazione immobiliare a Serra Ricco. Il versamento è di Marco Sanfilippo e Chiara Spadoni, spiega Galbiati, e quest’ultima nel 2011 riceve «dai conti della Lega gestiti da Belsito assegni circolari per 240mila euro». Serra Riccò (Genova) è il paese di residenza di uno dei soci di Belsito nella Effebi Immobiliare, dove siede anche come socio Alex Girardelli, figlio di Romolo Girardelli, indagato dalla procura di Reggio Calabra e considerato uno dei possibili legami con la ‘ndrangheta. Pochi giorni dopo aver ricevuto il bonifico, Belsito dispone un pagamento per Alex Girardelli da 52mila euro.

Oro e diamanti
Dalle carte emergono anche operazioni da parte di Belsito per diversificare gli investimenti della Lega Nord. Oltre all’acquisto dei fondi in Tanzania, l’ex tesoriere versa 204mila euro della Lega alla 8853 Spa, società che si occupa della compravendita di oro. Belsito decide anche di investire in diamanti, ma per farlo deve trasferire denaro dalle casse della Lega Nord ai propri conti perché la compravendita di diamanti può essere effettuata solo da persone fisiche e con bonifico. Centomila euro passano dalla Lega al suo conto personale e da lì parte poi l’investimento.

Giulio Tremonti e la Tanzania
Secondo la Direzione investigativa antimafia di Reggio Calabria, l’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti era a conoscenza, come Umberto Bossi, dell’operazione della Lega Nord in Tanzania portata avanti da Belsito. In una telefonata l’ex tesoriere ne parlava con Bonet, era il 10 gennaio scorso e sui giornali si iniziava a parlare dell’operazione africana del partito: «Bossi e Tremonti erano d’accordo sul fatto che la Lega Nord, con l’operazione, avesse voluto diversificare i loro risparmi». A Bonet, Belsito spiegava anche che Bossi gli aveva imposto di non rilasciare alcuna intervista sull’argomento. L’ex tesoriere spiegava, sempre al telefono, che Tremonti aveva appoggiato l’idea dell’operazione: «Fate bene a diversificare perché tra due mesi l’euro salta».

Roberto Castelli
Giuseppe Baldessarro e Francesco Viviano raccontano su Repubblica di oggi che, in seguito allo scandalo per i fondi in Tanzania, diversi esponenti della Lega Nord cercarono di correre ai ripari. L’imprenditore Bonet incontrò riservatamente Roberto Castelli per discutere la questione. Castelli faceva parte del consiglio amministrativo del partito e voleva fare chiarezza sui conti tenuti da Belsito. Dopo l’incontro, Bonet spiegò a uno dei propri contatti che si occupavano degli investimenti all’estero che Castelli è una persona «precisa e puntigliosa» e che nella Lega erano iniziate le indagini per capire come erano stati gestiti i fondi. Nei giorni successivi le cose si complicarono perché Castelli fece capire a Bonet che il partito non gli avrebbe restituito il denaro che aveva anticipato a Belsito per condurre l’affare. Al telefono con un socio, Bonet minacciò di far emergere il caso: «Vado in Procura e ai giornali e mi porto dietro mogli e ministri».

Roberto Maroni
Nelle intercettazioni telefoniche ci sono alcuni riferimenti a incontri di Bonet fissati con Roberto Maroni, ma non è chiaro se i due si siano poi mai visti e in quali condizioni. Come spiegano Baldessarro e Viviano, c’è comunque una intercettazione dove Belsito racconta a Rosy Mauro una telefonata di cui fu testimone tra Bossi e Maroni:

Perché il Capo, quando sono stato (incomprensibile) ha detto: “Devi avvisare due persone: Stiffoni e Castelli”. Ed io li ho chiamati e gliel’ho detto. Poi lui, di sua iniziativa, ha detto al commesso di chiamargli Maroni… E a Maroni gli ha detto: “Stronzo! Adesso non puoi più dire niente in giro…” E lui rideva… e lui rideva! Gli fa: “Aspetta che ti passo Belsito” …ed io gli ho detto: “Ciao… come avrai già sentito dal Capo, è tutto a posto” … “Bene, bene… sono contento…”, e basta.

Ieri Maroni si è presentato alla procura di Milano, dove ha assicurato piena collaborazione ai pubblici ministeri che indagano sulla presunta gestione illecita dei fondi elettorali della Lega Nord. L’esponente leghista, che con Manuela Dal Lago e Roberto Calderoli guida il partito in attesa del congresso federale, ha spiegato che «qualunque richiesta sarà immediatamente soddisfatta» ricordando che è nell’interesse della Lega «accertare la verità e le eventuali responsabilità».

Rosy Mauro
L’esponente della Lega Nord ritenuta più vicina a Umberto Bossi ha confermato di non volersi per ora dimettere dall’incarico di vicepresidente del Senato. Secondo gli inquirenti, Belsito avrebbe girato illecitamente fondi del partito a Mauro e al SIN.PA, il sindacato padano di cui è segretaria. Ieri Rosy Mauro avrebbe dovuto presiedere una seduta in aula, ma è rimasta nel proprio ufficio facendosi sostituire dal presidente del Senato, Renato Schifani, che ha poi annunciato alla Conferenza dei capigruppo che sostituirà la vicepresidente fino a quando sarà necessario per il buon nome dell’istituzione. La Lega Nord, intanto, continua a fare pressioni affinché si dimetta. Oggi si terrà il Consiglio federale del partito e potrebbero essere assunti duri provvedimenti nei suoi confronti: alcuni esponenti vorrebbero la sua espulsione, ma è più probabile che si decida di applicare la pena massima prevista dallo statuto della Lega Nord e che prevede 9 mesi di sospensione e renderebbe Mauro non candidabile alle prossime elezioni. La decisione di oggi del Consiglio potrebbe condizionare la scelta di Rosy Mauro di mantenere o meno il proprio incarico di vicepresidente del Senato.