Il viaggio in orbita di John Glenn

Le foto e la storia del primo statunitense a compiere l'orbita terrestre, cinquant'anni fa

Il 20 febbraio di cinquant’anni fa, la missione spaziale Mercury-Atlas 6 (MA-6) partì alle 9:47 del mattino dal Complesso di lancio 14 di Cape Canaveral in Florida. A bordo della navicella Friendship 7 c’era l’astronauta John H. Glenn, Jr, che pochi minuti dopo sarebbe diventato il primo statunitense a compiere l’orbita terrestre. Il volo fu un successo: la capsula fece per tre volte il giro della Terra nel corso di 4 ore e 55 minuti di volo, poi rientrò nell’atmosfera terrestre e si tuffò nell’Oceano Atlantico dove fu recuperata dal cacciatorpediniere USS Noa DD-841.

La missione faceva parte del programma spaziale Mercury, avviato nel 1959 con l’obiettivo di portare il prima possibile un uomo in orbita. Erano gli anni della Guerra fredda e Stati Uniti e Unione Sovietica si combattevano anche sul fronte della conquista dello spazio, con dimostrazioni di forza sul piano della ricerca e dello sviluppo tecnologico. Inviare un uomo nello spazio e poterlo riportare sano e salvo al suolo significava avere la possibilità di usare potenti lanciatori (missili), le cui tecnologie sarebbero tornate utili anche per scopi bellici nel caso di un conflitto diretto tra i due blocchi.

Assumendosi non pochi rischi, il 12 aprile del 1961 l’Unione Sovietica riuscì nell’impresa di inviare per la prima volta un uomo nello spazio, il cosmonauta Yuri Gagarin. La missione segnò un enorme successo per il programma spaziale sovietico e mise in difficoltà gli Stati Uniti, ancora indietro con il progetto Mercury. Gli statunitensi intensificarono gli sforzi e il 5 maggio del 1961, tre settimane dopo Gagarin, inviarono nello spazio il loro astronauta Alan Shepard. A differenza del cosmonauta, Shepard non compì l’orbita della Terra, tuttavia divenne il primo uomo a controllare manualmente alcuni comandi di una capsula spaziale. Nel luglio del 1961 gli Stati Uniti mandarono il loro secondo uomo nello spazio, Gus Grissom, ma anche in questo caso si trattò di un volo senza effettuare l’orbita intorno alla Terra.

Gli statunitensi non riuscirono a recuperare buona parte del ritardo accumulato nei confronti dei sovietici, arrivando a compiere il loro primo volo orbitale quasi a un anno di distanza da quello di Gagarin. Per la missione fu scelto il pilota dell’aeronautica militare statunitense John Glenn, che all’epoca aveva 40 anni. Nato a Cambridge, nell’Ohio, Glenn aveva ricevuto una preparazione scientifica a scuola e aveva successivamente combattuto nella Seconda guerra mondiale, partecipando a diverse operazioni aeree nel Pacifico. A guerra finita proseguì la propria carriera nell’aviazione e nel 1959 fu selezionato dalla NASA, insieme con altre sei persone (Mercury Seven), per il progetto Mercury.

Dopo i voli di Shepard e Grissom, nel novembre del 1961 la NASA inviò nello spazio lo scimpanzé Enos, il primo animale statunitense a compiere l’orbita terrestre. L’operazione andò a buon fine ed Enos tornò sano e salvo al suolo, segnando un importante progresso per i piani spaziali degli Stati Uniti. Ai primi di dicembre fu annunciato che il primo astronauta statunitense in orbita sarebbe stato John Glenn il 16 gennaio del 1962. A causa di alcuni problemi tecnici il lancio fu successivamente rimandato al 23 gennaio e ancora di diversi giorni a causa del brutto tempo. Il 27 gennaio Glenn era nella sua capsula pronto per il lancio, quando l’operazione fu annullata a causa delle nubi che si erano addensate sulla Florida. Altri problemi tecnici e il brutto tempo portarono al 20 febbraio.

Nelle ore immediatamente precedenti il lancio non c’era comunque nulla di certo, anche alla luce dei tanti rinvii delle settimane precedenti. Risolti alcuni problemi alla chiusura del portellone della capsula, Glenn partì poco prima delle dieci del mattino verso l’orbita terrestre. Vinse la forza di gravità e poté compiere il viaggio grazie ad Atlas LV-3B, un lanciatore alto 28,7 metri sulla cui sommità era collocata la capsula. Dopo aver viaggiato per circa 121mila chilometri con una velocità massima di 28mila chilometri all’ora, Glenn tornò sulla terra diventando uno degli astronauti più conosciuti nella storia degli Stati Uniti.

Dopo l’assassinio di John Fitzgerald Kennedy nel 1963, Glenn lasciò i propri incarichi presso la NASA e si candidò alla primarie democratiche in Ohio per prendere il posto del senatore Stephen M. Young. Dovette rinunciare a causa di un infortunio domestico, che gli causò una commozione cerebrale e seri danni a un orecchio. Non abbandonò l’impegno politico e nel 1974 divenne senatore dell’Ohio, carica che riuscì a mantenere fino al 1999 grazie a diversi successi elettorali. L’impegno politico non lo distolse quasi mai del tutto dalla propria passione per lo spazio: accettò una proposta della NASA per ritornare a volare oltre l’atmosfera terrestre. Il 29 ottobre del 1998 partecipò alla missione STS-95 dello Space Shuttle Discovery e divenne a 77 anni la persona più anziana a essere mai stata nello spazio.

La decisione della NASA fu aspramente criticata da parte della comunità scientifica e da alcuni ambienti politici. Fu giudicata una mera mossa pubblicitaria, tesa a portare maggiore attenzione sull’ente spaziale, spesso in difficoltà nel reperimento di finanziamenti pubblici per le proprie attività. In effetti la nuova missione di Glenn ottenne un grande seguito mediatico, che finì per oscurare il valore scientifico dell’operazione. I ricercatori della NASA misero insieme molti dati sulla salute di Glenn e sulla risposta del suo organismo all’assenza di gravità. Le informazioni furono inoltre confrontate con quelle raccolte 36 anni prima in occasione del primo volo orbitale di un astronauta statunitense.

Oggi John Glenn è un anziano signore di 90 anni e si è ritirato dalla vita pubblica, salvo qualche sporadica apparizione in occasione di convegni o di trasmissioni televisive. Insieme con M. Scott Carpenter, Glenn è l’unico dei Mercury Seven a essere ancora in vita.