Il 18 settembre 1961, cinquant’anni fa, l’aereo che trasportava l’allora segretario generale delle Nazioni Unite Dag Hammarskjöld e altre quindici persone si schiantò vicino a Ndola, una delle città più grandi della Rhodesia del Nord (oggi Zambia). Lo svedese Dag Hammarskjöld fu il secondo segretario delle Nazioni Unite, in carica per due mandati consecutivi dal 1953 al 1961. Il suo operato come uomo politico, le circostanze sospette dell’incidente aereo in cui morì e la sua profonda spiritualità, che divenne nota al grande pubblico solo dopo la sua morte, lo resero una figura molto conosciuta e un simbolo dell’uomo di Stato che si mette al servizio totale della comunità fino alla morte.
Uppsala
Dag Hammarskjöld nacque nel 1905 a Jönköping, una città della Svezia meridionale. Era l’ultimo di quattro fratelli e apparteneva a una famiglia ricca: come ricorda lui stesso, da parte di padre discendeva da diverse generazioni di funzionari pubblici e militari, al servizio del re di Svezia fin dal sedicesimo secolo. Lo stesso cognome di famiglia sarebbe nato quando il re concesse uno stemma con un martello (hammare) e uno scudo (sköld) ai progenitori di Dag. Da parte materna invece discendeva da studiosi e pastori luterani. In un certo senso, le sue origini spiegano già molto di Hammarskjöld: il suo fortissimo spirito di servizio e di sacrificio, la consapevolezza di sé e della propria missione, l’intensa religiosità.
Passò gran parte della giovinezza a Uppsala, oggi la quarta città della Svezia e sede di un’università molto antica, dove la famiglia si trasferì nel 1907 al seguito del padre, che era diventato governatore della provincia. Il padre di Dag, Hjalmar, fu in seguito primo ministro di Svezia dal 1914 al 1917. Gli anni a Uppsala lasciarono un grande ricordo su Dag, che nella locale università studiò legge e economia politica. Uno degli ultimi testi che scrisse fu La collina del castello, una sorta di breve memoria autobiografica dei tempi della sua giovinezza a Uppsala, e ricostruisce a molti anni di distanza, con una sorta di prosa d’arte ricca di descrizioni e di immagini poetiche, il ciclo delle stagioni intorno al Castello di Uppsala, la massiccia struttura del XVI secolo che era (ed è tuttora) la residenza del governatore provinciale e il centro amministrativo della città.
Studente brillante, Hammarskjöld seguì la tradizione di famiglia intraprendendo la carriera del funzionario statale. Nel 1936, due anni dopo la laurea, entrò nella Banca Nazionale di Svezia, prima come segretario e poi, dal 1941, come presidente. Le sue doti di economista gli fecero guadagnare anche diversi incarichi politici a partire dagli anni Quaranta, e anche se non si iscrisse mai a nessun partito, nel 1951 fu nominato ministro senza portafoglio in un governo socialdemocratico. Nello stesso anno iniziarono i suoi incarichi presso l’ONU (in precedenza, Hammarskjöld aveva già rappresentato la Svezia in molti organismi e incontri internazionali, come la conferenza che stabilì il Piano Marshall) e, quando il norvegese Trygve Lie si dimise dalla carica di segretario generale delle Nazioni Unite, il Consiglio di Sicurezza indicò proprio Hammarskjöld per sostituirlo.
Le Nazioni Unite
Dag Hammarskjöld assunse la carica di segretario generale dell’ONU nell’aprile del 1953. Per la diplomazia, si trattava di tempi difficili: la Guerra di Corea era alle sue battute finali, la Guerra Fredda era ormai una situazione drammaticamente reale – negli Stati Uniti si era nelle fasi finali del maccartismo, la caccia ai comunisti statunitensi, reali o immaginari – e la fine del colonialismo era ormai imminente. Senza contare la perennemente difficile situazione mediorientale.
Hammarskjöld affrontò tutti questi problemi seguendo alcuni principi fondamentali, al di là della sua indiscutibile abilità personale nella politica e nella diplomazia. Per prima cosa cercò di aumentare l’autonomia e la capacità di intervento dell’ONU, insistendo perché si creasse un gruppo di funzionari stabile e che questi ultimi non venissero semplicemente “prestati” per un tempo limitato dai vari paesi. L’ONU doveva avere una sua amministrazione in cui i funzionari potessero fare carriera interna.
In secondo luogo, l’ONU doveva intervenire, con decisione e con indipendenza di giudizio, nelle situazioni di crisi internazionali. Spesso si recò personalmente, o inviò suoi diretti rappresentanti, nelle zone in cui nascevano violenze o tensioni. Negoziò di persona il rilascio di prigionieri statunitensi durante la guerra di Corea, inviò per la prima volta nella storia dell’organizzazione forze dell’ONU con funzioni di peacekeeping per impedire che degenerasse la crisi di Suez (1956) e intervenne anche nella crisi ungherese. Quanto alle decisioni politiche, Hammarskjöld sostenne i diritti delle piccole nazioni che cercavano l’indipendenza, anche a costo di contrapporsi alle grandi potenze, e appoggiò il processo di decolonizzazione: in questo modo si attirò molte critiche da parte dei paesi occidentali.