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  • Giovedì 7 ottobre 2010

Quelli che lo avrebbero meritato, il Nobel

Domani a Oslo si assegna il premio Nobel per la pace del 2010

Domattina a Oslo sarà assegnato il premio Nobel per la pace del 2010, sicuramente il più atteso tra i riconoscimenti espressi ogni anno dalla fondazione per il premio Nobel. Il premio per la pace viene assegnato da un comitato di cinque persone, appositamente nominate dal parlamento norvegese. Negli anni, alcune delle sue scelte sono state piuttosto controverse: i nomi che si fanno in queste circostanze sono sempre quelli di Henry Kissinger e Yasser Arafat, ma fece discutere anche la scelta di premiare Barack Obama, da poco insediatosi alla presidenza degli Stati Uniti. Poi ci sono le polemiche relative ai premi mai assegnati: alle persone che avrebbero meritato il riconoscimento ma per un motivo o per un altro non l’hanno mai ricevuto. Aspettando la decisione di domani, Foreign Policy ne ha fatto una lista.

Eleanor Roosevelt
Moglie di Franklin Delano Roosevelt, è stata la first lady degli Stati Uniti dal 1933 al 1945. Ma definirla soltanto così è sicuramente riduttivo. Eleanor Roosevelt è stata un’attivista per i diritti civili la cui influenza ha contribuito a cambiare gli Stati Uniti d’America, nonché una grande sostenitrice dell’importanza delle Nazioni Unite per diffondere la pace nel mondo. Durante la presidenza di suo marito, si è battuta perché più donne lavorassero negli uffici del governo e si è opposta all’istituzione di una legge che avrebbe di fatto impedito di votare agli afroamericani. Dopo la morte di suo marito, il presidente Truman la nominerà delegato all’Assemblea generale dell’ONU, dove sarà poi la prima presidente della Commissione per i diritti umani giocando un ruolo fondamentale nella stesura della Dichiarazione universale dei diritti umani. Negli anni è diventata una figura di grande ispirazione per le donne attive in politica, sia negli Stati Uniti che all’estero.

Nel 1947 il Comitato per il Nobel considerò l’ipotesi di premiare lei e Alexandra Kollontai, l’ambasciatore sovietica in Svezia, per cercare di ricomporre la frattura tra Stati Uniti e Russia, ma poi cambiò idea. Nel 1955 finì nuovamente tra i candidati, ma ancora non vinse. Nel 1962, dopo la sua morte, Truman disse che il Comitato avrebbe dovuto cambiare le sue regole. “Se non lo merita lei, allora non lo merita nessuno”.

Mohandas Gandhi
Guida spirituale e politica del movimento indiano per l’indipendenza e sostenitore della resistenza non violenta, ha preso la guida del Partito del congresso indiano nel 1921 e lo ha trasformato in un movimento di massa votato alla fine delle discriminazioni sociali ed economiche ai danni degli indiani. È stato anche sostenitore dell’abolizione del sistema delle classi proprio della religione indù, che relegava gli appartenenti dell’ultima casta, gli “intoccabili”, a una vita di emarginazioni e vessazioni. Le sue lotte condussero l’India all’indipendenza. Fu ucciso da un nazionalista nel 1948.

Gandhi è andato vicino per tre volte a vincere il premio Nobel per la pace e il suo è probabilmente il più grave tra i premi non assegnati: tanto che la Fondazione per il Nobel ha una pagina sul suo sito internet che si chiama “il Nobel mancato” e ne spiega le circostanze. Nel 1937 il Comitato aveva un’opinione critica sul fatto che Gandhi fosse allo stesso tempo un attivista per la pace e il leader di un movimento indipendentista, dividendosi tra “il ruolo di Messia e quello di politico ordinario”. Nel 1947, dopo l’indipendenza di India e Pakistan, la vittoria di Gandhi fu ostacolata dalle crescenti tensioni tra indiani e pakistani che ne scaturirono: il Comitato decise di non premiare una persona così fortemente identificata con una delle due parti in causa. Nel 1948, dopo il suo assassinio, Gandhi finì nuovamente tra i candidati. Lo statuto del premio imponeva però di premiare una persona vivente, e così quell’anno il Comitato decise di non assegnare il riconoscimento. “Non ci sono candidati viventi all’altezza del premio”. Era un’ammissione di colpa.

Vaclav Havel
È stato la voce culturale e politica del movimento che ha portato alla conclusione della dominazione sovietica sulla Cecoslovacchia, e subito dopo ha guidato il suo paese verso l’ingresso nell’Unione Europea e nella NATO. Un’azione che ha seriamente compromesso la tenuta del regime comunista nell’Europa dell’Est e galvanizzato i suoi oppositori in tutta la regione, tanto da essere arrestato e incarcerato nel 1979. I suoi sforzi culminarono con la cosiddetta rivoluzione di velluto del 1989, durante la quale il suo movimento rovesciò il regime comunista. Havel fu quindi eletto primo presidente della Cecoslovacchia e poi, dopo la scissione, primo presidente della Repubblica Ceca, incarico che ha ricoperto fino al 2003.

È stato candidato al Nobel nel 1989 e nel 1990 ma dopo il riconoscimento a Lech Walesa del 1983, altro dissidente diventato presidente, il Comitato ha preferito variare l’appartenenza politica e geografica dei premiati. Piccola consolazione: nel 1991 Havel si spese molto a sostegno della candidatura di Aung San Suu Kyi, che poi vincerà il Nobel.

Ken Saro-Wiwa
Scrittore, poeta e ambientalista nigeriano, ha guidato una campagna non violenta contro l’inquinamento dilagante nel delta del Niger, provocata dalle continue e selvagge estrazioni di petrolio. Ha fondato un movimento di protesta contro le collaborazioni tra il regime militare nigeriano e la compagnia petrolifera Shell, organizzando proteste pacifiche e chiedendo un intervento immediato per una ripulitura dell’intera area. Nel 1993, ha portato 300 mila cittadini in marcia per chiedere che lo stato distribuisse gli introiti della vendita del petrolio e desse alla sua comunità etnica, gli Ogoni, una qualche autonomia politica. Considerato il suo grande seguito e la dipendenza del governo nigeriano dai soldi della Shell, il governo lo arresterà, lo farà processare da un tribunale militare e lo ucciderà impiccandolo nel 1995.

Nello stesso anno Saro-Wiwa fu tra i candidati al premio Nobel, senza vincerlo. Ottenne però il prestigioso Premio Goldman per l’ambiente e il Right Livelihood Award, definito spesso “il Nobel alternativo”.

Sari Nusseibeh
La storia del conflitto tra Israele e Palestina è costellata di crudeltà ed eroismi, di personaggi terribili e di altri molto meritevoli. Pochi leader, scrive Foreign Policy, hanno cercato di avvicinare israeliani e palestinesi quanto Sari Nusseibeh. Presidente dell’università di Al-Quds dal 1995 e rappresentante a Gerusalemme dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina al 2001, Nusseibeh è uno dei più forti sostenitori di un compromesso tra israeliani e palestinesi, specie nel suo fronte. Nusseibeh ha infatti contribuito a rompere molti tabù nella comunità palestinese, parlando apertamente dell’impraticabilità del rientro di tutti i profughi, senza per questo ignorare la devastazione arrecata ai palestinesi dall’occupazione israeliana.

Il Comitato per il Nobel ha premiato nel 1994 Yasser Arafat, Shimon Peres e Yitzhak Rabin, per i loro sforzi in vista della pace. Quindici anni dopo il problema è tutt’altro che risolto, e questo negli anni ha reso complicata l’assegnazione di un nuovo riconoscimento a israeliani o palestinesi. Magari l’attivismo di Nusseibeh convincerà un giorno i norvegesi a tornare sui loro passi.

Corazon Aquino
Moglie di Benigno Aquino, il principale oppositore del dittatore filippino Ferdinand Marcos, assassinato nel 1983 al suo ritorno dall’esilio. Dopo l’assassinio, ereditò la missione di suo marito nella battaglia contro Marcos e quando questo indisse delle elezioni si candidò a guida dell’opposizione. Il voto fu caratterizzato da brogli e grandi irregolarità: Marcos fu proclamato vincitore ma le strade si riempirono di manifestanti e sostenitori di Corazon Aquino, in una protesta non violenta che portò Aquino a diventare la prima presidente donna delle Filippine. Durante il suo governo, Aquino ha guidato il suo paese alla democrazia. Si è ritirata a vita privata nel 1992, è morta lo scorso agosto.

Nel 1986 fu candidata al premio, vinto poi da Elie Wiesel. Quello stesso anno Time la nominò persona dell’anno: “In una nazione dominata per decenni da uno stile politico maschilista e violento, ha trionfato con tranquillità e grazia”.

Liu Xiaobo
È un attivista e intellettuale cinese. Laureato in letteratura, è da molti anni impegnato per la difesa dei diritti civili in Cina. Nel 1989 Liu partecipò anche alle manifestazioni in piazza Tiananmen. Nel 1991 fu accusato di voler sovvertire il regime e nel 1996 fu condannato a tre anni di lavoro in un campo di rieducazione per «disturbo della quiete pubblica» per aver criticato il partito comunista cinese. In occasione del sessantesimo anniversario dell’adozione della Dichiarazione universale dei diritti umani, nel dicembre del 2008 Liu ha sottoscritto il manifesto Charta 08, successivamente pubblicato online da oltre 300 intellettuali e attivisti cinesi. Liu venne arrestato due giorni prima della pubblicazione del manifesto e dopo mesi di prigionia, nel giugno del 2009 gli inquirenti hanno confermato l’arresto per atti sovversivi contro il governo. Nel dicembre dello stesso anno, Liu è stato condannato a undici anni di prigionia, una sentenza molto criticata all’estero e contro la quale si sono mossi gli Stati Uniti e altri paese, senza ottenere però alcuna apertura da Pechino.

La candidatura di Liu Xiaobo al premio Nobel per la pace è stata proposta nel gennaio di quest’anno, per la prima volta. L’iniziativa è sostenuta, tra gli altri, da Desmond Tutu e il Dalai Lama. Ll ministro degli esteri cinese sostiene che consegnare il premio all’attivista sarebbe un grave errore. I componenti del comitato del Nobel hanno assicurato che le dichiarazioni del ministro non condizioneranno la loro scelta finale. E anzi, secondo molti potrebbero approfittare del fatto che sia appena passato un anno dal sessantesimo anniversario della Repubblica popolare cinese e dal ventesimo delle proteste di piazza Tiananmen.