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  • Domenica 10 ottobre 2010

I bosniaci hanno un Berlusconi

Si chiama Fahrudin Radoncic, è tra i vincitori delle elezioni bosniache, ha giornali, tv e guai con la legge

di Andrea Luchetta

Bosnian worker fixes frame for a mega posters of political candidate Fahrudin Radoncic from the party of 'Union for better future', in Sarajevo, on Thursday, Sep. 30, 2010. National elections in Bosnia and Herzegovina are scheduled on Sunday Oct. 3, 2010, with a total of 39 parties and 11 coalitions registered to run for Bosnian tripartite Presidency and National Assembly this year.(AP Photo/Amel Emric)
Bosnian worker fixes frame for a mega posters of political candidate Fahrudin Radoncic from the party of 'Union for better future', in Sarajevo, on Thursday, Sep. 30, 2010. National elections in Bosnia and Herzegovina are scheduled on Sunday Oct. 3, 2010, with a total of 39 parties and 11 coalitions registered to run for Bosnian tripartite Presidency and National Assembly this year.(AP Photo/Amel Emric)

Fahrudin Radoncic, imprenditore di sicuro successo e dubbie origini, è l’uomo nuovo della politica bosniaca. Alle Presidenziali del 3 ottobre ha ottenuto più del 30% dei voti musulmani, venendo sconfitto di misura da Bakir Izetbegović (figlio dell’ex presidente Alija). Originario del Sangiaccato di Novi Pazar, in Montenegro, Radoncic ha mosso i primi passi nel settore immobiliare. Oggi controlla il principale gruppo editoriale del paese, in cui rientrano il quotidiano Dvevni Avaz e la rete televisiva Alfa. Si è presentato come uomo di rottura col vecchio establishment, nonostante il suo impero sia prosperato all’ombra dei vecchi partiti. E avrebbe un certo bisogno dell’immunità presidenziale, visto che è sospettato di non aver restituito ingenti prestiti bancari. Dice di ispirarsi a Berlusconi.

La sua Alleanza per il Progresso (SBB), creata dal nulla nel giro di pochi mesi, è un partito su misura come nemmeno la prima Forza Italia. Prova ne sono i risultati elettorali: se Radoncic da candidato presidente ha raccolto quasi un voto su tre, nelle varie assemblee federali e locali- stando al primo spoglio- l’SBB difficilmente replicherà un simile successo.
L’Alleanza per il Progresso, a Tuzla la rossa, è stata ribattezzata sprezzantemente “il partito dei Musulmani in bancarotta”, vista la composizione tutt’altro che cristallina delle liste. Alcune imprese un po’ avventate stanno mettendo lo stesso Radoncic in seria difficoltà, rendendo ancor più necessaria la riuscita della sua discesa in campo. La costruzione della del più grattacielo più alto di Sarajevo, per esempio, non ha riscosso la stessa fortuna di Milano 2. La teoria di vetri blu che si arrampica a spirale verso il cielo, fino a 150 metri dal suolo, non lascia certo indifferenti. Peccato che gli uffici della Twist Tower siano deserti, fatti salvi i tre piani occupati da Dnevni Avaz: ogni volta che il sole sorge, porta quindi con sé vagonate di nuovi perdite per il proprietario del carrozzone. Un’impasse non troppo diversa da quella della Finivest a inizio anni Novanta.

Tutto questo, ovviamente, non compare negli spot che esaltano “l’uomo vincente per un paese di successo”. Né si parla del milione di marchi (500.000 euro) che Radoncic, a dar credito a voci piuttosto insistenti, avrebbe versato per la costruzione della dimora del rais islamico, da cui stranamente ha ricevuto pieno appoggio.
Srdjan Dizdarevic – ex Presidente dell’ Helsinki Committee for Human Rights- considera Radoncic ancora più pericoloso dei nazionalisti dichiarati. “Al di là della sua discutibile rete di affari (non mancano nemmeno le accuse di collusione con la mafia, giusto per rinforzare il paragone berlusconiano), è evidente che Radoncic vuole prendersi la rivincita per i maltrattamenti che i serbi gli hanno inflitto al Sangiaccato”. E a guardar bene, i rimandi di stampo revanscista non sono mancati nella sua campagna. Emblematica la foto che lo ritrae a Banja Luka, capitale della Republika Srpska, mentre supervisiona i lavori di ricostruzione della moschea locale.
Predrag Zvijerac, caporedattore di Dnevni List, è pronto a scommettere che Radoncic stringerà adesso un’alleanza coi partiti vincitori, mirando a occupare almeno un ministero. L’immunità è perduta, non per questo la possibilità di farsi scudo delle istituzioni.

Nonostante il leader dell’SBB abbia insistito sulla necessità di superare le contrapposizione etniche che ancora paralizzano la Bosnia, secondo Srdjan Dizdarevic- ex Presidente dell’ Helsinki Committee for Human Rights- Radoncic sarebbe ancora più pericoloso dei nazionalisti dichiarati. “Al di là della sua discutibile rete di affari (non mancano nemmeno le accuse di collusione con la mafia, giusto per rinverdire il paragone), è evidente che Fahrudin vuole prendersi la rivincita per i maltrattamenti che i Serbi gli hanno inflitto nel Sangiaccato”. E a guardar bene, i rimandi di stampo revanscista non sono mancati nemmeno nella sua campagna.

Fahrudin Radoncic, candidato musulmano alle ultime Presidenziali bosniache, è forse la copia di Berlusconi che più si avvicina all’originale. Imprenditore di sicuro successo e dubbie origini, ha interessi radicati nel settore immobiliare e possiede il principale gruppo editoriale del paese. Ha promesso di rivoluzionarne la politica, creando dal nulla l’Alleanza per il Progresso (SBB): poco importa che il suo impero sia cresciuto con la benedizione del rais islamico, all’ombra del partito nazionalista più radicato al potere. Quello che conta è l’immagine, e Radoncic ha puntato tutto sul carisma dell’uomo capace di farsi da solo.
“Un uomo vincente per un paese di successo”, si ripeteva negli spot dell’SBB, mentre sullo schermo scorrevano le immagini della costruzione della Twist Tower. La teoria di vetri blu che si arrampica a spirale verso il cielo, fino a 150 metri dal suolo, non lascia certo indifferenti. Peccato che l’impresa abbia avuto meno fortuna di Milano 2: gli interni sono deserti, fatti salvi il bar panoramico e i tre piani occupati dal quotidiano dello stesso Radoncic. Il resto della città non ha beneficiato in nessuna misura della costruzione, a cominciare dai dintorni più prossimi: se si sposta lo sguardo di pochi metri, si notano quasi esclusivamente case diroccate, in cui abitano alcune famiglie rom nell’indigenza più completa.

Queste immagini, ovviamente, nelle pubblicità non compaiono. Così come si sorvola sul fatto che Radoncic sia sospettato di non aver restituito ingenti prestiti. Se consideriamo che i membri della Presidenza bosniaca godono dell’immunità giudiziaria, le ragioni più profonde della candidatura del Cavaliere del Sangiaccato appaiono forse comprensibili. “Il partito dei musulmani in bancarotta”, l’hanno soprannominato nella socialdemocratica Tuzla, alludendo alla composizione tutt’altro che cristallina delle liste dell’SBB.
Per Srdjan Dizdarevic- ex Presidente dell’ Helsinki Committee for Human Rights- Radoncic sarebbe ancora più pericoloso dei nazionalisti dichiarati. “Al di là della sua trama di affari ben più discutibile, è evidente che vuole prendersi la rivincita per i maltrattamenti che i Serbi gli hanno inflitto nel Sangiaccato”. A guardar bene, i rimandi di stampo revanscista non sono mancati nemmeno nella sua campagna. Che sia ben più che pio, lo testimoniano poi i rapporti col mondo religioso. Radoncic è il principale finanziatore della comunità musulmana e, secondo alcune voci, avrebbe versato un milione di marchi (500 mila euro) per la dimora del rais, di gran lunga la figura più influente nella politica bosgnacca.

I risultati elettorali testimoniano che l’SBB è un partito “di plastica” come nemmeno la prima Forza Italia. Alle presidenziali, Radoncic ha raccolto più del 30% dei consensi (in Bosnia ogni gruppo etnico elegge un proprio rappresentante), venendo battuto di pochi punti da Bakir Itzbegovic. Nelle varie assemblee, stando invece al primo spoglio, sarà molto se otterrà il 6% dei voti.
Predrag Zvijerac, caporedattore di Dnevni List, è pronto a scommettere che Radoncic stringerà adesso un’alleanza coi partiti vincitori- socialdemocratici inclusi- mirando a occupare almeno un ministero. L’immunità è perduta, non per questo la possibilità di radicarsi nelle istituzioni. E chissà, magari anche di approfittarne per architettare qualche lodo.