Il disastro nel Golfo poteva essere evitato

Le conclusioni della Commissione d'inchiesta che ha studiato il caso della piattaforma petrolifera della BP

Il disastro della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon al largo delle coste della Louisiana è stato causato da una serie di problemi sistemici, che potranno essere risolti solamente attraverso una riforma delle norme sulle trivellazioni in mare aperto. Questa è l’opinione degli esperti della commissione d’inchiesta voluta dal presidente Barack Obama, che negli ultimi mesi hanno analizzato quanto accaduto alla piattaforma della BP che ha portato a un danno ambientale di grandi proporzioni. La Commissione pubblicherà il prossimo martedì un rapporto completo, ma ha già diffuso ieri un capitolo del documento che contiene le informazioni salienti sulle indagini.

Secondo gli esperti che hanno studiato il caso, la perdita di petrolio è stata il prodotto di una serie di passi falsi e della negligenza della BP, della Halliburton e della Transocean, che il governo non ha potuto arginare a causa della mancanza di sufficiente autorità, di competenza e di risorse tecniche. Il disastro si è quindi potuto verificare a causa di una serie di problemi di sistema e alla mancanza di nuove leggi e riforme per aumentare i controlli su chi estrae petrolio in mare utilizzando le piattaforme.

Oltre ad analizzare le cause dell’incidente, il rapporto si occupa anche della fase successiva avviata dalla BP e dalle autorità statunitensi per chiudere la falla e arrestare la fuoriuscita di petrolio in mare. Una operazione che ha complessivamente richiesto tre mesi di lavoro, nei quali sono finiti in mare circa 760 milioni di litri di petrolio. Anche questa fase fu gestita malamente, come spiega la CNN raccogliendo in un elenco le principali criticità identificate dalla Commissione:

– Inadeguata amministrazione dei rischi.
– Progettazione sbagliata del cemento che avrebbe dovuto sigillare il fondo del pozzo.
– Un “test di pressione negativa” interpretato scorrettamente come un successo.
– Procedure scorrette per mettere in sicurezza il pozzo.
– Disattenzione nel segnalare una possibile perdita di petrolio.
– Risposta inefficace alla stessa perdita di petrolio.

Secondo gli esperti, le società coinvolte nella costruzione e nella gestione della piattaforma avrebbero assunto decisioni – in buonafede o meno – prima dell’incidente tali da consentire notevoli risparmi di denaro, ma anche tali da aumentare sensibilmente il rischio di un incidente come quello che si è poi verificato lo scorso aprile. Le società coinvolte sono la BP, che affittava la piattaforma alla Transocean e la Halliburton, che si era invece occupata della realizzazione delle strutture in cemento.

La Commissione conclude il proprio rapporto ricordando che, con i giusti accorgimenti, leggi più chiare e maggiori controlli, si sarebbe potuto evitare il disastro che ha causato un grave danno ambientale. Nel corso degli ultimi mesi le autorità e i dipartimenti che si occupano delle trivellazioni in mare hanno adottato alcune norme maggiormente restrittive, mentre altri provvedimenti sono in via di approvazione. Il lavoro svolto dalla Commissione d’inchiesta potrebbe portare all’adozione di nuove norme.

Per i detrattori, i nuovi regolamenti potrebbero però essere insufficienti. Il problema non interessa solamente gli Stati Uniti, ma buona parte dei paesi del mondo che ospitano piattaforme petrolifere in mare. Le società coinvolte, come la Transocean e la Halliburton, sono grandi multinazionali e sono attive in tutto il mondo.