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  • Domenica 13 febbraio 2011

Cameron tenta di salvare la “Big Society”

Cameron spiega all'Observer come tenere in piedi il suo progetto per trasferire potere ai cittadini

Britain's Prime Minister David Cameron answers a reporter's question, during a news conference at the end of the G20 nations summit in Toronto, Canada, Sunday June 27, 2010. Wary of slamming on the stimulus brakes too quickly but shaken by the European debt crisis, world leaders pledged Sunday to slash government deficits in the most industrialized nations in half by 2013, with wiggle room to meet the goal. (AP Photo/Lefteris Pitarakis)
Britain's Prime Minister David Cameron answers a reporter's question, during a news conference at the end of the G20 nations summit in Toronto, Canada, Sunday June 27, 2010. Wary of slamming on the stimulus brakes too quickly but shaken by the European debt crisis, world leaders pledged Sunday to slash government deficits in the most industrialized nations in half by 2013, with wiggle room to meet the goal. (AP Photo/Lefteris Pitarakis)

Durante l’ultima campagna elettorale in Gran Bretagna, David Cameron parlava spesso di un progetto molto ambizioso su cui puntava molto per ricostruire il paese. Quel progetto si chiama “Big Society”: Cameron lo ha presentato ufficialmente lo scorso luglio, poco dopo essere stato eletto primo ministro, e il Post lo aveva raccontato qui.

In sostanza, il progetto prevede un maggiore coinvolgimento dei cittadini nell’amministrazione del paese e nella società: a loro sarà progressivamente affidata la gestione di servizi oggi competenza del settore pubblico, allo scopo di responsabilizzarli e operare – nel corso del tempo – un massiccio trasferimento di poteri dallo stato agli individui. Si comincia con quattro progetti sperimentali: ogni comunità sarà coordinata da un organizzatore e alcuni membri del servizio civile. Primi obiettivi: la gestione collettiva di un pub di provincia, l’arruolamento di volontari disposti a prestare servizio nei musei per tenerli aperti più a lungo, il coinvolgimento attivo nelle decisioni sulla spesa dei comuni. Il progetto prevede inoltre la creazione di una “Big Society Bank”: una cassa che servirà a finanziare le attività delle comunità e dei gruppi di volontariato. Il denaro proverrà dai conti dormienti, i depositi dimenticati in banca e mai reclamati. Cameron aveva detto così, nel giorno della presentazione del progetto.

Sì, ci saranno dei problemi: problemi finanziari, legali, burocratici. E ci saranno anche delle obiezioni, da parte delle amministrazioni locali e da chi ha interessi e rendite che non vuole perdere. Ma sapete che c’è? Ne siamo felici. Questo progetto ci farà imparare un sacco di cose. Spingeremo il potere verso il basso e vedremo cosa accadrà. Scopriremo i problemi così come si verificano e vedremo come risolverli. Alzeremo la mano e diremo: “Non abbiamo le risposte a tutto: troviamole insieme”.

Come tutte le idee in qualche modo visionarie, il progetto è stato accolto da entusiasmo ma anche da qualche critica: da quelle più ciniche e scettiche, a volte anche da parte degli stessi colleghi di partito del premier, a quelle più fondate dell’opposizione, che sostiene che il progetto “Big Society” serva solo a distrarre l’attenzione dei cittadini britannici dai pesantissimi tagli alla spesa operati dal governo Cameron. Anche perché gli stessi tagli alla spesa mettevano a rischio l’implementazione del progetto, che senza un adeguato finanziamento non poteva ottenere risultati efficaci.

Dopo settimane di critiche e tentennamenti, il progetto è apparso in fase di stallo, secondo alcuni addirittura definitivamente abortito, vittima della riduzione alla spesa e della mancanza di fiducia da parte dello stesso governo. Oggi Cameron risponde alle critiche con un editoriale pubblicato sull’Observer, l’inserto domenicale del Guardian, testata solitamente molto severa con il suo governo. Nel testo, Cameron scrive che per la prima volta in decenni la Gran Bretagna sta discutendo di un progetto concreto e reale per rendere la società più forte e dare più potere ai cittadini, un obiettivo di cui tutti si riempiono sempre la bocca senza scendere nei particolari. E affronta di petto le obiezioni che vengono fatte al progetto: quelle concrete, però, non quelle che ritiene frutto di malafede e “snobismo”.

A chi dice che è troppo vago, Cameron risponde che è vero, non c’è un disegno centrale e globale. Ci sono tre strategie, diverse e sovrapposte: distribuire il potere verso il basso, anzi, verso il livello più basso possibile; dare fiducia ai professionisti e potere ai cittadini; incoraggiare al volontariato e ai servizi sociali, così che più persone contribuiscano alla vita delle proprie comunità. Questi criteri si applicano a ogni aspetto della vita sociale, quindi non è possibile avere un disegno centrale. E dipenderà molto dalle iniziative dei cittadini: “se un gruppo di vicini vorrà gestire un ufficio postale o un parco, noi li aiuteremo. Se un’associazione di volontariato vorrà costruire una nuova scuola, glielo lasceremo fare”.

Cameron affronta poi il tema dei tagli. Cameron scrive che la costruzione di una società più forte e responsabile fa parte dei suoi discorsi da ben prima che iniziassero i suoi tagli, e non si può dire che la Big Society serva a distrarre l’attenzione dei cittadini. Il primo ministro ammette che la riduzione della spesa pubblica, specie quella operata dalle amministrazioni locali, può mettere a rischio la stessa nascita del progetto. Per questo annuncia la creazione di un fondo di transizione volto ad aiutare le organizzazioni di volontariato garantendo loro qualche fondo in più.

Questo progetto ha a che fare col modo in cui funziona il nostro paese. Niente più governi che trattano i loro cittadini come se fossero bambini, incapaci di prendere delle decisioni. Trattiamo gli adulti da adulti, diamo loro potere e responsabilità sulle proprie vite. È una promessa diversa da quella che i politici hanno fatto in passato. La Big Society non è l’ennesima iniziativa governativa – è un’iniziativa per dare alle persone l’iniziativa, per dare loro controllo sulle proprie vite e sul loro lavoro, per dar loro modo di migliorarli. Ha il potere di trasformare il nostro paese, e per questa ragione è un progetto che è qui per restare.