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Cosa c’è di vero nel Discorso del Re

Qualche imprecisione, qualche compressione temporale, ma nel complesso un ottimo ritratto di un periodo e di un rapporto di amicizia

di Chiara Lino

Il Discorso del Re, in originale The King’s Speech, è il film inglese – su una storia inglese – che potrebbe secondo le previsioni dominare la scena alla festa del cinema americano: gli Oscar. Scritto da David Seidler, diretto da Tom Hooper, retto dal terzetto Colin Firth, Helena Bonham Carter e Geoffrey Rush, racconta i tormenti personali del re Giorgio VI che, trovatosi a salire sul trono nel momento drammatico di inizio della Seconda Guerra Mondiale, dovette superare il problema di balbuzie che gli impediva di parlare al suo popolo. La sceneggiatura esplora il rapporto tra il re e il suo terapista del linguaggio, un australiano dai metodi controversi e senza la garanzia del titolo di dottore, Lionel Logue.

Anche se si tratta del racconto di vicende private e si concentra sul lato emotivo, pur sempre di figure storiche si parla: e la curiosità degli spettatori all’uscita dal cinema è su cosa del film sia accaduto davvero e cosa no. Dice Seidler, che ha scritto la sceneggiatura ma ha anche curato personalmente tutta la fase di ricerca:

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Ho cercato di rendere gli eventi al di fuori dello studio di Logue il più storicamente accurati possibile. La sceneggiatura è stata sottoposta a uno squadrone di eminenti storici inglesi che hanno trovato ben poche correzioni da fare. Ovviamente c’è qualche licenza letteraria, soprattutto per quanto riguarda la compressione dei tempi: le persone, persino i monarchi, non hanno sempre il buon gusto di vivere la propria vita in un’ordinata struttura in tre atti.

È necessario ricordare che siamo di fronte a un film che racconta, soprattutto, la storia di un rapporto di amicizia e di fiducia, il dilemma intimo di una persona incasellata in un ruolo a cui non ha mai sentito di appartenere: non si tratta di un documentario di approfondimento storico e non va analizzato come tale.

LOCATION

Il Guardian ha pubblicato un ottimo articolo che spiega nel dettaglio come è stata ricreata la Londra degli anni ’30 e quali edifici sono stati usati per le riprese in interni che costituiscono la maggior parte del film. La scelta di girare in interno è atipica per i film storici, che di solito tendono a sottolineare la maestosità dell’epoca con ampie inquadrature panoramiche e grandi spazi aperti: qui la regia ha cercato di ricreare la sensazione di chiusura di Giorgio VI, afflitto dalla sua balbuzie.

Westminster Abbey. Per girare la scena dell’incoronazione è stata usata la Ely Cathedral, nonostante la Lincol Cathedral sia considerata architettonicamente più simile a Westminster Abbey (in cui non è stato possibile ottenere i permessi per le riprese). La Ely Cathedral, per via degli spazi più ampi che agevolavano la costruzione dei set per filmare non solo la scena dell’incoronazione ma anche quella precedente, in cui Giorgio VI e Logue fanno le prove.

L'interno della Ely Cathedral

Buckingham Palace. Per ricreare gli interni del palazzo reale è stata usata la Lancaster House.

Lo studio di Logue. Benché la stanza in cui Logue riceveva i suoi pazienti fosse stata messa a disposizione per le riprese, era troppo piccola. Quella che vediamo non è molto distante, appena un isolato più in là, al 33 di Portland Place.

Wembley Stadium. La scena del terribile discorso iniziale di Bertie, non ancora re, al Wembley Stadium, segna il momento in cui il suo problema di balbuzie diventò di dominio pubblico. È stata girata al Leed United’s Elland Road e al Grattam Stadium, a Bradford.

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