La Costa d’Avorio senza via d’uscita

Gbagbo si rifiuta di lasciare il potere, l'ONU è pronta all'intervento militare

A UN peacekeeker stands guard on January 1, 2011 outside of a hotel in Abidjan which is serving as the headquarters for the internationally recognised winner of the Ivorian presidential election Alassane Ouattara. Nigerian President Goodluck Jonathan said the West African regional body Economic Community Of West African States (ECOWAS) will decide on "further steps" to address the political standoff in Ivory Coast by January 4, 2010, according to a statement. Self-proclaimed Ivorian president Laurent Gbagbo vowed not to yield to growing pressure to cede power to Ouattara, the internationally recognised winner of a November 28 presidential election. AFP PHOTO/ ISSOUF SANOGO (Photo credit should read ISSOUF SANOGO/AFP/Getty Images)
A UN peacekeeker stands guard on January 1, 2011 outside of a hotel in Abidjan which is serving as the headquarters for the internationally recognised winner of the Ivorian presidential election Alassane Ouattara. Nigerian President Goodluck Jonathan said the West African regional body Economic Community Of West African States (ECOWAS) will decide on "further steps" to address the political standoff in Ivory Coast by January 4, 2010, according to a statement. Self-proclaimed Ivorian president Laurent Gbagbo vowed not to yield to growing pressure to cede power to Ouattara, the internationally recognised winner of a November 28 presidential election. AFP PHOTO/ ISSOUF SANOGO (Photo credit should read ISSOUF SANOGO/AFP/Getty Images)

La situazione in Costa d’Avorio è ancora bloccata: il presidente uscente Lauren Gbagbo non vuole mollare il potere e il leader dell’opposizione Alassane Outtara – riconosciuto vincitore delle ultime elezioni da tutti gli organi internazionali – continua a restare in un hotel della capitale protetto dai soldati dell’ONU.

Nei giorni scorsi Gbagbo aveva chiesto ai suoi sostenitori di circondare l’hotel in cui Outtara ha messo in piedi la propria amministrazione. A sua volta Outtara aveva fissato alla mezzanotte di venerdì la scadenza ultima entro la quale Gbagbo poteva dare le dimissioni. Ma ormai sono già passati due giorni e tutto resta uguale a prima. Nel frattempo migliaia di ivoriani hanno iniziato ad abbandonare il paese per paura che da un momento all’altro possa scoppiare una guerra civile. La scorsa settimana i profughi in fuga verso la Liberia erano già 14mila ma secondo l’ONU il loro numero continua a salire di ora in ora.

Dopo gli interventi di ONU e Francia, l’ultima azione diplomatica è stata condotta dai presidenti di Benin, Sierra Leone e Capo Verde per conto dell’ECOWAS, la Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale. I leader dei paesi africani hanno parlato separatamente con i due presidenti Gbagbo e Outtara, ottenendo alcune timide aperture, ma nulla di concreto. Un nuovo incontro è previsto per domani. Se anche questa volta Gbagbo non accetterà di farsi da parte, l’ECOWAS potrebbe decidere di intervenire con la forza. L’incontro per programmare un possibile intervento militare è già stato fissato al 17 gennaio.

Le elezioni di fine novembre dovevano essere l’occasione per riunire il paese e favorire la pacificazione dei territori, ma l’esito incerto del voto ha fatto nascere nuove tensioni tra le due fazioni che si sono confrontate. In un primo momento la vittoria era stata attribuita a Alassane Ouattara, ma dopo pochi giorni il presidente uscente Lauren Gbagbo ha contestato il voto e ha ottenuto dalla Corte Costituzionale un verdetto che di fatto ha sovvertito l’esito delle elezioni, attribuendogli un nuovo mandato. Il 4 dicembre il presidente ha prestato giuramento per il suo nuovo mandato, scatenando le proteste degli oppositori guidati da Ouattara. Che ha a sua volta indetto una cerimonia per celebrare il proprio giuramento e ha messo in piedi una propria amministrazione. Il governo di Outtara al momento ha sede in un hotel della capitale ed è protetto dai soldati ONU.

Gbagbo chiede che le truppe dell’ONU lascino il paese e le accusa di avere sparato contro i suoi sostenitori. Al contrario, Youssoufou Bamba, il nuovo ambasciatore dell’ONU nominato da Ouattara, ha detto al segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon che la Costa d’Avorio è «sull’orlo del genocidio» e che le case sono già state marchiate a seconda della tribù di appartenenza delle persone. Secondo alcune organizzazioni umanitarie di base nella capitale decine di persone sarebbero già morte negli scontri delle ultime settimane con l’esercito.

Charles Ble Goude, ministro del governo di Gbagbo, ha chiesto di nuovo ai sostenitori del presidente uscente di mobilitarsi e accerchiare l’hotel in cui si trova Outtara per costringerlo a rinunciare al potere. «Non comprerò armi», ha detto «non ne abbiamo bisogno, la nostra forza è la mobilitazione». Le Nazioni Unite hanno già fatto sapere a Gbagbo che sono pronte a respingere con le armi qualsiasi attacco contro l’hotel in cui si trova Outtara. «Non potranno mai prendere il Golf Hotel», ha detto il rappresentante ONU, Y.J. Choi, «siamo armati e pronti a intervenire: verranno sconfitti, respinti. Non c’è dubbio su questo. Spero che non decideranno davvero di incamminarsi verso questo campo minato».

Foto: ISSOUF SANOGO/AFP/Getty Images

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