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  • Lunedì 25 aprile 2011

I Guantanamo files

Una nuova grande raccolta di documenti consegnata da Wikileaks a diversi quotidiani

GUANTANAMO BAY, CUBA - SEPTEMBER 15: (EDITORS NOTE: Image has been reviewed by the U.S. Military prior to transmission.) A U.S. Army soldier approaches the U.S. detention center for "enemy combatants" on September 15, 2010 in Guantanamo Bay, Cuba. With attempts by the Obama administration to close the facility stalled, more than 170 detainees remain at the detention center. The facility is run by the Joint Task Force Guantanamo, located on the U.S. Naval Station at Guantanamo Bay, which is the oldest American naval base outside of the continental United States. (Photo by John Moore/Getty Images)
GUANTANAMO BAY, CUBA - SEPTEMBER 15: (EDITORS NOTE: Image has been reviewed by the U.S. Military prior to transmission.) A U.S. Army soldier approaches the U.S. detention center for "enemy combatants" on September 15, 2010 in Guantanamo Bay, Cuba. With attempts by the Obama administration to close the facility stalled, more than 170 detainees remain at the detention center. The facility is run by the Joint Task Force Guantanamo, located on the U.S. Naval Station at Guantanamo Bay, which is the oldest American naval base outside of the continental United States. (Photo by John Moore/Getty Images)

Il New York Times, Le Monde, il Washington Post, il Guardian e altri giornali hanno pubblicato ieri sera con grande spazio sui loro siti una nuova raccolta di documenti – circa 700 – ricevuti da Wikileaks e dedicati alla prigione USA di Guantanamo a Cuba, e alle sue procedure. I documenti, che coprono un periodo che va dal 2002 al 2009, e così sono descritti dal New York Times.

I responsabili dell’intelligence militare, nei verbali sui detenuti scritti tra il 2002 e il 2009, hanno valutato le loro storie e fornito squarci delle tensioni tra prigionieri e carcerieri. Quello che cominciò come un esperimento legale dopo l’11 settembre adesso sembra essere divenuta una solida istituzione americana, e i documenti spiegano come è avvenuto, mostrando gli schemi e le prove contraddittorie che in molti casi non sarebbero mai state accolte da un tribunale penale o militare.

I documenti registrano meticolosamente ciò che era nelle tasche dei prigionieri quando vennero catturati; un biglietto d’autobus per Kabul, un passaporto falso e una falsa tessera universitaria, la ricevuta di un ristorante, persino una poesia. Elencano le malattie degli arrestati – epatite, tubercolosi, gotta, depressione. Annotano i successivi interrogatori, citando – anche dopo sei o più anni di incessanti domande – le rimanenti “aree di potenziale indagine”. Descrivono le violazioni da parte dei detenuti – picchiare le guardie, strappare le sovrascarpe, urlare. E, nel tentativo da parte degli analisti di ottenere rinnovi delle detenzioni, registrano anni di commenti dei detenuti sui loro colleghi.

I documenti segreti, diffusi dal New York Times e altri mezzi di informazione, rivelano che la maggior parte dei 172 prigionieri rimasti sono stati classificati “ad alto rischio” di minaccia contro gli Stati Uniti e i loro alleati se liberati senza un’adeguata riabilitazione e supervisione. Ma anche che a un grande numero di quelli che hanno lasciato Cuba – circa un terzo dei 600 già trasferiti in altri paesi – era stato attribuito lo stesso potenziale di rischio.

I documenti tacciono quasi totalmente sull’uso di pesanti tecniche di interrogatorio che hanno ricevuto la condanna internazionale. Di diversi prigionieri si racconta però che abbiano inventato false storie di abusi.

Questo il commento di Le Monde ai documenti:

Presi nel loro insieme – scritti in un gergo giuridico-militare che mescola fredde procedure e dettagli umani a volte tragici – questi dossier e le istruzioni che li accompagnano offrono l’immagine di un’impresa giudiziaria e penitenziaria disperata, creata per cercare di controllare la minaccia con cui gli Stati Uniti si sono trovati ad avere a che fare subito dopo l’11 settembre ma alla quale non hanno mai saputo trovare una compiutezza, né razionale né rispettosa dei criteri di uno Stato di diritto. Creata dall’amministrazione di George W. Bush, la prigione di Guantanamo è diventata per il resto del mondo il simbolo degli effetti perversi della “guerra al terrore”, al punto che Barack Obama si è impegnato a chiuderla durante la sua campagna elettorale del 2008. Ma a oggi, nove anni dopo la sua creazione e con 172 persone ancora detenute, non c’è riuscito.

Il governo americano ha già condannato la pubblicazione dei documenti segreti. I quali mostrano tra le altre cose che decine di detenuti sono risultati essere innocenti, ma sono rimasti prigionieri per lunghi periodi di tempo. Di altri si è verificato essere fiancheggiatori delle organizzazioni terroristiche ma di bassa pericolosità, dopo intensi e aggressivi interrogatori. Ma di un ex detenuto liberato si sa oggi che ha forti legami con Al Qaeda e sta combattendo con i ribelli in Libia. Un altro detenuto che aveva progettato un fallito attentato su un aereo nel 2001 è stato rilasciato – indicano i documenti – dopo aver collaborato con le autorità.
Ma nei documenti sono raccontati anche molti dettagli sulle azioni, i movimenti e le dislocazioni dei responsabili di attentati contro gli Stati Uniti, riusciti o falliti, e di progetti  dello stesso genere.