• Mondo
  • Domenica 26 febbraio 2012

Le proteste di oggi in Russia

Migliaia di persone hanno partecipato alle proteste contro Putin degli ultimi giorni, a Mosca e a San Pietroburgo: le immagini e il racconto dell'inviato del Post

di Augusto Come

(AP Photo/Dmitry Lovetsky)
(AP Photo/Dmitry Lovetsky)

“Oggi si festeggia la fine del lungo inverno putiniano!”, si compiace Sergei Udalzov, leader del Fronte di Sinistra. Il movimento che da più di due mesi si batte per delle elezioni pulite è sceso nuovamente in piazza domenica 26 febbraio, ultimo giorno di Masliniza, il carnevale che celebra l’inizio della primavera. In risposta al rifiuto della prefettura di autorizzare una manifestazione, uno dei collettivi nati sull’onda delle proteste di quest’inverno ha mobilitato 40 mila persone che, tenendosi per mano, hanno formato un immenso girotondo lungo il Sadovoe Kalzo, la periferica di 15 km che ruota intorno al centro di Mosca. Senza slogan, cartelloni ma con semplici nastrini bianchi hanno formato un’impressionante cerchio umano che ha simbolicamente accerchiato la città.

Vladimir, 25 anni, giornalista dell’Izviestno: “Erano molti gli scettici alla vigilia, io stesso ho deciso all’ultimo di partecipare alla protesta di oggi. Ad alcuni la storia del girotondo proprio non andava giù, la trovavano una carnevalata. Per altri l’idea era buona, ma impossibile da realizzare: un conto è radunare migliaia di persone in un punto preciso, ma qui si trattava di disporle lungo più di 15 km. E invece è stata un colpo di genio! Non abbiamo avuto bisogno di autorizzazioni, perché formalmente non si tratta di una manifestazione, la gente ha aderito entusiasta e poi la visibilità dell’evento è imparagonabile, qui ci vedono tutti, non siamo più nascosti su un’isoletta della Moscova”. Nato all’indomani delle elezioni parlamentari del 5 dicembre, con una protesta semi-spontanea contro i brogli elettorali, il movimento ha raggiunto un portata considerevole, portando in piazza, a più riprese, decine di migliaia di persone, nelle più grandi manifestazioni d’opposizione degli ultimi quindici anni.

(Guida alle elezioni in Russia)

Questi “nuovi decabristi” (come alcuni di loro amano definirsi, riferendosi ai gruppi liberali che sfidarono l’assolutismo dello Zar Nicola I, e di cui fece parte anche Aleksander Pushkin, poeta e eroe nazionale) sono un gruppo politicamente molto eterogeneo. Come dice Sergei, studente di relazioni internazionali all’Università Statale di Mosca: “Certo, l’indignazione per la truffa elettorale e un’avversione viscerale per Putin e la sua cricca sono il collante di base. Ma il comune denominatore è la passione civica che unisce tutte queste persone. Al di là delle loro convinzioni politiche opposte, comunisti, liberali e nazionalisti si danno la mano con la convinzione di avere a fianco innanzitutto altri cittadini. Ad ogni modo, siamo tutti nella stessa situazione, senza alcun candidato in grado di rappresentarci. La gente che manifesta è pronta a votare per qualsiasi candidato al di fuori di Putin. Zhirninovsky, Mironov, Zhuganov, che differenza fa? L’importante è minare l’autorità di Putin. Io voterò per i comunisti”.

Ciò che li unisce, passione civica a parte, è il loro essere in gran parte giovani, istruiti e urbanizzati. Rappresentano quella classe media che in Russia si va sempre più ingrossando e quella nuova generazione di russi che, per sua fortuna, è nata troppo tardi per ricevere un’educazione sovietica e che ha solo un vago ricordo dei dolorosi anni Novanta, quando la parola “demokratia” cominciò presto col far rima con “dermokratia” – merdocrazia. Molti di loro ne fanno una questione generazionale. “Noi viaggiamo all’estero, siamo interconnessi e sognamo di una Russia democratica e pulita, cosa incompatibile con la classe politica attualmente al potere”. È per questo che la prospettiva di altri sei anni di putinismo li preoccupa cosi tanto. Liudmila, pensionata, dice che è stufa di dittatori: “Li ho passati tutti, Stalin, Kruscev, Brezhnev, Putin… tutti! Spero che Putin sia l’ultimo”. Ha fiducia nelle nuove generazioni, che “sono finalmente libere dalle vecchie paure”. Anche Anna, studentessa dell’Alta Scuola d’Economia, la pensa così. “La democrazia in questo paese sarà possibile solo quando morirà l’ultima persona che, per sua sfortuna, ha vissuto sotto l’URSS”.

Mancando di strutture organizzative e mezzi di comunicazione tradizionali il movimento si struttura tramite internet: Facebook e LiveJournal, la piattaforma-blog più in voga in Russia, sono gli spazi pubblici sui quali vengono incessantemente discusse nuove strategie e i programmi. Il sito che coordinava la manifestazione di oggi è stato più volte messo fuori uso, prima di essere trasferito su un server irlandese. Anche il finanziamento degli eventi avviene per lo più tramite raccolte di fondi su internet, dove privati donano piccole somme tramite Yandex Dengy, sito di pagamenti online.

Certo, non mancano comitati e collettivi che si occupano dell’organizzazione tecnica delle manifestazioni: alcuni attivi da diversi anni, come Solidarnost, altri nati sull’onda degli eventi di dicembre, come la Liga degli Elettori, gruppo di intellettuali e giornalisti. I membri di queste associazioni rispecchiano la grande eterogeneità politica del movimento. Tra di loro si trovano letterati, come lo scrittore Akunin e il poeta Bykov, blogger e giornalisti, come Pozner e Navalny, rappresentati della società civile e capofila di partiti d’opposizione extraparlamentare come Yabloko di Yavlinsky e il Partito della Libertà Popolare di Boris Nemzov. Il movimento tuttavia rimane acefalo e in larga misura spontaneista.

“Ad inizio dicembre erano in molti a sognare o a temere di trovarsi all’inizio di un ciclo rivoluzionario capace di scuotere il paese” dice Vladislav, imbianchino sulla trentina con un passato da NazBol, piccolo partito illegale anarco-comunista. “Dopo tutto, gli ingredienti c’erano tutti: malumore diffuso, intellettuali in rivolta, un ciclo elettorale in corso”. Eppure, a quasi tre mesi dall’inizio delle proteste il movimento si è gradualmente stabilizzato: è rimasto circoscritto a Mosca e San Pietroburgo, senza attecchire nei grandi centri urbani di provincia, dove le manifestazioni, spesso vietate dalle autorità locali, hanno riunito poche migliaia di persone. Al di là delle proteste di piazza, non si sono registrati né scioperi, né mobilitazioni studentesche. Il movimento è rimasto “elitario”. Espressione di una classe media urbanizzata e con alti livelli di istruzione, al movimento manca l’appoggio delle classi popolari. “Troppo poco per minacciare un sistema che, per quanto corrotto e autoritario, è rodato da anni”, dice Vladislav.

Putin e Medvedev si sono mantenuti al lungo in un imbarazzato silenzio. Lo smarrimento tuttavia è durato poco. “Finora l’establishment ha giocato la partita in modo impeccabile” – spiega Anna Karetnikova, membro del direttivo di Solidarnost, una delle organizzazioni leader della protesta. “Il movimento è stato alternativamente sbeffeggiato e preso sul serio, riconosciuto come portatore di rivendicazioni legittime e accusato di essere un burattino nelle mani di potenze straniere che vogliono rigettare la Russia nel caos degli anni Novanta”. Pochi giorni fa, mentre Putin tacciava i portavoce del movimento di “essere pronti a tutto pur di soddisfare le loro personali ambizioni politiche” e di essere appoggiati da potenze straniere, il presidente Medvedev incontrava gli stessi per discutere una possibile liberalizzazione del sistema politico. Infine, una serie di massicce manifestazioni di supporto a Putin sono state organizzate in quella che è spesso apparsa come una prova di muscoli da parte del regime, pronto a sfidare le proteste sul loro stesso campo: la piazza. Ciò che a prima vista appare come una strategia contraddittoria, si è rivelato un tira e molla efficace per prendere tempo, scommettendo che, conclusa la tornata elettorale, chi protesta rientrerà nei ranghi.

“A dicembre pretendevamo fondamentalmente due cose: delle elezioni oneste e un inverno degno di questo nome. Possiamo dire che la metà delle nostre rivendicazioni sono state soddisfatte!”, ride di gusto Aleksander Cherkasov, attivista di Memorial, una delle principali associazioni per la difesa dei diritti umani in Russia. “Scherzi a parte” continua Cherkasov “se è forse ancora troppo presto per un bilancio definitivo, il ciclo di proteste ha segnato definitivamente la fine di quel consenso unanime e incondizionato al sistema-Putin degli anni 2000, quando non essere d’accordo significava essere un povero marginale”.

Putin vincerà facilmente le presidenziali della prossima settimana ma il mandato si preannuncia molto movimentato. “Putin lo vedo malissimo”, dice Yuri, imprenditore di 50 anni. “Qui se non si riforma il paese si rischia la rivoluzione. Il problema è che lui non se ne rende conto, non sa dove vive, non capisce che la sua base si erode inesorabilmente. Gli imprenditori lo hanno già mollato, la burocrazia gli si rivolta già contro, presto non rimarranno che i pensionati e le casalinghe rimbambiti dalla propaganda televisiva”. Per lui il problema fondamentale del paese è la corruzione. “Io ho fondato un’industria petrolchimica a Tomsk, in Siberia, so di cosa parlo quando dico che la nostra burocrazia è una classe parassitaria. Mi hanno già estorto centinaia di migliaia di euro, minacciando controlli arbitrari e denunce”. Poi riprende a fare campagna per Prokhorov, miliardario e candidato liberale alle presidenziali: “Per Prokhorov presidente e Khadarkovsky primo ministro! Europa, capitalismo e democrazia!”

Che cosa succederà dopo le elezioni rimane un mistero. Nessuno sa se il movimento di protesta saprà trasformarsi in una forza capace di fare pressione sulla classe politica russa. Come nessuno sa se la classe politica russa vorrà prestare orecchio a queste aspirazioni. Putin, per formazione, convinzioni politiche e interessi personali, non sembra certo essere la migliore persona per adempiere questo compito. L’unica cosa sicura è che il periodo post elettorale sarà molto movimentato. Denis, 35 anni, programmista e attivista dell’organizzazione “Cittadino Osservatore” è già sul piede di guerra. “Ci saranno nuovamente brogli massicci. Putin vuole vincere al primo turno, non ammetterebbe mai l’umiliazione di un ballottaggio. Ma questa volta siamo pronti, abbiamo un esercito di osservatori. Dopo le scandalose elezioni parlamentari di dicembre abbiamo registrato un boom di nuovi volontari che monitoreranno il processo elettorale e riporteranno ogni minima scorrettezza”. I comitati di protesta, dal canto loro, hanno già chiesto al comune l’autorizzazione per tre manifestazioni che con tutta probabilità si terranno l’8, il 9 e il 10 marzo.