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  • Martedì 22 marzo 2011

L’India fa i conti con Wikileaks

Il partito del premier è accusato di aver corrotto dei parlamentari per avere la maggioranza su un voto cruciale

La scorsa settimana il governo indiano guidato da Manmohan Singh è stato duramente criticato dai partiti di opposizione per un nuovo presunto caso di corruzione, emerso in seguito alla diffusione di alcuni cablogrammi della diplomazia statunitense da parte di Wikileaks. I documenti contengono alcuni indizi che potrebbero dimostrare la corruzione di alcuni deputati indiani da parte del partito di maggioranza per ottenere un voto di fiducia nel 2008. Singh ha respinto le accuse, bollando come fasullo il cablogramma, cosa che ha spinto Julian Assange a rivendicare l’originalità del documento e degli altri dispacci diplomatici fino a ora pubblicati dalla sua organizzazione.

Nel cablogramma, pubblicato dal giornale indiano Hindu, c’è il racconto di un funzionario del partito di maggioranza in parlamento, il Partito del Congresso Indiano, che raccontò a un diplomatico statunitense dell’esistenza di un fondo da alcuni milioni di euro utilizzato per mantenere in vita il governo assicurandosi il voto di fiducia dei parlamentari. In seguito alla pubblicazione dei documenti diplomatici, i partiti di opposizione hanno chiesto al primo ministro di dimettersi, ricordando gli altri casi di corruzione emersi negli ultimi mesi.

Il voto cui fa riferimento il cablogramma è quello di tre anni fa che portò alla ratificazione di un accordo tra Stati Uniti e India sul nucleare. I partiti di sinistra della coalizione di governo non diedero il loro sostegno all’accordo, mettendo in difficoltà l’esecutivo. Il primo ministro ottenne la maggioranza necessaria con uno scarto di pochissimi voti, facendo nascere il sospetto che alcuni parlamentari fossero stati comprati.

Per difendersi, Manmohan Singh ha sostenuto in più occasioni che le informazioni contenute nel cablogramma non erano autentiche e che il suo partito non avrebbe mai corrotto i parlamentari per garantire la sopravvivenza al governo. Secondo Assange, le dichiarazioni del primo ministro sono un chiaro tentativo di «ingannare l’opinione pubblica». Le dichiarazioni contenute nel cablogramma, ricorda Assange, sono state compilate da un diplomatico statunitense in piena buonafede e meritano quindi la giusta attenzione. Senza la vittoria in quel voto cruciale del 2008, il governo sarebbe probabilmente caduto portando a elezioni anticipate.