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  • Martedì 25 ottobre 2011

Chi ha vinto le elezioni in Tunisia

Perseguitati per anni da Ben Ali, gli islamici moderati di Ennahda hanno avuto oltre il 40 per cento dei voti e dicono di ispirarsi alla Turchia di Erdogan

di Elena Favilli

Il partito islamico moderato di Rached Ghannouchi, Ennahda, ha vinto le prime elezioni libere della Tunisia dopo oltre vent’anni. Mancano ancora i risultati definitivi, ma è molto probabile che il Movimento della Rinascita arrivi a prendere oltre il 40 percento dei voti. I sondaggi lo avevano a lungo dato per favorito negli ultimi mesi, ma l’ampiezza del consenso è comunque molto rilevante e dice molte cose del presente e del futuro della Tunisia.

Ennahda era stato il secondo partito più votato nel 1989, dopo il Raggruppamento Costituzionale Democratico di Ben Ali. Fu bandito subito dopo quelle elezioni e il suo leader Rashid Ghannouchi fu costretto a rifugiarsi nel Regno Unito. Tornato in Tunisia durante i mesi della rivolta contro Ben Ali, Ghannouchi si è imposto come il capo di un partito islamico moderato fortemente radicato nel tessuto sociale tunisino e apertamente ispirato all’AKP turco di Erdogan.

Nato come partito fondamentalista, Ennahda ha negli anni ammorbidito le proprie posizioni e durante la campagna elettorale ha cercato di rassicurare l’elettorato sostenendo la democrazia, il pluralismo e una certa apertura al mondo occidentale. Ha promesso pari diritti a uomini e donne, ma anche spiegato di essere contrario all’imposizione del velo nel nome dell’Islam e del suo divieto in nome del secolarismo.

«Ennahda ha vinto perché è all’opposizione da 25 anni, durante i quali sono stati incarcerati 30mila militanti e altrettanti mandati in esilio», spiega uno dei leader del partito, Abdel Fattah Mourou. «Ennahda è stata la maggiore vittima politica di Ben Ali. Questo la gente lo sa. Non solo, gli altri partiti hanno polarizzato la campagna insistendo sul laicismo: i tunisini sono dei moderati ma attaccati profondamente alla loro identità musulmana». Il padre della patria qui è Bourghiba, che come Ataturk in Turchia aveva nettamente separato la religione dallo Stato senza mai rinnegare l’identità musulmana.

I veri sconfitti delle elezioni sono i laici del PDP, che secondo molti analisti sono caduti nella trappola di impostare lo scontro nei termini dell’opposizione tra islamismo e laicità. Qui invece la lotta era a uno stadio molto più semplice: ricchi contro poveri, privilegiati contro inermi. Ennahda ha saputo interpretare questa opposizione e su questa ha costruito la sua vittoria: ha distribuito denaro ai poveri, è andata nei villaggi impolverati del sud più dimenticato, ha pagato matrimoni alle coppie senza soldi, ha fornito alle famiglie soldi per l’educazione dei propri figli. Nell’insieme, ha saputo rispondere meglio degli altri alle esigenze di cambiamento immediato della massa che ha fatto la rivoluzione.

Il che naturalmente non la mette del tutto a riparo da rischi. Come oggi fanno notare in molti, il partito islamico di Ghannouchi deve stare attento a non essere usato come cavallo di Troia dalle frange più estreme dell’islamismo. La Tunisia è il primo dei paesi arabi che hanno fatto la rivoluzione ad avere votato e quello che succederà qui sarà inevitabilmente letto come anticipatore di quello che potrebbe succedere tra poco in Egitto con i Fratelli Musulmani. In Turchia Erdogan sta dimostrando che un partito islamico può essere compatibile con la democrazia e la modernità. Tutti sperano che anche in Tunisia avvenga la stessa cosa.