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  • Domenica 29 maggio 2011

L’Iran vuole farsi la sua Internet

Il regime punta a creare presto una sola Rete nazionale, "perfettamente halal", e isolarsi dal resto del mondo

Iranians work at an internet cafe in Tehran Tuesday Aug. 8, 2006. Iranian authorities are stepping up arrests and pressure on popular bloggers as part of a wider internet clampdown launched after hard-liner Mahmoud Ahmadinejad became president last year, ending years of freewheeling web access that once made Iran among the most vibrant online locales in the Middle East.(AP Photo/Hasan Sarbakhshian)
Iranians work at an internet cafe in Tehran Tuesday Aug. 8, 2006. Iranian authorities are stepping up arrests and pressure on popular bloggers as part of a wider internet clampdown launched after hard-liner Mahmoud Ahmadinejad became president last year, ending years of freewheeling web access that once made Iran among the most vibrant online locales in the Middle East.(AP Photo/Hasan Sarbakhshian)

Il governo iraniano sta cercando di realizzare una rete Internet nazionale, chiusa e alternativa alla Rete globale, per isolare gli utenti iraniani dal resto del mondo. La nuova Rete viene propagandata all’interno del paese come una misura per abbassare i costi dell’accesso a Internet e come un modo per difendere i valori della fede islamica, perché permetterebbe al governo di fermare la diffusione online delle idee e dei gusti considerati “occidentali”, ma si teme sia volta soprattutto al controllo delle comunicazioni dei cittadini e alla repressione degli attivisti anti-governativi.

Il Wall Street Journal racconta in un articolo che l’idea di creare una Rete nazionale interna risale al 2005, quando Mahmoud Ahmadinejad venne eletto presidente per la prima volta. I tecnici misero a punto una rete chiusa e la testarono in oltre tremila scuole pubbliche e in 400 uffici del ministro dell’educazione. L’esperimento ebbe successo e nel 2008 il governo decise di investire nel progetto oltre un miliardo di dollari. Lo scorso febbraio Reza Bagheri Asl, direttore dell’Istituto di ricerca del ministero delle Telecomunicazioni, ha annunciato che presto il 60 per cento delle case e degli uffici del paese sarebbe stato connesso alla nuova rete, che nel giro di due anni sarebbe stata estesa a tutto il paese. Lo scorso venerdì la stampa iraniana ha scritto che il governo intende realizzare anche un proprio sistema operativo.

Ali Aghamohammadi, capo degli Affari economici, ha descritto la Rete interna come «perfettamente halal – cioè in linea coi precetti islamici – e destinata ai musulmani a livello etico e morale». Ha spiegato che all’inizio la nuova Rete opererà in modo parallelo alla Rete tradizionale, a cui avranno ancora accesso le banche, gli edifici governativi e le grandi aziende. Nel giro di qualche anno, ha affermato, la Rete iraniana sostituirà completamente Internet e potrà essere utilizzata anche da altri paesi islamici.

L’Iran non è il primo paese che cerca di censurare internet restringendone l’accesso. Lo scorso ottobre il governo della Birmania ha detto che presto le connessioni Internet pubbliche saranno “spostate” su un sistema separato e monitorato dal governo, che permetterà di accedere soltanto ad alcuni contenuti. Inoltre sta introducendo delle alternative ai siti web tradizionali, tra cui un servizio email, Yamil, che dovrebbe sostituire Gmail e i maggiori fornitori di servizi di posta elettronica. Anche Cuba concede l’accesso a Internet ai turisti e al governo e impone l’uso di una rete limitata, controllata e difficilmente accessibile agli abitanti del paese. La Corea del Nord sta cercando di applicare un sistema simile.

L’Iran è il secondo paese per numero di utenti in Medio Oriente (il primo è Israele). Secondo le ricerche dell’International Telecommunication Union, l’11 per cento degli iraniani usa con frequenza Internet. La cosiddetta Onda verde – il movimento di protesta che scese in piazza subito dopo le elezioni del 2009 – ha utilizzato molto Twitter e Facebook per organizzarsi, e attraverso Internet ha raccontato al mondo la dura repressione che ha subìto.

Foto: AP Photo/Hasan Sarbakhshian