Il marketing della musica colta

Il critico Alex Ross si chiede perché Pierre Boulez e John Cage non sono ancora diventati "pop", Alessandro Baricco cerca di rispondere

8th March 1967: French composer Pierre Boulez conducting. (Photo by Erich Auerbach/Getty Images)
8th March 1967: French composer Pierre Boulez conducting. (Photo by Erich Auerbach/Getty Images)

Repubblica ha tradotto ieri un articolo del critico musicale Alex Ross uscito lo scorso novembre sul Guardian, a proposito del mancato successo popolare della musica “classica contemporanea”, laddove altre forme d’arte colta sono state rese con i decenni accessibili e divulgate ai grandi pubblici.

Benché sia trascorso ormai un secolo da quando Alban Berg e Anton Webern riversarono sul mondo le loro aspre sonorità, i classici moderni sono considerati tuttora indigesti da buona parte del pubblico dei concerti. All’ultima stagione della New York Philharmonic, al momento dell’ esecuzione dei Tre pezzi per orchestra di Alban Berg decine di persone hanno lasciato la sala; e un gruppo altrettanto nutrito ha disertato Carnegie Hall quando la Filarmonica di Vienna ha affrontato le Variazioni per orchestra di Schoenberg. A volte basta anche il più blando dei regimi di musiche del XX secolo per suscitare uno stridor di denti chiaramente udibile. Persino una composizione che ha ben poco di atonale come la Serenata per tenore, corno e archi di Benjamin Britten, ascoltata al Lincoln Center nel 2009, non ha incontrato il gusto di un signore seduto dietro di me. Il quale, sentendo una voce gridare «bravo!» dall’ altra parte della sala, ha borbottato: «Scommetterei che è una posa». Ho resistito a stento alla tentazione di sbattergli contro la partitura tascabile che avevo in mano. Alcuni comportamenti di questo tipo si possono mettere sul conto della ben nota mancanza di buone maniere di alcuni sponsor di New York

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Sulla domanda di Ross ha scritto un commento e un tentativo di risposta Alessandro Baricco.

Alle volte la storia della cultura diventa un enigma di tale eleganza da rendere incomprensibile l’ istinto dei piùa occuparsi di altro. Per rimanere a questioni del tutto marginali, ma su cui ci giochiamo la nostra identità, una cosa che è diventata ormai difficilissima da capire, ad esempio, è il rapporto che c’ è tra noi e la modernità novecentesca (chiamiamo infatti moderne cose che nascevano quando morivano i padri dei nostri nonni). Il problema, paradossale, è che spesso il pubblico non ha ancor digerito delle novità che nel frattempo sono diventate reperti del passato. Ciò che è moderno non è più contemporaneo ma è ancora traumatizzante. Che senso ha? È come se fossimo ancora lì che cerchiamo di imparare a usare il magnetofono, senza riuscirci. Ha senso insistere, o è meglio passare direttamente all’ Ipod?
Nell’ articolo che Repubblica pubblica oggi, il critico musicale americano Alex Ross aggira la domanda facendone un’ altra, ingenua e quindi intelligente. Constatando il fatto, per lui sorprendente, che la gente fa la coda per entrare alla Tate Modern, ma continua a dribblare con cura la musica contemporanea, finisce per chiedersi una cosa. Questa: perché lo stesso pubblico che apprezza la bellezza di un Pollock non riesce ad apprezzare la bellezza di uno Schoenberg? Perché la modernità, in musica, continua a risultare così indigesta? La domanda è semplice ma coglie nel segno, e se c’ era qualcuno che poteva farla non poteva essere che Ross, uno dei pochi, attualmente, che guardi al mondo della musica classica con intelligenza e senza troppi tabù. Bene, non resta che trovare la risposta. Ross ci prova, riassumendo risposte altrui e azzardandone una sua: appaiono tutte credibili, comprese quelle su cui lui mostra di coltivare dei dubbi, e che non sono poi tanto infondate. Probabile che sia la somma di tutte quelle ipotesi a generare il risultato, anomalo, che abbiamo sotto gli occhi. Così come è probabile che altre spiegazioni si possano trovare e aggiungere. Io mi permetto di annotarne una, tanto per non lasciare nulla di intentato. Forse è una questione, anche, di marketing. Ma non nel senso, innocuo, per cui se dai un titolo spiritoso al concerto e distribuisci coca cola, tutto funziona meglio. In un senso più intelligente. Voglio dire che per lunghissimo tempo la musica colta moderna è stata venduta come uno sviluppo naturale della musica classica. Se apprezzavi il cammino che portava da Haydn a Schubert, allora potevi apprezzare il cammino che da Wagner portava a Webern. Se non riuscivi a farlo, il problema era tuo.

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