Due aggiornamenti sul caso Tremonti

La procura di Roma apre un'inchiesta sul presunto spionaggio nei suoi confronti, la Guardia di Finanza s'innervosisce

Roberto Monaldo / LaPresse17-11-2005 RomaEconomiaConferenza Stampa del Ministro dell'EconomiaNella foto Giulio Tremonti (Ministro dell'Economia) e Marco Milanese
Roberto Monaldo / LaPresse17-11-2005 RomaEconomiaConferenza Stampa del Ministro dell'EconomiaNella foto Giulio Tremonti (Ministro dell'Economia) e Marco Milanese

I giornali di oggi continuano a occuparsi del caso Tremonti, cioè della questione dell’affitto di un appartamento romano che il ministro dell’Economia condivideva col parlamentare Marco Milanese, suo collaboratore di lunga data. I nodi oscuri sono tre: chi pagava quell’affitto (Tremonti, Milanese, entrambi o un imprenditore), se Tremonti pagava l’affitto in nero e per quali ragioni il ministro aveva deciso di vivere lì. Alla terza domanda Tremonti ha risposto dicendo di sentirsi “spiato” perché finito in mezzo in una guerra tra cordate della Guardia di Finanza, e a questo sono legati i due aggiornamenti sul caso.

La procura di Roma, infatti, ha annunciato ieri di voler aprire un’inchiesta riguardo quanto dichiarato da Tremonti, per verificare se effettivamente questo sia stato spiato. Tremonti ieri ha diffuso una dichiarazione per tentare di ridimensionare quanto aveva detto prima sullo spionaggio ai suoi danni, ma questo non cambia l’intenzione dei pm di cercare riscontri. Il secondo sviluppo ha a che fare con quanto oggi racconta Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera, che parla di “grande disappunto” da parte del comando generale della Finanza (che non aveva mai avuto lamentele da Tremonti riguardo la sua scorta).

Due sere fa Tremonti ha telefonato al comandante Nino Di Paolo. Ha cercato di smorzare i toni, addirittura negando di aver mai dichiarato di sentirsi spiato. Il generale si sarebbe limitato ad evidenziare come non ci fosse stata alcuna smentita ufficiale a quelle dichiarazioni, nonostante il ministro avesse avuto occasione di comparire in televisione e di incontrare i giornalisti durante impegni ufficiali. Una posizione di fermezza che serve, come Di Paolo ripete da giorni ai suoi collaboratori più stretti, «a difendere gli oltre 60 mila finanzieri che ogni giorno fanno il proprio dovere e non meritano di essere trascinati in questa polemica che invece deve essere chiusa al più presto».

Sarzanini scrive anche che il comandante Di Paolo ha già incontrato i pm di Napoli Lepore e Greco, che indagano sulla P4 e su alcuni ufficiali della Finanza.

Un incontro «simbolico» che serviva proprio a confermare «la stima e l’apprezzamento per il lavoro delle Fiamme Gialle», e dunque a fornire sostegno alla linea scelta dallo stesso Di Paolo. Perché non è passata inosservata la scelta di destinare a nuovo incarico tutti i generali coinvolti nell’inchiesta, fossero essi indagati o testimoni. Sono stati avvicendati il capo di Stato maggiore Michele Adinolfi e il comandante interregionale del Centro sud Vito Bardi entrambi indagati per rivelazione di segreto, ma anche quello del Centro nord Emilio Spaziante che invece era stato convocato dai pubblici ministeri Henry John Woodcock e Francesco Curcio soltanto come persona informata sui fatti, che però aveva manifestato dubbi e sospetti sull’operato di Adinolfi, così alimentando quella guerra tra «cordate» della quale aveva parlato per primo proprio Tremonti.

foto: Roberto Monaldo / LaPresse