Il mondo secondo Mario Monti

Che cosa ha detto in questi anni il futuro premier sulla crisi, i governi tecnici, Berlusconi e Tremonti, il calcio, Marchionne, la globalizzazione e molto altro

BRUSSELS, BELGIUM: EU competition commissioner Mario Monti of Italy sits at EU headquarters in Brussels 24 March 2004 with the Microsoft file before announcing a record-breaking 497 million euros (613 million dollars) fine against US software giant Microsoft for breaking EU competition law. Microsoft said it would appeal the verdict, which comes after a five-year investigation. AFP PHOTO / GERARD CERLES (Photo credit should read -/AFP/Getty Images)

BRUSSELS, BELGIUM: EU competition commissioner Mario Monti of Italy sits at EU headquarters in Brussels 24 March 2004 with the Microsoft file before announcing a record-breaking 497 million euros (613 million dollars) fine against US software giant Microsoft for breaking EU competition law. Microsoft said it would appeal the verdict, which comes after a five-year investigation. AFP PHOTO / GERARD CERLES (Photo credit should read -/AFP/Getty Images)

Mario Monti è diventato ieri il presidente del Consiglio incaricato, dopo essere precipitosamente diventato senatore a vita e protagonista della crisi politica ed economica di questo paese. Ma Monti è un personaggio di grande rilevanza pubblica da molti anni, e scavando negli archivi dei quotidiani – Monti è tra l’altro storico collaboratore del Corriere della Sera – e delle agenzie di stampa si trovano molte sue dichiarazioni che aiutano a descrivere le sue idee e il suo profilo, ora che si appresta a un tentativo così complesso e ambizioso. Abbiamo deciso di limitare la nostra ricerca alle cose dette negli ultimi anni, per lasciare che questa selezione mantenesse un interesse di qualche attualità. Ma segnaliamo quanto diceva Monti in un’altra fase politica, era il 1996, quando ricopriva l’incarico di commissario europeo su nomina di Berlusconi e vari giornalisti lo davano in procinto di candidarsi alla leadership del centrodestra. Monti disse allora di non essere “minimamente” interessato alla politica italiana.

“Questa è la cosa che mi interessa, non mi interessa minimamente la politica italiana. Nel gennaio 1995 fu il centro, fu la sinistra a sostenere che io dovessi diventare presidente del Consiglio e fu Berlusconi a dire no al Capo dello Stato e divenne presidente del Consiglio Dini. Lo cito come cronaca ma la mia risposta prevalente alla sua domanda è: niente di più lontano dalle mie preoccupazioni della vita politica interna italiana”

Il mercato e le regole
“Probabilmente il cittadino comune percepisce che il mercato è una cosa scomoda, che sarebbe più confortevole esserne al riparo, dietro questa o quella protezione; ma capisce che se c’è mercato c’è più efficienza, tutti si sforzano di più e in definitiva c’è più benessere”.
12 agosto 2005

“Il mercato deve premiare il merito, non deve portare gli uni a ricchezze illimitate e gli altri alla fame, deve esserci un arbitro imparziale, che vigila sul rispetto delle regole”.
12 agosto 2005

“L’economia di mercato ha bisogno di pubblici poteri forti, di imprese forti e di forte distanza di braccio tra gli uni e le altre”.
10 dicembre 2006

“I poteri pubblici hanno a lungo assistito passivi agli eccessi del mercato e della finanza. Dinanzi a quella avanzata, hanno ritirato, disarmato lo Stato. Se non recupereranno la capacità di contenere le disuguaglianze, gli Stati saranno in grave difficoltà di fronte alle pesanti conseguenze della crisi. Ma quella capacità, la potranno recuperare solo se coordineranno le loro fiscalità”.
22 marzo 2009

I governi tecnici
“I governi tecnici, a mio parere, non sono mai desiderabili in una democrazia. Se in determinati passaggi si è fatto ricorso a questa modalità di governo, anomala e non fisiologica, è in genere perché l’applicazione spinta di tecniche per le sopravvivenze politiche particolari ha impedito al «tutto» politico di funzionare con sufficiente efficacia”
24 maggio 2007

“È sperabile che non accadano mai. Spero che il sistema politico sia in grado di produrre governi politici con una maggioranza e una opposizione”
9 aprile 2008

Gelmini e Marchionne
“In Italia, data la maggiore influenza avuta dalla cultura marxista e la quasi assenza di una cultura liberale, si è protratta più a lungo, in una parte dell’ opinione pubblica e della classe dirigente, la priorità data alla rivendicazione ideale, su basi di istanze etiche, rispetto alla rivendicazione pragmatica, fondata su ciò che può essere ottenuto, anche con durezza ma in modo sostenibile, cioè nel vincolo della competitività. Questo arcaico stile di rivendicazione, che finisce spesso per fare il danno degli interessi tutelati, è un grosso ostacolo alle riforme. Ma può venire superato. L’abbiamo visto di recente con le due importanti riforme dovute a Mariastella Gelmini e a Sergio Marchionne. Grazie alla loro determinazione, verrà un po’ ridotto l’handicap dell’Italia nel formare studenti, nel fare ricerca, nel fabbricare automobili”.
2 gennaio 2011

Le corporazioni
“È certo, come mostra l’esperienza di più legislature, che un governo non riuscirà a riformare l’Italia per darle una prospettiva di crescita e di equità, se il potere politico non saprà imporre la riduzione della selva di rendite di cui godono moltissime categorie economico-sociali, vicine alla destra, al centro e alla sinistra”.
3 febbraio 2008

“In Italia c’è una selva di privilegi corporativi, siamo tutti con gli artigli tesi a difendere i nostri privilegi”
26 settembre 2011

Il calcio
“Per decenni, sono stato un tifoso convinto. Da molti anni non vado più allo stadio, né guardo le partite alla televisione. Non perché non abbia tempo. Ma perché il calcio, non solo in Italia, mi sembra sia diventato un fenomeno negativo. Certo, lo spettacolo calcistico è sempre più suggestivo, grazie al continuo progresso delle tecniche di gioco e delle tecniche televisive. E io che, come è noto, sono un «tecnico», dovrei esserne felice. Invece, provo per il calcio — intendo il grande calcio professionistico — un crescente disgusto”.
14 maggio 2006

“Il calcio è diventato frequente occasione, se non miccia, per la violenza e l’intolleranza. Sotto il manto nobile dei valori dello sport, è sempre più spesso un concentrato di dubbi intrecci tra finanza e politica, conditi di mondanità. Scommesse illecite, rapporti con la camorra, fideiussioni bancarie fasulle, presidenti di società calcistiche che spadroneggiano nei dibattiti televisivi, anche se non sempre padroneggiano la lingua italiana”.
14 maggio 2006

Le liberalizzazioni
“La politica di liberalizzazione, la novità più significativa del governo Prodi, non può permettersi l’insuccesso. Ha bisogno di alcune prime realizzazioni, per essere vista come un’avanzata graduale ma inarrestabile. Così, i cittadini saranno fiduciosi e daranno il loro sostegno. Le lobby si opporranno, ma poi capiranno che è arrivato, per tutti, il momento di passare ad un’economia più moderna”.
20 luglio 2006

“Se si vuole essere seri sulle liberalizzazioni, si rivisiti pure la Costituzione, ma prima ancora si visiti Atene. Il 21 gennaio il governo Papandreou ha adottato una riforma di quelle che i Greci chiamano correttamente le «professioni chiuse» e noi pudicamente le «professioni liberali». La riforma consiste nell’abolizione, per tutte le professioni, delle tariffe minime, del numero chiuso, delle restrizioni territoriali e del divieto di farsi concorrenza con la pubblicità. È lasciata agli ordini professionali la possibilità di dimostrare, ma avendo su di sé l’onere della prova, che l’una o l’altra di quelle restrizioni sono necessarie per la tutela di interessi pubblici, quali l’integrità nell’esercizio della professione o la tutela dei consumatori”.
6 febbraio 2011

“I provvedimenti di liberalizzazione non dovrebbero essere oggetto né di concertazione, né di decretazione d’ urgenza, ma di preventiva e trasparente consultazione”.
20 luglio 2006

Silvio Berlusconi
“Devo riconoscere che, spesso richiesto all’estero di giudizi sul presidente Berlusconi e sul suo governo, non ho mai assecondato le colorite espressioni usate dai miei interlocutori nel formulare la domanda e ho sempre sottolineato che, se c’è un «problema Berlusconi», deve essere un problema di noi italiani, che l’abbiamo democraticamente eletto tre volte. La prima volta, posso aggiungere, nella speranza di molti che emergesse anche in Italia una forza liberale”.
16 ottobre 2011

“Silvio Berlusconi non ha mai mostrato di considerare l’economia – tranne l’agognata riduzione delle tasse – come una vera priorità del suo governo”.
14 agosto 2011

La grande coalizione
“Da noi è ancora maggiore il fabbisogno di riforme, mentre vi è il rischio che gli interessi organizzati riescano a frenarle facendo leva – quasi un divide et impera – sull’aspra competizione tra i due Poli in presenza di un’esigua maggioranza governativa. Sotto tale profilo, potrebbe essere utile una grande coalizione o almeno un impegno congiunto su questi temi tra un fronte più ampio di forze politiche”.
12 agosto 2006

Le riforme e l’equità sociale
“Rendere più efficienti le strutture di mercato, anche con politiche di liberalizzazione, significa rendere più sostenibile la maggiore socialità, grazie ad un’economia più competitiva; significa non ridurre, ma accrescere ulteriormente l’equità sociale. Maggiore concorrenza vuol dire vantaggio del consumatore rispetto all’impresa protetta, dell’impresa minore rispetto all’impresa dominante, dell’utente di servizi pubblici rispetto a categorie che a volte godono di privilegi ingiustificati. A vantaggio, soprattutto, dei giovani senza lavoro, che solo da un’economia più competitiva, meno zavorrata da chiusure corporative, possono attendersi un futuro con qualche speranza”.
12 novembre 2006

“Meno barriere all’entrata, meno privilegi e rendite per gli inclusi, più possibilità di ingresso per gli esclusi e per i giovani, più spazio al merito e alla concorrenza: questi gli ingredienti di un’economia più competitiva, di una maggiore crescita, di una società più aperta, più inclusiva, più equa. Purtroppo, questo impegnativo disegno non è stato voluto con continuità; ancor meno è stato realizzato”.
1 maggio 2011

La sinistra e le riforme
“Come potrebbero [i grandi sindacati e alcuni partiti di sinistra] spiegare ai loro aderenti, ai ceti che ritengono di rappresentare, un’opposizione a misure che darebbero a questi vantaggi concreti e maggiore dignità, riducendo i privilegi di altre categorie sociali oggi più favorite? Una «rifondazione comunista» è una meta legittima, che può anche essere considerata nobile. Ma se nel perseguirla si opera, involontariamente, per un’arcaica «conservazione capitalista», si aiutano di fatto le forze corporative a mantenere il capitalismo italiano in una condizione inefficiente, a danno dei più deboli, qualche interrogativo deve pur porsi”.
12 novembre 2006

Le radici cristiane dell’Unione Europea
“Sarebbe davvero riduttivo, a mio parere, concentrare soverchia attenzione sulla richiesta dell’esplicito riconoscimento delle radici cristiane [dell’Unione Europea]. Se questo riconoscimento ci sarà, sia il benvenuto. Se non dovesse raccogliere la necessaria unanimità degli Stati membri, si cerchi di non sommare a questa delusione un danno di portata ben maggiore”.
25 marzo 2007

L’Europa
“L’Unione europea finora è stata incapace di affermarsi nel mondo perché non si è dotata dei poteri per parlare con una sola voce in politica estera”.
17 gennaio 2008

“Le critiche all’Unione Europea sono lecite. Sono invece meno pronto a permettere di parlare di fucili”
9 aprile 2008

“L’euro non è in crisi. In questi 12 anni, e ancora attualmente, l’euro non manifesta nessuno dei sintomi di debolezza di una moneta. Gli attacchi speculativi ci sono, spesso violenti. Ma non sono attacchi contro l’euro”.
30 ottobre 2011

La globalizzazione
“La globalizzazione in corso sta apportando grandi benefici e grandi problemi, a livello mondiale e all’interno di ogni Paese. Essa non è un fenomeno irreversibile. Nel 1914 la globalizzazione era, in molti aspetti, ancora più avanzata di oggi. Ma la guerra la infranse. È chiaro da anni che la globalizzazione attuale richiede, per non cozzare contro ritorni protezionistici, di essere molto più governata dai pubblici poteri, attraverso un ben più efficace coordinamento internazionale”.
12 marzo 2008

La proposta Ichino
“Un esempio di riforma strutturale utile per non penalizzare i giovani nel mercato del lavoro è quella proposta dal senatore Pietro Ichino. Essa mira a superare la divisione tra lavoratori anziani di fatto stabili e i giovani che invece, quando riescono ad avere un’occupazione, sono in prevalenza precari. E rispetta anche l’esigenza delle imprese di avere la necessaria flessibilità”.
8 febbraio 2009

Giulio Tremonti
“L’Italia ha retto meglio di altri Paesi di fronte alla crisi. Lo dobbiamo a certe peculiarità delle nostre strutture economiche, finanziarie e sociali— peraltro non tutte favorevoli alla crescita nel lungo periodo — e alla linea di prudente fermezza seguita nella gestione del bilancio pubblico”.
25 luglio 2010

“È essenziale insistere sulla linea della disciplina fiscale, che il ministro Tremonti sta perseguendo con determinazione e se mai assicurarsi che essa venga rafforzata nell’esecuzione. Ma è altrettanto essenziale abbandonare la politica, e perfino la filosofia, seguita dal ministro Tremonti nei tre governi Berlusconi a su un’altra questione decisiva: che è di importanza vitale per l’Italia far aumentare la produttività complessiva dei fattori produttivi, la competitività e la crescita; e ridurre le disuguaglianze sociali”.
14 luglio 2011

“La politica economica italiana, sotto la regia del ministro Tremonti, ha avuto il grande merito di permettere all’Italia di attraversare la crisi finanziaria con danni molto inferiori a quelli di altri Paesi, pur considerati meno fragili. D’altra parte, i risultati insoddisfacenti dell’economia reale sono anch’essi attribuibili, in parte, a carenze della politica economica”.
4 settembre 2010

La casta
“Credibilità e impegno per il futuro sono l’essenza stessa della politica. Se mancano, è difficile che i cittadini non disprezzino i politici. Ma per i tecnici della sopravvivenza, che si ritengono politici, contano di più i risultati delle prossime elezioni amministrative e la rigida tutela conservatrice degli interessi di categoria dei propri elettori”.
22 maggio 2007

“I politici sarebbero disposti a dire di sì a tutti pur di vincere. Altro che patto fra le generazioni: se non ci fosse l’Unione Europea a far rispettare i vincoli fra deficit e PIL a pagare il conto sarebbero le generazioni future”
9 aprile 2008

foto: GERARD CERLES/AFP/Getty Images