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  • Mercoledì 7 dicembre 2011

L’intervista ad Assad

Il presidente della Siria, alla tv americana ABC, ha negato di aver dato l'ordine di sparare sui civili e ha contestato i dati dell'ONU sulle persone uccise dalla repressione

In this undated image provided by ABC, Syrian President Bashar Al-Assad speaks with ABC News Anchor Barbara Walters for an interview airing Wednesday, Dec. 7, 2011, on ABC. Assad denied he ordered the deadly crackdown on a nearly 9-month-old uprising in his country, claiming he is not in charge of the troops behind the assault. Speaking to Walters in a rare interview that aired Wednesday, he maintained he did not give any commands “to kill or be brutal.” (AP Photo/ABC, Rob Wallace)

In this undated image provided by ABC, Syrian President Bashar Al-Assad speaks with ABC News Anchor Barbara Walters for an interview airing Wednesday, Dec. 7, 2011, on ABC. Assad denied he ordered the deadly crackdown on a nearly 9-month-old uprising in his country, claiming he is not in charge of the troops behind the assault. Speaking to Walters in a rare interview that aired Wednesday, he maintained he did not give any commands “to kill or be brutal.” (AP Photo/ABC, Rob Wallace)

Il presidente siriano Bashar al Assad, dalla sua residenza privata a Damasco, ha dato un’intervista, trasmessa oggi mercoledì 7 dicembre, a Barbara Walters, giornalista della televisione americana ABC. Assad ha dichiarato di «non aver mai dato l’ordine di sparare sui civili inermi» e ha contestato l’ultimo bilancio ONU sul numero delle vittime della repressione nel suo Paese: 4mila dall’inizio delle proteste, lo scorso marzo, di cui 700 nel solo mese di novembre. Assad ha spiegato: «Noi non uccidiamo la nostra gente. Nessun governo al mondo uccide la propria gente, a meno che non sia presieduto da un pazzo. Io sono diventato presidente grazie al sostegno popolare. Non ci si può sentire in colpa quando si fa del proprio meglio. Ci si può dispiacere per le vite perse, ma non sentirsi colpevoli quando non si sono ammazzate delle persone».

Secondo l’ONU in Siria, dopo quasi nove mesi di repressione, sono più di 4.936 le persone uccise dalle forze fedeli al presidente Assad. Di questi, 4.042 sono civili e 892 sono militari o agenti dei servizi di sicurezza. Tra i civili si contano 113 donne e 364 tra bambini e adolescenti. Bashar al Assad, durante l’intervista, ha spiegato che «gran parte delle persone uccise sono sostenitori del governo» e sulle morti dei civili ha spiegato che «ogni reazione violenta è stata individuale, non dell’istituzione: c’è una differenza tra l’avere la polizia che reprime e l’avere alcuni agenti che commettono errori». E ha aggiunto: «Chi ha detto che le Nazioni Unite sono un’istituzione credibile?».

Nel frattempo sta crescendo la pressione internazionale su Bashar al Assad perché lasci il potere: oltre alle proteste di piazza, il 27 novembre sono state approvate le sanzioni della Lega Araba che includono: l’interruzione di ogni rapporto con la Banca Centrale siriana; lo stop ai fondi dei paesi arabi destinati a progetti in Siria; il divieto di ingresso nei paesi arabi per i ministri siriani; il congelamento dei conti bancari legati a membri del governo di Assad. Tutte le sanzioni, ha puntualizzato il Qatar, saranno immediatamente attive. Anche la Turchia ha annunciato nuove misure punitive tra cui una tassa del 30 per cento sulle merci provenienti dalla Siria. Mentre Assad parlava all’ABC, il segretario di Stato Hillary Clinton ha incontrato a Ginevra sette rappresentanti dell’opposizione al governo della Siria e ha ribadito la posizione degli Stati Uniti sulla necessità che Assad abbandoni il potere per poi dare avvio ad una «transizione democratica».